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CLASSICI

Alfredo Ronci

Esempio di narrativa anacronistica? “I fuochi del Basento” di Raffaele Nigro.

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Scriveva Walter Pedullà sul nostro autore: … Nigro è impegnato a dimostrare che l’avvenire è già presente in chi crede tanto nei propri ideali libertari ed egalitari da sacrificare per essi la propria vita. Si perde sempre ma i popoli tramandano le imprese degli sconfitti fino alla notte dei tempi, quando si torna a sognare un mondo in cui tutto è possibile. Miracoli? Piuttosto magia e altre pratiche esoteriche del materialismo contadino, concretezza che rinnova i miti.
Tutto questo per dire che a fine novecento chi scrive di un percorso storico che s’avvicina ai movimenti per l’unità del paese, deve tener conto dell’importanza degli sconfitti ma soprattutto della realtà anche dei più poveri.
Nel titolo dicevamo che I fuochi del Basento erano (sono) un esempio di narrativa anacronistica? L’aggettivazione rimanda sempre al Pedullà che inoltre aggiungeva… quello che si fa cercando ciò che si desidera nel proprio tempo e non si trova.
Ci sembra del tutto giusto, ma non solo. Forse in Nigro, al di là della descrizione di eventi di una portata rilevante c’è, e nessuno me lo toglie dalla mente, anche il sottile e semplice raccontare di un periodo che è stato interessante anche per il solo fatto di essere vissuto.
E poi c’è, come non potrebbe esserci, l’amore dello scrittore per il romanzo storico/popolare, visto che il romanzo si colloca tra la fine del settecento e la metà dell’ottocento. Non esitiamo a dire che, pur tenendo presenti gli autori di un meridione sempre protagonista, nonostante tutto (facciamo i nomi? Jovine, De Roberto, Silone, Alvaro e pure Sciascia, anche se, lo stesso Nigro, nel posizionare la sua opera si ritrae collocando L’autobiografia di Carmine Crocco se non addirittura La città del sole di Tommaso Campanella), l’autore che più facilmente può essere portato come pater esimio del genere è Alessandro Manzoni e i suoi Promessi Sposi.
C’è però nell’opera di Nigro una componente quasi autobiografica: i braccianti che poi diventano i protagonisti della storia si chiamano tutti come lui, Nigro. Non sappiamo con precisione se siano davvero esistiti, non è questo il problema (anche se per la ricostruzione dei libri lo stesso Nigro ha effettuato diversi studi nelle biblioteche) quello che interessa, e lo dice Raffaele Crovi, nell’introduzione all’opera economica, è che lo scrittore ha attribuito il proprio cognome ad alcuni dei suoi protagonisti per sottolinearne l’esemplarità e per esplicitare il proprio rispecchiamento in essi.
C’è dunque Francesco Nigro, che si fa brigante a tutti gli effetti e che la sua morte, in qualche modo, viene vista soltanto con la successione dei ruoli, che però ha un attaccamento alla cultura non proprio ideale visti i tempi… Una cassa si spaccò scalciata dal Cidognese. Vomitò risme di fogli e libri che si squinternarono pronti per l’acciarino. “No, questi non li distruggiamo” urlò furibondo Francesco Nigro facendo scudo col suo corpo. “Ti vuoi fare prete?” ironizzò il Cidognese. “Un cavallo e questa cassa ti toccheranno come bottino” e rise, amaro però, perché la scelta era insolita, una scelta da uomo e non da contadino.
Poi c’è Carlantonio Nigro, il successore di Francesco, che inizialmente non approva le scelte del suo predecessore, ma poi vive il brigantaggio come contestazione permanente, tra sensazioni di libertà e assoggettamento all’ordine.
Infine Vitodonato Nigro che sposa il sogno di cambiamento e benessere legato all’emigrazione in America.
Su tutto crediamo noi, ma anche altri critici hanno visto lo stesso “problema”, il nucleo importante della storia è il paesaggio. Geno Pampaloni a proposito disse: E il paesaggio lucano e calabrese se ne illumina, tanto che non è azzardato dire che proprio quella terra disperata ma non doma, che trae il suo fascino dallo splendore del proprio paesaggio e dalla stralunata vigoria dei suoi abitanti, è il vero protagonista del romanzo.
Dunque un periodo, quello della storia, che si può collocare tra il 1784 e il 1861, che rivive attraverso i suoi eroi, il suo paesaggio e l’innumerevole volto della gente. Quella comune.



L’edizione da noi considerata è:

Raffaele Nigro
I fuochi del Basento
BUR



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