CLASSICI
Alfredo Ronci
Un mondo che si autodistrugge: Senso, di Camillo Boito.
Scriveva Camillo Boito a suo fratello Arrigo nel 1861: Se tu mi chiedessi che cosa è questo pesantissimo masso ch’io mi sento legato ai piedi, ond’io batto le ali e mi dimeno senza poter volare, non ti saprei chiaramente rispondere: forse nella mente mi difetta la fantasia, forse nel cuore mi manca la volontà prepotente, ardita, disprezzatrice e vincitrice di ogni ostacolo, dalla quale possono uscire le grandi opere grandi e durature… Tu, io carissimo Enrico (questo il vero nome di Arrigo) hai più compiuto ingegno e volontà quindi più tenace e robusta. E di ciò godo profondamente, e ciò varrà a rallegrarmi sempre più senza dubbio.
La lettera è un bell’esempio di come Camillo Boito si sentisse, nei confronti del fratello Arrigo, da un punto di vista della condizione psicologica e da un punto di vista di letterato. Sì perché, al di là delle classificazioni narrative e di convenienza, se Arrigo lo possiamo ben inserire nell’ambito di una tradizione Scapigliata, ben più difficile ci piace farlo per Camillo. Lui stesso, e lo dicono i titoli delle sue opere (Storielle vane -1876; Senso. Nuove storielle vane - 1883) non sembrò prendersi troppo sul serio. La letteratura fu per lui un’attività secondaria a cui lui si dedicò tra i mille impegni che lo affaticavano ogni giorno. E il fatto di appartenere all’una o all’altra classificazione letteraria era di per sé una faccenda tutt’altro che fondamentale.
Ma nei confronti del fratello aveva delle rimostranze che neppure i successi relativi lo portarono a smussarle. Ma non era invidia la sua, tutt’altro. E l’ambientazione di Senso, la guerra tra Austria e Italia, ne è la conferma: Arrigo poteva suggerirgli qualsiasi situazione o ambientazione dal momento che aveva combattuto nei ranghi di garibaldino.
Dunque Senso. Per molti critici un punto di non ritorno nell’arte di Camillo Boito. Avrebbe potuto costituire un vero e proprio lancio per un’attività letteraria di primo piano, ma come in tutte le cose dello scrittore, costituì una vera e propria pausa che lo portò ad essere assente per più di otto anni.
Senso può giustamente definirsi come un sistema di rapporti tra le classi: Livia è una borghesuccia con grandi aspirazioni, lucida e bellissima, che sposa a vent’anni un vecchio reduce sessantenne, legato indissolubilmente alle sue cose e ai suoi affanni: Mio marito fumava, russava, diceva male del Piemonte, comperava cosmetici: io avevo bisogno di amare.
Remigio, il suo amante, anch’esso borghese e squattrinato, sfrutta l’amore di Livia per procacciarsi soldi e divertimenti e riesce persino a non partire per la guerra (e quanti più italiani e Austriaci se ne andranno all’inferno tanto più ci avrò gusto) anche se poi però quella scelta determinerà la sua fine tragica ed inutile.
Dove sta il Senso di questa storia? Sta nel culmine della ricerca sociologica e storica che Boito veniva compiendo per via letteraria. Una ricerca che non concede fratture: Senso rappresenta un mondo che si autodistrugge, dove la verità sembra essere fuggita e quello che rimane è semplicemente un amore che diventa all’improvviso odio ed una assoluzione che non ha nulla per essere compresa. Quando Livia scoprirà che Remigio non vuole il suo amore ma solo i suoi soldi lo denuncerà e lo farà fucilare senza opporre resistenze. L’ufficiale boemo che sentenziò la fucilazione di Remigio, di fronte alla donna… Cavò dalla bocca enorme il cannello della sua pipa e, avvicinando al mio viso il suo mustacchio, mi sputò sulla guancia.
Non c’è nulla in questa storia che possa essere salvato: come accadeva in Balzac, il giudizio morale scaturisce direttamente dagli avvenimenti, senza però che Boito abbia il benché minimo intervento diretto. Anche se letterariamente poi, l'intervento c’è, e il finale tragico e quasi imprevedibile, ne è la testimonianza più concreta.
Senso, per la nostra cultura, ha anche un altro significato. Nel 1954 Luchino Visconti diresse il film con Alida Valli nella parte di Livia e Farley Granger nella parte di Remigio. Una grande pellicola con una cura eccezionale nella ricostruzione degli elementi storici. Tanto che alcuni lo definirono il film più stendhaliano di Visconti. Boito ne sarebbe stato entusiasta.
L’edizione da noi considerata è:
Camillo Boito
Senso
BUR - Superclassici
La lettera è un bell’esempio di come Camillo Boito si sentisse, nei confronti del fratello Arrigo, da un punto di vista della condizione psicologica e da un punto di vista di letterato. Sì perché, al di là delle classificazioni narrative e di convenienza, se Arrigo lo possiamo ben inserire nell’ambito di una tradizione Scapigliata, ben più difficile ci piace farlo per Camillo. Lui stesso, e lo dicono i titoli delle sue opere (Storielle vane -1876; Senso. Nuove storielle vane - 1883) non sembrò prendersi troppo sul serio. La letteratura fu per lui un’attività secondaria a cui lui si dedicò tra i mille impegni che lo affaticavano ogni giorno. E il fatto di appartenere all’una o all’altra classificazione letteraria era di per sé una faccenda tutt’altro che fondamentale.
Ma nei confronti del fratello aveva delle rimostranze che neppure i successi relativi lo portarono a smussarle. Ma non era invidia la sua, tutt’altro. E l’ambientazione di Senso, la guerra tra Austria e Italia, ne è la conferma: Arrigo poteva suggerirgli qualsiasi situazione o ambientazione dal momento che aveva combattuto nei ranghi di garibaldino.
Dunque Senso. Per molti critici un punto di non ritorno nell’arte di Camillo Boito. Avrebbe potuto costituire un vero e proprio lancio per un’attività letteraria di primo piano, ma come in tutte le cose dello scrittore, costituì una vera e propria pausa che lo portò ad essere assente per più di otto anni.
Senso può giustamente definirsi come un sistema di rapporti tra le classi: Livia è una borghesuccia con grandi aspirazioni, lucida e bellissima, che sposa a vent’anni un vecchio reduce sessantenne, legato indissolubilmente alle sue cose e ai suoi affanni: Mio marito fumava, russava, diceva male del Piemonte, comperava cosmetici: io avevo bisogno di amare.
Remigio, il suo amante, anch’esso borghese e squattrinato, sfrutta l’amore di Livia per procacciarsi soldi e divertimenti e riesce persino a non partire per la guerra (e quanti più italiani e Austriaci se ne andranno all’inferno tanto più ci avrò gusto) anche se poi però quella scelta determinerà la sua fine tragica ed inutile.
Dove sta il Senso di questa storia? Sta nel culmine della ricerca sociologica e storica che Boito veniva compiendo per via letteraria. Una ricerca che non concede fratture: Senso rappresenta un mondo che si autodistrugge, dove la verità sembra essere fuggita e quello che rimane è semplicemente un amore che diventa all’improvviso odio ed una assoluzione che non ha nulla per essere compresa. Quando Livia scoprirà che Remigio non vuole il suo amore ma solo i suoi soldi lo denuncerà e lo farà fucilare senza opporre resistenze. L’ufficiale boemo che sentenziò la fucilazione di Remigio, di fronte alla donna… Cavò dalla bocca enorme il cannello della sua pipa e, avvicinando al mio viso il suo mustacchio, mi sputò sulla guancia.
Non c’è nulla in questa storia che possa essere salvato: come accadeva in Balzac, il giudizio morale scaturisce direttamente dagli avvenimenti, senza però che Boito abbia il benché minimo intervento diretto. Anche se letterariamente poi, l'intervento c’è, e il finale tragico e quasi imprevedibile, ne è la testimonianza più concreta.
Senso, per la nostra cultura, ha anche un altro significato. Nel 1954 Luchino Visconti diresse il film con Alida Valli nella parte di Livia e Farley Granger nella parte di Remigio. Una grande pellicola con una cura eccezionale nella ricostruzione degli elementi storici. Tanto che alcuni lo definirono il film più stendhaliano di Visconti. Boito ne sarebbe stato entusiasta.
L’edizione da noi considerata è:
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