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Il Paradiso degli Orchi
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RACCONTI

Stefano Lodi

LatRin America

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Pedro inspira a piene narici e si sente nuovamente Dio. Il carcere, l'aeroporto, i cani, gli ovuli, il senso di vomito, i ricordi tutti si affievoliscono. Nitida è la sensazione del metallo nella mano. Spara ed il cranio di Martinez salta. Uno schizzo di sangue vicino allo stivale. Una macchia insignificante, per chi in questo momento è Dio.

Lo vedo tirare un calcio al costato del cadavere ed allontanarsi tranquillo, onnipotente. I problemi odierni sono risolti, può rilassarsi. Bere. Scherzare con i compagni. Correre sulla collina fino a sentirsi scoppiare il cuore.

Succederà anche questo, domani.

Girerà il suo Angolo e si accascerà al suolo. Dio Morente, ai bordi delle strade. Una macchia insignificante. Una cacata di cane. Un occhio cieco. Uno schifo, una vacca squartata.





Pedro e Martinez si erano parlati due sere prima, e si erano subito piaciuti. Entrambi svegli, intuitivi, dominatori. Due leoni ed una leonessa soltanto. Tre strisce per un sol corpo di zebra. Lingue intrecciate, che schifo.

Corpi nudi, che schifo.

Sodomie ripetute.

Tre gobbe per un solo cammello.

Un colpo, salta il cervello.





Vedo Pedro che dorme. Sembra un neonato. Apre gli occhi si alza di scatto si pettina scompigliandosi i capelli si veste vede Martinez lo guarda lo guarda lo sfiora afferra la pistola.





Ciao, sono Pedro.

Io Martinez.

Vuoi una Birra?

Solo se gelida.

Contaci.

Hai droga?

Certo.

Voglio assaggiarla.

Ti costerà.

So come ripagarti.





Pedro e Martinez al bancone del Bar.

Pedro e Martinez nel bagno del bar.

Pedro e Martinez al bancone del bar.



Fa fatica Pedro, ad ingoiare.

Gli ovuli sono decisamente grandi, lo scotch che li avvolge decisamente ruvido ed insapore.

Tre, Quattro, adesso ci bevo su.

Nove, Dieci, ora vomito.

Dodici, Tredici.

E' l'una di notte, quando Martinez lo porta all'aeroporto.

Una bella serata sudamericana, tiepida e con una luna grossa così.





Ho sempre odiato i pastori tedeschi. Sembrano cattivi, anche se sono buoni. E quando invecchiano, le zampe posteriori cedono, e si trascinano come marines mutilati alle gambe. Sbavano rabbiosi. Eccone uno, là in fondo.





A Pedro piace correre su quella collina. C'è più aria, lassù. C'è il nonno che gli racconta la guerra. C'è Anita che lo sfiora con le labbra, e poi scappa via. C'è sempre quella sensazione di essere come Dio.





Dietro il suo Angolo un coltello affilato, che squarcia il cuore di Pedro. Borraccia che dissipa il suo tesoro sulla sabbia rovente. Giù.





Pedro è in Aereo e quando Pedro è in Aereo avverte quella strana e goduriosa sensazione di sentirsi come Dio. Chi gli sta sotto, è suddito. Il Mondo, suddito. Suda, e vorrebbe vomitare. Ma non deve, e ride, ride per chi gli sta sotto, per ciò che gli sta dentro.





Nome.

Nome.

Testa di Cazzo, il tuo nome, dimmelo, il tuo nome merdoso di latrina sudamericana maleodorante.

Non vuoi dirmelo?

Fai bene, perché del tuo sudicio nome non me ne frega un cazzo. Sei solo una latrina del cazzo. Tieni, bevi questo, spurgati, latrina del cazzo.

Calcio in pancia, pugno sulla mascella, bocca sanguinante, liquido amarognolo che scorre nell'esofago.





Gli occhi di Martinez. Così stranamente azzurri. Così profondamente intensi. I 5 bottoni Levis che si slacciano, e non sono le sue mani a lavorare su quei bottoni.





Pedro prova a trattenersi, ma il dolore cresce. Il mostro sta per nascere. Come una gallina itterica, depone uova e bile giallastra sul pavimento. Una macchia giallastra vicino alla scarpa del poliziotto. Un ovulo rotola sotto la scrivania.



Sei Soltanto una Fottuta Latrina.





A Pedro non piace ricordare il carcere.

Gli provoca un misto di tristezza e melanconia. Tutti amici e tutti nemici, tutti in attesa, tutti che aspettano. Si aspetta sempre un suono, il suono di un cancello poco oliato e molto pesante.



Ti ho comprato una maglietta.

E' una vita che non ci vediamo.

Sono ancora più azzuri i tuoi occhi.

Ti Amo, Pedro.

Ti amo anch'io.





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