INTERVISTE
Andrea Bianchi e Silvana Siviero
Dal 1998 ad oggi avete messo insieme una collezione di tutto rispetto, di cui in Europa non esiste l'uguale: otto raccolte di poesie, due raccolte di racconti e due romanzi, tutti testi tradotti da voi. Ci vuole una gran passione. Come è cominciata?
Andrea - Per Silvana è stato naturale. E' nata e cresciuta nel Galles. L'inglese è la sua prima lingua, e sta studiando il gallese. La sua tesi di laurea su Caradoc Evans è stata una delle prime in Italia su un autore gallese. E' stata lei, inconsapevolmente, a portarmi nella letteratura, nel Paese stesso, in mezzo alla gente, nelle case dei poeti e degli scrittori.
Ed è riuscita a coinvolgerti al punto di gettarti con lei in questa impresa?
Andrea - C'è stato un avvenimento preciso. Una volta accompagnai Silvana ad ascoltare la lezione tenuta all'università di Torino da Tony Curtis, un poeta gallese che scrive in inglese. Scrivevo e la cosa mi incuriosiva. Dopo la lezione parlammo a lungo con Tony, diventammo amici. Poco dopo provammo a tradurre qualche sua poesia, ma per gioco. La conoscenza dell'inglese da parte di Silvana e la mia inclinazione per le cose letterarie si unirono senza fatica. L'entusiasmo che ne scaturì trovò l'appoggio decisivo di Guido Leotta, di Mobydick. Nel luglio del 1997 incontrammo Tony Curtis nella sua casa di Barry Island. L'anno seguente usciva il primo volume della nostra collezione.
Se ho ben capito ci sono autori gallesi che scrivono in inglese, e altri che scrivono in lingua gallese. C'è differenza nel loro modo di sentire il rapporto con la cultura del Galles?
Silvana - Anzi, direi che c'è del Galles perfino nell'inglese di quei gallesi che non conoscono la lingua dei bardi. Le due metà di questa cultura rifiutano ogni tipo di separazione, perché perderebbero parte della loro forza. Per intenderla appieno, la cultura gallese va considerata nel rapporto fra i suoi opposti: è una cultura con due teste e due anime, ma un solo corpo. Nei versi dei poeti, in qualunque delle due lingue si esprimano, è intenso l'amore per la piccola Patria, e spesso vi si trova la stessa rabbia contro gli inglesi.
Quali sono i fattori che hanno mantenuto forte il senso di identità della cultura gallese?
Silvana - Qui bisogna fare un po' di storia. Fu il re anglo Offa di Mercia nel secolo VIII a costruire un terrapieno che isolava la regione popolata dalle tribù gallesi. Fra queste tribù, continuamente in guerra tra loro ma unite contro gli angli, crebbe la credenza di essere i discendenti dei regni perduti del nord. Ne derivò un fiorire di saghe su un mitico passato. In questo clima prese rilievo la figura del bardo, da un lato artigiano della parola e dall'altro veggente ispirato. Nel corso del tempo la cultura gallese ha mantenuto la tendenza ad essere poco interessata al presente, divisa com'era fra la nostalgia per un passato mitico e l'aspettativa di un futuro glorioso. Vi furono insurrezioni contro il dominio inglese, ma ad ogni fallimento seguiva un ripiegamento su se stessi.
E in tempi più recenti è cambiato qualcosa?
Silvana - All'inizio dell'Ottocento vi fu un revival provocato tanto dalla situazione economica quanto da quella religioso-culturale. In un clima ottimistico, nel 1880 nasceva un movimento nazionalista che aspirava ad un grande futuro per il paese. Ma anche questa volta il progetto fallì, a causa delle tensioni tra la parte anglofona e quella che parlava gallese, e gli scrittori si rifugiarono nuovamente nella nostalgia del passato. Solo nel 1936 si arrivò al rifiuto della nostalgia in favore dell'azione diretta, e si avviò un concreto movimento di protesta per salvare la lingua e le tradizioni del Galles. Allora anche la poesia divenne impegnata.
La parola "nazionalismo" evoca sempre un certo colore politico.
Andrea - Nel periodo fra le due guerre mondiali vi fu un confronto-scontro tra socialismo e nazionalismo, che vide prevalere quest'ultimo. Ma pur trattandosi di un nazionalismo populista, quindi non lontano dal socialismo, non ne derivava. Era antico, solidamente radicato nella cultura tradizionale, e fu proprio questa peculiarità a salvarlo da derive fasciste o nazionalsocialiste.
Qual è il destino della lingua gallese?
Silvana - Nel 1913 fu scritta una grammatica gallese, che pose un argine allo scadimento della lingua. Negli anni Sessanta venne fondata una "Società per la lingua gallese" dopo che Saunders Lewis ebbe lanciato l'allarme definendo il gallese "una lingua in ritirata". Ormai solo un gallese su cinque parlava gallese, e vi erano ampie zone in cui si parlava solo inglese. Al contrario esistono ancora città in cui la lingua inglese viene utilizzata unicamente per comunicare con gli stranieri.
Insomma, una realtà molto complessa.
Silvana - Complessa e contraddittoria. Ma le contraddizioni saranno sempre fertili di sviluppi imprevedibili e positivi.
Per tornare a quello che ci interessa da vicino, come siete riusciti a mettere le mani su un boccone ghiotto come il romanzo di Prichard?
Silvana - Andrea e io sapevamo che Una notte di luna piena è il capolavoro della narrativa gallese, ma l'idea di tradurlo ci venne quando Harri Pritchard Jones ce ne regalò la versione inglese. Non fu facile ottenere la cessione dei diritti di traduzione dalla casa editrice scozzese. Ma abbiamo una certa esperienza nel trattare con editori, autori ed agenti, e nell'organizzare eventi culturali.
Di solito qual è il vostro metodo per reperire i testi da inserire nella collezione?
Silvana - Non troviamo testi, bensì autori. Leggiamo le loro opere più significative e da quelle deriviamo un fil rouge che ci guiderà nella costruzione del libro, e cioè nella scelta del titolo e del contenuto della prefazione. Dopo parecchi mesi di lavoro andiamo nel Galles a trovare gli autori, rimanendo con loro alcuni giorni per spiegare le scelte fatte e ricevere consigli.
E poi come procedete?
Andrea - Dividiamo il lavoro a metà. Silvana traduce dall'inglese o dal gallese. Sulla traduzione io lavoro con accanimento fino a portarmi lontano, in vista di un mio obiettivo, non sempre quello giusto. Silvana mi riporta più volte, almeno in parte, al punto di partenza, ma ogni ritorno cui sono costretto è più ricco di vita del precedente. Giungiamo infine al momento in cui la traduzione della poesia, racconto, capitolo soddisfa entrambi.
Vi è capitato qualche episodio, durante le vostre ricerche, che ricordate con particolare piacere?
Andrea - Ce ne sono molti, ma uno ci è particolarmente caro. Nel luglio 1997 andammo a casa di Dannie Abse, poeta di importanza fondamentale non solo per il Galles, che abitava nei pressi di Cardiff. Dopo aver passeggiato sul morbido prato lungo la scogliera in contemplazione della natura, ci fermammo sotto un albero in attesa di metterci a tavola. Dannie si divertiva a interrogarci: come si chiama quest'albero? Davanti al nostro silenzio imbarazzato afferrò una foglia di un ramo basso e la staccò. Prendete, disse, guardatela attentamente e ditemi come si chiama. Deliziato dal nostro imbarazzo, aprì il libro che aveva con sé e declamò con la sua bella voce i versi della poesia "L'errore": Annusate il suo odore acre./ Non evoca un dispensario orientale? (...) Ma poi venne l'estate della siccità. Stanco di bugie/l'albero inaridito all'improvviso si fece valere, germogliò /normalissime noci, sfacciatamente senza maschera. La foglia è sotto il vetro di una cornice, appesa a una parete del nostro tinello. Fragile e trasparente, ci ricorda Dannie e quei momenti.
Andrea - Per Silvana è stato naturale. E' nata e cresciuta nel Galles. L'inglese è la sua prima lingua, e sta studiando il gallese. La sua tesi di laurea su Caradoc Evans è stata una delle prime in Italia su un autore gallese. E' stata lei, inconsapevolmente, a portarmi nella letteratura, nel Paese stesso, in mezzo alla gente, nelle case dei poeti e degli scrittori.
Ed è riuscita a coinvolgerti al punto di gettarti con lei in questa impresa?
Andrea - C'è stato un avvenimento preciso. Una volta accompagnai Silvana ad ascoltare la lezione tenuta all'università di Torino da Tony Curtis, un poeta gallese che scrive in inglese. Scrivevo e la cosa mi incuriosiva. Dopo la lezione parlammo a lungo con Tony, diventammo amici. Poco dopo provammo a tradurre qualche sua poesia, ma per gioco. La conoscenza dell'inglese da parte di Silvana e la mia inclinazione per le cose letterarie si unirono senza fatica. L'entusiasmo che ne scaturì trovò l'appoggio decisivo di Guido Leotta, di Mobydick. Nel luglio del 1997 incontrammo Tony Curtis nella sua casa di Barry Island. L'anno seguente usciva il primo volume della nostra collezione.
Se ho ben capito ci sono autori gallesi che scrivono in inglese, e altri che scrivono in lingua gallese. C'è differenza nel loro modo di sentire il rapporto con la cultura del Galles?
Silvana - Anzi, direi che c'è del Galles perfino nell'inglese di quei gallesi che non conoscono la lingua dei bardi. Le due metà di questa cultura rifiutano ogni tipo di separazione, perché perderebbero parte della loro forza. Per intenderla appieno, la cultura gallese va considerata nel rapporto fra i suoi opposti: è una cultura con due teste e due anime, ma un solo corpo. Nei versi dei poeti, in qualunque delle due lingue si esprimano, è intenso l'amore per la piccola Patria, e spesso vi si trova la stessa rabbia contro gli inglesi.
Quali sono i fattori che hanno mantenuto forte il senso di identità della cultura gallese?
Silvana - Qui bisogna fare un po' di storia. Fu il re anglo Offa di Mercia nel secolo VIII a costruire un terrapieno che isolava la regione popolata dalle tribù gallesi. Fra queste tribù, continuamente in guerra tra loro ma unite contro gli angli, crebbe la credenza di essere i discendenti dei regni perduti del nord. Ne derivò un fiorire di saghe su un mitico passato. In questo clima prese rilievo la figura del bardo, da un lato artigiano della parola e dall'altro veggente ispirato. Nel corso del tempo la cultura gallese ha mantenuto la tendenza ad essere poco interessata al presente, divisa com'era fra la nostalgia per un passato mitico e l'aspettativa di un futuro glorioso. Vi furono insurrezioni contro il dominio inglese, ma ad ogni fallimento seguiva un ripiegamento su se stessi.
E in tempi più recenti è cambiato qualcosa?
Silvana - All'inizio dell'Ottocento vi fu un revival provocato tanto dalla situazione economica quanto da quella religioso-culturale. In un clima ottimistico, nel 1880 nasceva un movimento nazionalista che aspirava ad un grande futuro per il paese. Ma anche questa volta il progetto fallì, a causa delle tensioni tra la parte anglofona e quella che parlava gallese, e gli scrittori si rifugiarono nuovamente nella nostalgia del passato. Solo nel 1936 si arrivò al rifiuto della nostalgia in favore dell'azione diretta, e si avviò un concreto movimento di protesta per salvare la lingua e le tradizioni del Galles. Allora anche la poesia divenne impegnata.
La parola "nazionalismo" evoca sempre un certo colore politico.
Andrea - Nel periodo fra le due guerre mondiali vi fu un confronto-scontro tra socialismo e nazionalismo, che vide prevalere quest'ultimo. Ma pur trattandosi di un nazionalismo populista, quindi non lontano dal socialismo, non ne derivava. Era antico, solidamente radicato nella cultura tradizionale, e fu proprio questa peculiarità a salvarlo da derive fasciste o nazionalsocialiste.
Qual è il destino della lingua gallese?
Silvana - Nel 1913 fu scritta una grammatica gallese, che pose un argine allo scadimento della lingua. Negli anni Sessanta venne fondata una "Società per la lingua gallese" dopo che Saunders Lewis ebbe lanciato l'allarme definendo il gallese "una lingua in ritirata". Ormai solo un gallese su cinque parlava gallese, e vi erano ampie zone in cui si parlava solo inglese. Al contrario esistono ancora città in cui la lingua inglese viene utilizzata unicamente per comunicare con gli stranieri.
Insomma, una realtà molto complessa.
Silvana - Complessa e contraddittoria. Ma le contraddizioni saranno sempre fertili di sviluppi imprevedibili e positivi.
Per tornare a quello che ci interessa da vicino, come siete riusciti a mettere le mani su un boccone ghiotto come il romanzo di Prichard?
Silvana - Andrea e io sapevamo che Una notte di luna piena è il capolavoro della narrativa gallese, ma l'idea di tradurlo ci venne quando Harri Pritchard Jones ce ne regalò la versione inglese. Non fu facile ottenere la cessione dei diritti di traduzione dalla casa editrice scozzese. Ma abbiamo una certa esperienza nel trattare con editori, autori ed agenti, e nell'organizzare eventi culturali.
Di solito qual è il vostro metodo per reperire i testi da inserire nella collezione?
Silvana - Non troviamo testi, bensì autori. Leggiamo le loro opere più significative e da quelle deriviamo un fil rouge che ci guiderà nella costruzione del libro, e cioè nella scelta del titolo e del contenuto della prefazione. Dopo parecchi mesi di lavoro andiamo nel Galles a trovare gli autori, rimanendo con loro alcuni giorni per spiegare le scelte fatte e ricevere consigli.
E poi come procedete?
Andrea - Dividiamo il lavoro a metà. Silvana traduce dall'inglese o dal gallese. Sulla traduzione io lavoro con accanimento fino a portarmi lontano, in vista di un mio obiettivo, non sempre quello giusto. Silvana mi riporta più volte, almeno in parte, al punto di partenza, ma ogni ritorno cui sono costretto è più ricco di vita del precedente. Giungiamo infine al momento in cui la traduzione della poesia, racconto, capitolo soddisfa entrambi.
Vi è capitato qualche episodio, durante le vostre ricerche, che ricordate con particolare piacere?
Andrea - Ce ne sono molti, ma uno ci è particolarmente caro. Nel luglio 1997 andammo a casa di Dannie Abse, poeta di importanza fondamentale non solo per il Galles, che abitava nei pressi di Cardiff. Dopo aver passeggiato sul morbido prato lungo la scogliera in contemplazione della natura, ci fermammo sotto un albero in attesa di metterci a tavola. Dannie si divertiva a interrogarci: come si chiama quest'albero? Davanti al nostro silenzio imbarazzato afferrò una foglia di un ramo basso e la staccò. Prendete, disse, guardatela attentamente e ditemi come si chiama. Deliziato dal nostro imbarazzo, aprì il libro che aveva con sé e declamò con la sua bella voce i versi della poesia "L'errore": Annusate il suo odore acre./ Non evoca un dispensario orientale? (...) Ma poi venne l'estate della siccità. Stanco di bugie/l'albero inaridito all'improvviso si fece valere, germogliò /normalissime noci, sfacciatamente senza maschera. La foglia è sotto il vetro di una cornice, appesa a una parete del nostro tinello. Fragile e trasparente, ci ricorda Dannie e quei momenti.
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