CLASSICI
Alfredo Ronci
Un libro da portare a scuola: “L’elefante verde” di Giorgio e Nicola Pressburger.

Ogni tanto bisogna dire le cose come stanno (al di là delle commemorazioni): che il libro che andiamo trattando sarebbe consigliabile la lettura nelle scuole. Tutte. Dalle medie alle superiori e se fosse possibile, anche adottarlo come testo di italiano e letteratura.
Perché dico questo? Perché la franchezza, il dolore, ma anche la gioia con cui è stato scritto (e di tutto questo ne sono sicuro) meriterebbero un’esposizione pubblica al di là, poi, come ho già affermato, delle manifestazioni e commemorazioni che il presente ci offre.
Ma non si può parlare di questo libro senza prima aver dato qualche indicazione sui due autori, perché il libro li contiene entrambi.
Nicola e Giorgio Pressburgher sono nati a Budapest in Ungheria il 21 aprile 1937. Scampati alla guerra e alle deportazioni e fuggiti dalla città nell’autunno del ’56 (nel momento in cui subentra l’aggressione sovietica e nel romanzo ce n’è traccia, altroché), approdano in Italia, profughi, ma si dedicano agli studi per il loro personale tentativo di ricostruire il proprio passato.
Non è un caso poi che la città dove si stabiliscono e producono le loro opere sia Trieste: capolinea del loro cosmopolitismo/nomadismo e residenza di scrittori come Umberto Saba (e la sua antiquaria biblioteca), come Italo Svevo (e i suoi tanto amati giardini) e persino James Joyce.
Nicola, che morirà a Milano nel 1985, insieme a suo fratello scriverà Storie dell’ottavo Distretto, l’opera forse più completa e congeniale della loro storia, mentre Giorgio proseguirà i suoi studi occupandosi oltre che di cinema e teatro anche di televisione. Morirà a Trieste nel 2017.
L’elefante verde è un piccolo romanzo che ricostruisce la vita di tre generazioni: quella di Jom Tow, ebreo commerciante dell’Ottavo Distretto di Budapest, di Isacco che tenterà di portare avanti l’eredità di Jom e di Samuele e Beniamino, figli gemelli di Isacco, che tenteranno finalmente la fortuna.
Ma il percorso è assai difficile: Che lavoro vuoi che gli ebrei facciano? – ripeteva. – Sono tutti commercianti e artigiani con pochi muscoli, acciaccati, sempre malati.
In realtà c’è una cosa che lega le tre generazioni: il sogno che una notte Jom Tow fece e che in qualche modo disegna una sorta di spartiacque generazionale, quello di un elefante verde (sì proprio verde) che in qualche modo rappresentava per Jom Tow il momento di passaggio tra una condizione di miseria a quella di una vera e propria rivincita sociale.
Nel romanzo vengono scandite, momento per momento, le varie condizioni esistenziali dei vari protagonisti. Così vediamo Jom Tow sottostare ad un periodo poco felice, ma non disastroso, del popolo ebraico. Poi subentra Isacco che, invece, dovrà subire l’angoscia delle persecuzioni razziali (raccontate in modo che siano però meno “dure” di quelle sopportate dal popolo polacco): Isacco riebbe i suoi figli dimagriti fino all’osso, pieni di pidocchi. “Ecco, ecco! Sembrano proprio Davide, il grande Re!”, disse con infinita rabbia. Ritrovò Rachele nel ghetto, immobile, muta. La scosse, l’accarezzò. Poi la tirò su con forza. “Cosa fai? I bambini ti aspettano” le gridò. Rachele si lasciò trascinare a casa.
Della fine dei genitori, portati via e uccisi in un lager, seppe soltanto più tardi. “Benedetto sia il tuo riposo e benedetti i tuoi sogni, padre”, ebbe la forza di dire quando apprese la notizia. Pianse e giurò di non mettere mai più piede nel tempio.
E infine i due fratelli Samuele e Beniamino, che dovranno subire le angosce di un sistema politico permeante ed ingiusto… Con l’arrivo dei primi carri armati nella famiglia si scatenò il panico. Nessuno sapeva esattamente che cosa temere. C’era soltanto lo spessore del timore che invadeva l’aria, i corpi. Poi le raffiche sparate dalla strada, dai tetti, consigliarono a tutti di discendere nei rifugi, come avevano fatto durante gli ultimi mesi della guerra. “Gli studenti verranno deportati – gridò Selma a sua figlia…”.
Bastano queste poche righe per confermare l’assoluta tragicità delle esistenze e soprattutto delle esistenze dei due fratelli e anche la speranza (nelle ultime righe del romanzo si parla dell’Italia e anche di Roma) che i due si siano comunque ritrovati nel segno di una terrena soddisfazione.
Davvero, questo libro sarebbe un evento meraviglioso nelle scuole.
L’edizione da noi considerata è:
Giorgio e Nicola Pressburgher
L’elefante verde
Marietti
Perché dico questo? Perché la franchezza, il dolore, ma anche la gioia con cui è stato scritto (e di tutto questo ne sono sicuro) meriterebbero un’esposizione pubblica al di là, poi, come ho già affermato, delle manifestazioni e commemorazioni che il presente ci offre.
Ma non si può parlare di questo libro senza prima aver dato qualche indicazione sui due autori, perché il libro li contiene entrambi.
Nicola e Giorgio Pressburgher sono nati a Budapest in Ungheria il 21 aprile 1937. Scampati alla guerra e alle deportazioni e fuggiti dalla città nell’autunno del ’56 (nel momento in cui subentra l’aggressione sovietica e nel romanzo ce n’è traccia, altroché), approdano in Italia, profughi, ma si dedicano agli studi per il loro personale tentativo di ricostruire il proprio passato.
Non è un caso poi che la città dove si stabiliscono e producono le loro opere sia Trieste: capolinea del loro cosmopolitismo/nomadismo e residenza di scrittori come Umberto Saba (e la sua antiquaria biblioteca), come Italo Svevo (e i suoi tanto amati giardini) e persino James Joyce.
Nicola, che morirà a Milano nel 1985, insieme a suo fratello scriverà Storie dell’ottavo Distretto, l’opera forse più completa e congeniale della loro storia, mentre Giorgio proseguirà i suoi studi occupandosi oltre che di cinema e teatro anche di televisione. Morirà a Trieste nel 2017.
L’elefante verde è un piccolo romanzo che ricostruisce la vita di tre generazioni: quella di Jom Tow, ebreo commerciante dell’Ottavo Distretto di Budapest, di Isacco che tenterà di portare avanti l’eredità di Jom e di Samuele e Beniamino, figli gemelli di Isacco, che tenteranno finalmente la fortuna.
Ma il percorso è assai difficile: Che lavoro vuoi che gli ebrei facciano? – ripeteva. – Sono tutti commercianti e artigiani con pochi muscoli, acciaccati, sempre malati.
In realtà c’è una cosa che lega le tre generazioni: il sogno che una notte Jom Tow fece e che in qualche modo disegna una sorta di spartiacque generazionale, quello di un elefante verde (sì proprio verde) che in qualche modo rappresentava per Jom Tow il momento di passaggio tra una condizione di miseria a quella di una vera e propria rivincita sociale.
Nel romanzo vengono scandite, momento per momento, le varie condizioni esistenziali dei vari protagonisti. Così vediamo Jom Tow sottostare ad un periodo poco felice, ma non disastroso, del popolo ebraico. Poi subentra Isacco che, invece, dovrà subire l’angoscia delle persecuzioni razziali (raccontate in modo che siano però meno “dure” di quelle sopportate dal popolo polacco): Isacco riebbe i suoi figli dimagriti fino all’osso, pieni di pidocchi. “Ecco, ecco! Sembrano proprio Davide, il grande Re!”, disse con infinita rabbia. Ritrovò Rachele nel ghetto, immobile, muta. La scosse, l’accarezzò. Poi la tirò su con forza. “Cosa fai? I bambini ti aspettano” le gridò. Rachele si lasciò trascinare a casa.
Della fine dei genitori, portati via e uccisi in un lager, seppe soltanto più tardi. “Benedetto sia il tuo riposo e benedetti i tuoi sogni, padre”, ebbe la forza di dire quando apprese la notizia. Pianse e giurò di non mettere mai più piede nel tempio.
E infine i due fratelli Samuele e Beniamino, che dovranno subire le angosce di un sistema politico permeante ed ingiusto… Con l’arrivo dei primi carri armati nella famiglia si scatenò il panico. Nessuno sapeva esattamente che cosa temere. C’era soltanto lo spessore del timore che invadeva l’aria, i corpi. Poi le raffiche sparate dalla strada, dai tetti, consigliarono a tutti di discendere nei rifugi, come avevano fatto durante gli ultimi mesi della guerra. “Gli studenti verranno deportati – gridò Selma a sua figlia…”.
Bastano queste poche righe per confermare l’assoluta tragicità delle esistenze e soprattutto delle esistenze dei due fratelli e anche la speranza (nelle ultime righe del romanzo si parla dell’Italia e anche di Roma) che i due si siano comunque ritrovati nel segno di una terrena soddisfazione.
Davvero, questo libro sarebbe un evento meraviglioso nelle scuole.
L’edizione da noi considerata è:
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