RECENSIONI
Cravan Vaché Rigaut
Tre suicidi Dada?
Le nubi, Pag. 93 Euro 12,00
Arthur Cravan, Jacques Vaché e Jacques Rigaut furono per la prima volta accostati fra loro da André Breton, nella sua Anthologie de l'humour noir. Come osserva Marzia Mascelli nell'introduzione:
Il tema dell'umorismo era stato sempre al centro dell'interesse e delle riflessioni delle avanguardie. Dada, e poi molti esponenti del movimento surrealista, ponevano l'uso dello humour in una posizione chiaramente centrale, per via delle potenzialità espressive e deflagranti che un tale atteggiamento poteva assumere all'interno della conformità borghese: si trattava di un magnifico e raffinato grimaldello pronto a scardinare quanto di obsoleto e mortificante vi fosse nella cultura istituzionale.
Cravan, Vaché e Rigaut sono tre personalità accomunate dall'anticonformismo, dal nichilismo, dal gusto dello sberleffo e dell'assurdo. Tre vite interrotte da una scomparsa precoce e sottratta, anch'essa, ad ogni regola. Cravan sparì letteralmente nel 1918, a trentun'anni, dopo essersi imbarcato su un veliero nel Golfo del Messico. Vaché, sopravvissuto alla trincea della Grande Guerra, morì fumando oppio nel 1919, all'età di ventitré anni. Nel 1929 Rigaut, trentenne, si sparò un colpo al cuore. Tre esistenze all'insegna della sregolatezza e della rivolta autolesionista, che si manifestano nei loro scritti con caratteristiche diverse. Ancora dall'introduzione:
Il nichilismo e l'indifferenza strafottente e chirurgica di Vaché si affianca alla dirompenza carnale, alla fuga perenne e alla cialtroneria apparentemente godereccia di Cravan; e ancora, li segue la distaccata denuncia della vanità del tutto espressa da Rigaut e la sua aristocratica abdicazione di fronte al tutto.
Per una documentazione più completa sulle opere si può integrare la lettura consultando, della stessa Casa Editrice, A. Cravan, Poeta e pugile (pag. XXII, 96 12,00) e J. Rigaut, Agenzia generale del suicidio (pag. XVI, 90 12,00).
Del movimento Dada, che accomunò artisti di diverse tendenze in un intento di trasgressione e di rottura rispetto a tutti i canoni precedenti, arrivando ad una paradossale negazione dell'arte, i tre scrittori esprimono le tendenze fondamentali.
Prima di tutto la dissacrazione, e a questo proposito basti leggere i pezzi di Cravan su Gide e su Oscar Wilde (con il quale, a sedici anni, aveva scoperto di avere un legame di parentela):
Il signor Gide non ha l'aria di un figlio dell'amore, né di un elefante, né di molti altri uomini: ha l'aria di un artista; e gli farò solo questo complimento, del resto sgradevole, poiché la sua piccola pluralità deriva dal fatto che potrebbe esser scambiato molto facilmente per un istrione. (A.Cravan, André Gide)
L'adoravo perché somigliava a un grosso animale; me lo raffiguravo defecare come un ippopotamo; e il quadro mi incantava per il suo candore e la sua precisione... (A.Cravan, Oscar Wilde)
Il disprezzo del conformismo:
Per quieto vivere, mi sforzo di fare come gli altri, poi mi congratulo di non esserci riuscito. (J. Rigaut, Riflessioni)
L'attenzione agli oggetti quotidiani, reinterpretati in chiave ironica e surreale:
...conoscete l'orribile vita della sveglia - è un mostro che mi ha sempre spaventato per il numero di cose che i suoi occhi proiettano, e per il modo in cui questo aggeggio onesto mi fissa quando entro in una stanza... (J.Vaché, Vita e lettere di guerra del soldato armato dell'Umour)
Il primato del caso sulla razionalità:
Testa o croce. Non calcolo, ma gioco. E' più saggio. Si sono appena scoperte le ragioni che un essere ha per agire, che subito ci si imbatte in altrettante buone ragioni che spingono a fare il contrario. (J.Rigaut, Riflessioni)
Il nichilismo e l'incessante gioco con la morte:
Sino a quando non avrò superato il gusto del piacere, sarò sensibile alla vertigine del suicidio, lo so bene. (J.Rigaut, Sarò serio...).
Oltre a ciò che accomuna i tre autori, si ha qui la possibilità di gustare gli aspetti originali di ciascuno, come l'invenzione del "prosopoema" da parte di Cravan, o gli schizzi umoristici tracciati da Vaché sulle sue lettere dal fronte. E di Rigaut l'inimitabile arte del paradosso.
Ancora una volta il team delle "nubi" ha creato un'opera preziosa, colta, corredata da un illuminante commento critico. Un lavoro di ricerca e di recupero che sonda zone non abbastanza esplorate di quella miniera di creatività che fu il primo novecento.
di Giovanna Repetto
Il tema dell'umorismo era stato sempre al centro dell'interesse e delle riflessioni delle avanguardie. Dada, e poi molti esponenti del movimento surrealista, ponevano l'uso dello humour in una posizione chiaramente centrale, per via delle potenzialità espressive e deflagranti che un tale atteggiamento poteva assumere all'interno della conformità borghese: si trattava di un magnifico e raffinato grimaldello pronto a scardinare quanto di obsoleto e mortificante vi fosse nella cultura istituzionale.
Cravan, Vaché e Rigaut sono tre personalità accomunate dall'anticonformismo, dal nichilismo, dal gusto dello sberleffo e dell'assurdo. Tre vite interrotte da una scomparsa precoce e sottratta, anch'essa, ad ogni regola. Cravan sparì letteralmente nel 1918, a trentun'anni, dopo essersi imbarcato su un veliero nel Golfo del Messico. Vaché, sopravvissuto alla trincea della Grande Guerra, morì fumando oppio nel 1919, all'età di ventitré anni. Nel 1929 Rigaut, trentenne, si sparò un colpo al cuore. Tre esistenze all'insegna della sregolatezza e della rivolta autolesionista, che si manifestano nei loro scritti con caratteristiche diverse. Ancora dall'introduzione:
Il nichilismo e l'indifferenza strafottente e chirurgica di Vaché si affianca alla dirompenza carnale, alla fuga perenne e alla cialtroneria apparentemente godereccia di Cravan; e ancora, li segue la distaccata denuncia della vanità del tutto espressa da Rigaut e la sua aristocratica abdicazione di fronte al tutto.
Per una documentazione più completa sulle opere si può integrare la lettura consultando, della stessa Casa Editrice, A. Cravan, Poeta e pugile (pag. XXII, 96 12,00) e J. Rigaut, Agenzia generale del suicidio (pag. XVI, 90 12,00).
Del movimento Dada, che accomunò artisti di diverse tendenze in un intento di trasgressione e di rottura rispetto a tutti i canoni precedenti, arrivando ad una paradossale negazione dell'arte, i tre scrittori esprimono le tendenze fondamentali.
Prima di tutto la dissacrazione, e a questo proposito basti leggere i pezzi di Cravan su Gide e su Oscar Wilde (con il quale, a sedici anni, aveva scoperto di avere un legame di parentela):
Il signor Gide non ha l'aria di un figlio dell'amore, né di un elefante, né di molti altri uomini: ha l'aria di un artista; e gli farò solo questo complimento, del resto sgradevole, poiché la sua piccola pluralità deriva dal fatto che potrebbe esser scambiato molto facilmente per un istrione. (A.Cravan, André Gide)
L'adoravo perché somigliava a un grosso animale; me lo raffiguravo defecare come un ippopotamo; e il quadro mi incantava per il suo candore e la sua precisione... (A.Cravan, Oscar Wilde)
Il disprezzo del conformismo:
Per quieto vivere, mi sforzo di fare come gli altri, poi mi congratulo di non esserci riuscito. (J. Rigaut, Riflessioni)
L'attenzione agli oggetti quotidiani, reinterpretati in chiave ironica e surreale:
...conoscete l'orribile vita della sveglia - è un mostro che mi ha sempre spaventato per il numero di cose che i suoi occhi proiettano, e per il modo in cui questo aggeggio onesto mi fissa quando entro in una stanza... (J.Vaché, Vita e lettere di guerra del soldato armato dell'Umour)
Il primato del caso sulla razionalità:
Testa o croce. Non calcolo, ma gioco. E' più saggio. Si sono appena scoperte le ragioni che un essere ha per agire, che subito ci si imbatte in altrettante buone ragioni che spingono a fare il contrario. (J.Rigaut, Riflessioni)
Il nichilismo e l'incessante gioco con la morte:
Sino a quando non avrò superato il gusto del piacere, sarò sensibile alla vertigine del suicidio, lo so bene. (J.Rigaut, Sarò serio...).
Oltre a ciò che accomuna i tre autori, si ha qui la possibilità di gustare gli aspetti originali di ciascuno, come l'invenzione del "prosopoema" da parte di Cravan, o gli schizzi umoristici tracciati da Vaché sulle sue lettere dal fronte. E di Rigaut l'inimitabile arte del paradosso.
Ancora una volta il team delle "nubi" ha creato un'opera preziosa, colta, corredata da un illuminante commento critico. Un lavoro di ricerca e di recupero che sonda zone non abbastanza esplorate di quella miniera di creatività che fu il primo novecento.
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