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CLASSICI

Alfredo Ronci

L’uomo della ‘ministerialità’ (con un appunto): “Un capitano a riposo” di Augusto Frassineti.

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Seguo con particolare attenzione, e districandomi, almeno spero, tra quanto i critici del passato (passato relativo) hanno detto, o fantasticato, sui nomi che hanno fatto grande la nostra letteratura, ma confesso che non riesco a uscir fuori da quella tentazione di reductio ad unum a cui spesso i più ascoltati si lasciano andare.
Cos’è in pratica questa reductio ad unum? E’ una specie di prassi che porta il critico ad inserire uno scrittore, o addirittura un intero movimento letterario, in una sorta di scuola senza però soffermarsi su differenze che lo stesso scrittore, o lo stesso movimento, hanno messo in carica.
Esempio: Augusto Frassineti. Lo scrittore, secondo noi, ne ha sopportato delle belle. Lui è rimasto nella storia della nostra letteratura come l’inventore della ministerialità, della somarologia, della congressualità, non solo, anche nelle copertine dei suoi libri, spesso, si è fatto ritrarre in luoghi che non facevano pensare diversamente: tanto per essere più precisi, nella copertina del libro che andiamo a esaminare, cioè Un capitano a riposo, Frassineti è fotografato a Roma sotto il portone del Ministero della Giustizia.
Ma anche i contenuti dei suoi libri sono ridotti ad un’unica rappresentazione: sempre Un capitano a riposo, per esempio, si risolve in un’opera dove… Frassineti si compiace di riassumere l’antica veste di professore impalpabile di patologia ministeriale. Tanto che lo stesso libro, contrassegnato da cinque racconti, per uno che non sa le cose, o è perfettamente travisato, può passare per un intero romanzo.
E’ vero che Frassineti, lo scrivemmo noi stessi nel parlare di quello che ai più sembra il suo capolavoro, Mistero dei Ministeri, mostra una serie di esempi pratici (addirittura frammentari, come fossero 'campioni' di una prototicità tutta da studiare, come i classici) e che lo stesso Calvino, ironicamente, indicava come genere letterario negletto agli studiosi: il ricorso, l'esposto, il pro-memoria all'autorità competente (... la Ministerialità non conosce limiti alla propria espansione possibile. Dal suo profondo esprime parole e fioriscono universi dal nulla)… ma nello stesso tempo non si può ridurre uno scrittore, anche se le sue intenzioni, principalmente, erano quelle, ad una sorta di opera d’arte dei misfatti ministerali.
Se Un capitano a riposo inizia con un racconto (il più lungo, il più centrato, ma non per questo l’unico nella rappresentazione della realtà, e dello stesso testo letterario) che ci parla di un uomo che, con parole e atti si accinge ad ottenere dal Nume competente (chiamiamolo così, ma è anche la dicitura perfetta indicata nella prima edizione del libro) tutto quello che la vita (soprattutto la guerra) gli ha messo davanti tanto da arrivare a leggere ad alta voce, alla famiglia intera, e in perfetto raccoglimento, la prefazione all’opuscolo Per l’efficienza d’Italia del Comandante Baistrocchi (si è preso il peggio che l’uomo ha saputo e voluto ottenere) o addirittura a rivendicare le imprese degli italiano in terra africana (E ciò mentre l’invalido si struggeva spontaneamente giorno e notte al pensiero delle Armate Italiane mortalmente impegnate in una crociata di civiltà contro le orde barbariche di Ailè Selassié!), il resto del libro, tranne qualche ripetuta considerazione ad hoc, parla anche di altro, come per esempio, la vicenda di Cesarino Calò, a cui capita di trovar moglie anche se l’intenzione del pover’uomo è lungi da essere quella… E allorquando, dopo infinite e sterili congetture tra la madre e la figlia e le amiche, fu ventilata, in grazia di una clamorosa diceria piovuta dal cielo, l’ipotesi Calò, Amalia, considerando la cosa esclusivamente sotto il profilo dei rapporti di forza, trovò che, per quanto a sua conoscenza, un genero della classe del signor Cesarino le si attagliava alla perfezione.
Lo abbiamo detto, e per correttezza lo ripetiamo, ci sono anche delle ripetizioni che si muovono perfettamente nella indicazioni dettate dai critici, come ad esempio il racconto Leggina Leggina Legge Regina in cui ci sono le tribolazioni di un segretario del Segretario, o quando in un altro racconto, precisamente Lo spirito delle Leggi si legge che… Preposto che non sia troppo tardi, occorre capire bene nella testa una volta per tutte che esiste e sempre più vigoreggia nel mondo un modo ministeriale di essere, di intendere e di volere; una forma ministeriale della realtà.
Frassineti, in seguito, partorì altre cose, e anche ben delineate, pensiamo a L’unghia dell’asino, del 1959 (anche se questa è precedente a Un capitano) e Tre bestemmie uguali e distinte, del 1969, ma continua rimanere come il dicitore di una ministerialità che ha inglobato la stessa realtà. E ha partorito personaggi che nella loro cronaca familiare hanno delineato una storia di sé invereconda e remota.



L’edizione da noi considerata è:

Augusto Frassineti
Un capitano a riposo
Feltrinelli



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