DE FALSU CREDITU
Pulsatilla
La ballata delle prugne secche
Castelvecchi, Pag.187 Euro 10,00
L'ultimo colpo di coda di un grande artista ahimé sul viale del tramonto. Diciamocelo francamente: La ballata delle prugne secche è stata una bella idea vincente che ha spiazzato anche molti addetti ai lavori. Ma non poteva non essere così: Paolo Villaggio non è nuovo a queste performance. Gli dobbiamo tutto, dalla intuizione di una televisione aggressiva per bocca del temutissimo Professor Franz tedesco di Cermania (anticipa di anni l'avvento di papa Ratzinger), alla rinascita della cinematografia comica in Italia grazie al personaggio Fantozzi, al tentativo di far le scarpe ad una letteratura stanca e fin troppa accademica con le avventure sempre del ragioniere più sfigato d'Italia.
Il libro in questione (che personalmente, proprio perché di "natura" femminile, avrei intestato alla figlia "finta" Mariangela Fantozzi) ricalca pedissequamente gli schemi che hanno fatto dei vecchi, ma sempre amatissimi, libri Rizzoli un vademecum prezioso per qualsiasi comico nascente.
Sì l'idea funziona alla fine: stentiamo a credere che un uomo così ingombrante come adesso è il Paolo possa calarsi nei panni di una ninfetta con annesse prurigini adolescenziali, ma il costrutto tutto sommato è vincente. I segni (la semiotica echiana impazzirebbe al riguardo) però sono evidenti, anche se non si comprende se siano delle volontarie impronte o dei lapsus freudiani. Si legga per esempio a pag.77: Il pane sottile (ù penə suttilə). Dicesi pane sottile una pagnotta di pane bianco che pesa circa 9 kg (il nome penso sia ironico). Ciascun pezzo è chiamato uceddéte, che suona vagamente come "ucciditi". E' chiaro che se potessimo "ascoltare" la stessa frase, suonerebbe pressappoco così: una pagnotta di pane bianco che pesa circa noooooooooove kiiiiiiili.
Un altro passo è in realtà una vera e propria firma del libro: Nel mio caso questa presa di coscienza coincise con la moda delle culottes morbide, allorché buttai via le mutande da Mariangela Fantozzi e mi riempii i cassetti di sciorini svolazzanti, non meno ridicoli, e soprattutto ancora più scomodi.Pag.105.
Ça va sans dire, come direbbero gli indiani di Bombay. Firma che ritorna in un passo successivo dove si mette l'accento sull'aspetto della ninfetta che iconograficamente ricorda la pastrucciata prole del ragioniere imbranato: Gli apparecchi dentali me li sono fatti tutti, fisso mobile e infine a baffo (quello a baffo aveva una morsa da cavallo che si agganciava in bocca e arrivava dietro la nuca. Successivamente fu integrato con una cuffietta da calzare in testa, che mi dava quel tocco da figlia di Frankenstein.Pag. 125.
Si diceva: il gioco regge, anche nella parte "foggiana" (Villaggio si è astutamente inventato natali foggiani per "allontanare" i nordici suoi) dove l'elenco delle espressioni del dialetto pugliese sono chiari suggerimenti dell'amico e collega Lino Banfi.
Insomma, la trappola ha funzionato, e stando alle classifiche e all'interesse dei giornali, pure rende. Qualcuno obietterà: ma chi è quella smilza ragazzina che corre da un salotto televisivo all'altro e che si fa chiamare incautamente Pulsatilla?
Anche lì si gioca: sembra davvero la ripulitura mediologia dell'Uga fantozziana ormai cresciuta e resa popolare dall'astuzia imprenditoriale del nonno-attore/scrittore nella realtà.
D'altronde ne La ballata tutto è finzione e parodia. Non potrebbe altrimenti spiegarsi la presenza, quasi costante, nelle presentazioni pubbliche, di tal critico letterario Filippo La Porta che in realtà è un personaggio del libro. Si legga a pag.80: Il fornitore di mozzarelle non me lo dimenticherò mai: il signor La Porta. Quando telefonava il signor La Porta e rispondevamo noi, si ripeteva sempre la stessa scena:"Mamma, La Porta!", gridava la mia amica poggiando la cornetta del telefono. E la mamma andava ad aprire la porta.
Veramente un tocco di genio. Ma a questo punto mi chiedo cosa: se Pulsatilla, Paolo Villaggio, il libro in questione o l'ectoplasma La Porta.
Ai posteri l'ardua sentenza.
Il libro in questione (che personalmente, proprio perché di "natura" femminile, avrei intestato alla figlia "finta" Mariangela Fantozzi) ricalca pedissequamente gli schemi che hanno fatto dei vecchi, ma sempre amatissimi, libri Rizzoli un vademecum prezioso per qualsiasi comico nascente.
Sì l'idea funziona alla fine: stentiamo a credere che un uomo così ingombrante come adesso è il Paolo possa calarsi nei panni di una ninfetta con annesse prurigini adolescenziali, ma il costrutto tutto sommato è vincente. I segni (la semiotica echiana impazzirebbe al riguardo) però sono evidenti, anche se non si comprende se siano delle volontarie impronte o dei lapsus freudiani. Si legga per esempio a pag.77: Il pane sottile (ù penə suttilə). Dicesi pane sottile una pagnotta di pane bianco che pesa circa 9 kg (il nome penso sia ironico). Ciascun pezzo è chiamato uceddéte, che suona vagamente come "ucciditi". E' chiaro che se potessimo "ascoltare" la stessa frase, suonerebbe pressappoco così: una pagnotta di pane bianco che pesa circa noooooooooove kiiiiiiili.
Un altro passo è in realtà una vera e propria firma del libro: Nel mio caso questa presa di coscienza coincise con la moda delle culottes morbide, allorché buttai via le mutande da Mariangela Fantozzi e mi riempii i cassetti di sciorini svolazzanti, non meno ridicoli, e soprattutto ancora più scomodi.Pag.105.
Ça va sans dire, come direbbero gli indiani di Bombay. Firma che ritorna in un passo successivo dove si mette l'accento sull'aspetto della ninfetta che iconograficamente ricorda la pastrucciata prole del ragioniere imbranato: Gli apparecchi dentali me li sono fatti tutti, fisso mobile e infine a baffo (quello a baffo aveva una morsa da cavallo che si agganciava in bocca e arrivava dietro la nuca. Successivamente fu integrato con una cuffietta da calzare in testa, che mi dava quel tocco da figlia di Frankenstein.Pag. 125.
Si diceva: il gioco regge, anche nella parte "foggiana" (Villaggio si è astutamente inventato natali foggiani per "allontanare" i nordici suoi) dove l'elenco delle espressioni del dialetto pugliese sono chiari suggerimenti dell'amico e collega Lino Banfi.
Insomma, la trappola ha funzionato, e stando alle classifiche e all'interesse dei giornali, pure rende. Qualcuno obietterà: ma chi è quella smilza ragazzina che corre da un salotto televisivo all'altro e che si fa chiamare incautamente Pulsatilla?
Anche lì si gioca: sembra davvero la ripulitura mediologia dell'Uga fantozziana ormai cresciuta e resa popolare dall'astuzia imprenditoriale del nonno-attore/scrittore nella realtà.
D'altronde ne La ballata tutto è finzione e parodia. Non potrebbe altrimenti spiegarsi la presenza, quasi costante, nelle presentazioni pubbliche, di tal critico letterario Filippo La Porta che in realtà è un personaggio del libro. Si legga a pag.80: Il fornitore di mozzarelle non me lo dimenticherò mai: il signor La Porta. Quando telefonava il signor La Porta e rispondevamo noi, si ripeteva sempre la stessa scena:"Mamma, La Porta!", gridava la mia amica poggiando la cornetta del telefono. E la mamma andava ad aprire la porta.
Veramente un tocco di genio. Ma a questo punto mi chiedo cosa: se Pulsatilla, Paolo Villaggio, il libro in questione o l'ectoplasma La Porta.
Ai posteri l'ardua sentenza.
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