Tasti di scelta rapida del sito: Menu principale | Corpo della pagina

Il Paradiso degli Orchi
Home » I Classici » Dimentichiamoci Trieste: “Il castello dei desideri” di Silvio Benco.

Pagina dei contenuti


CLASSICI

Alfredo Ronci

Dimentichiamoci Trieste: “Il castello dei desideri” di Silvio Benco.

immagine
Forse avrete notato che quando si parla di autori che, nel corso degli anni, hanno perduto, come si dice, mordente nella presa di coscienza di lettori più o meno attenti, le loro opere risultano quasi sempre introvabili e quello che invece si reperisce o sono vecchi tomi ingialliti e pressoché illeggibili o, ma questo per me rimane comunque un mistero, nuove riedizioni, anche a volte con qualche nota biografica, ma del tutto prive di assoluto valore culturale.
Ne abbiamo un esempio. Silvio Benco. Questo suo Il castello dei desideri (attenzione: come avrete già notato, e se non lo avete notato ve lo preciso io, anche il romanzo della moglie di Benco, Delia, che già abbiamo proposto, era edito dalla Amazon) viene pubblicato solo con la dicitura opera di pubblico dominio. Il punto è: questa operazione ha qualche problema o invece, proprio perché la struttura pubblica autori che invece potrebbe essere portati all’estinzione ha invece una sua determinata importanza? Nel nostro caso bisogna dire che, al di là della siffatta iniziativa (tra l’altro la qualità della carta non è certo delle migliori), il risultato finale non è da buttar via e possiamo anche permetterci di fare un breve lavoro di presentazione di alcuni scrittori che, come si diceva all’inizio, altrimenti avrebbero subito la sorte di una cancellazione assoluta.
Eppure Silvio Benco fu un personaggio di tutto rilievo. Scrittore, giornalista e critico letterario lavorò appunto come giornalista, firmandosi con pseudonimi nel quotidiano irredentista triestino L’indipendente dove conobbe, tra l’altro, Italo Svevo e dove fece la conoscenza di quella che diventò successivamente sua moglie, Delia de Zuccoli, poi diventata Benco.
Nel 1943, caduta la dittatura, tornò a collaborare con Il piccolo assumendone la direzione, ma nel settembre dello stesso anno, in seguito ad alcune minacce dei fascisti, fu costretto a rifugiarsi a Turriaco, piccolo centro della Venezia Giulia, dove morì nel 1949.
L’attività di Silvio Benco non si limitò a quella politica; essendo egli un critico letterario, ebbe modo di esprimersi anche nell’attività letteraria producendo una serie di lavori, soprattutto romanzi, che ebbero anche un discreto successo. Tra questi, appunto, Il castello dei desideri, che uscì nel 1906 a Milano.
Erano gli anni di D’Annunzio (tra l’altro il libro in questione era dedicato proprio a lui) e il risultato che spesso e volentieri riportavano questi scrittori erano di un’imitazione (esagerata) dello stile dannunziano, denso di ampollose descrizioni, di metafore, chiasmi e anche elaborazioni stilistiche, ma quasi sempre prive, ahinoi, di una profondità caratteriale.
La vicenda de Il castello… ruota intorno a tre personaggi: Bertrano, autore di un libro intitolato La morale della morte, che con la sua statura intellettuale spesso manderà in crisi il protagonista, il Duca appunto, che vive isolato in un castello vicino ad un paese (che però geograficamente è poco attribuibile) e Zoilo, amico tisico del Duca.
Ecco come il Duca parla del suo nemico intellettuale: Quando parlava a Bertramo, il cannello gli cadeva sulla destra e sostava nel suo lavoro; per quale inconcepibile destino si era egli sottomesso a quell’uomo tanto pieno di vita e tanto poco partecipe della vita, a quell’uomo che non avea conosciuto amore, che non avea conosciuto allegrezze, se non crudeli, che non avea conosciuto dolcezze, se non ironiche; a quell’uomo del quale tutto gli era avverso a lembo a lembo e che, nella somma formidabile delle sue facoltà, lo dominava, lo schiacciava, come il ferro schiaccia sotto di sé la compressa argilla?
In realtà il romanzo, compresso quasi tutto nella distanza tra il Duca e Bertramo in realtà, e mi scuso di delinearlo in questa maniera, è una storia di corna. Sì perché tra i due s’inserisce la vicenda di  Laus, la moglie del Duca che, inaspettatamente e del tutto inspiegabilmente, dopo pochi mesi dal matrimonio se ne ritorna a casa dei suoi genitori, senza apporre altre motivazioni.
Ma le motivazioni ci sono eccome e sono quelle di una donna che si trova a provare un sentimento amoroso nei confronti di Bertramo (che vive in casa del Duca) e da lui contraccambiata.
Non me ne vogliano gli estimatori del Benco (che sicuramente ci sono) ma del libro non rimane altro, nemmeno le reprimenda del Duca, lui così modesto, quando ad un certo punto viene eletto al Parlamento, di cui non ha un’idea particolarmente brillante… E’ mia suprema ambizione e mio orgoglio l’essere deputato; ma soltanto d’uomini che sieno tra loro fratelli.
Lo abbiamo detto: Il castello dei desideri è del 1906. Altri avvenimenti e altre tragedie succederanno (che Benco vivrà personalmente e direttamente) ma agli inizi del secolo questo è il senso che si può dare ad un’opera come questa.



L’edizione da noi considerata è:

Silvio Benco
Il castello dei desideri
Amazon G



CERCA

NEWS

RECENSIONI

ATTUALITA'

CINEMA E MUSICA

RACCONTI

SEGUICI SU

facebookyoutube