INTERVISTE
Anna Pavignano
Come ti è venuta l'idea di un romanzo narrato in prima persona, al maschile, e per giunta con un linguaggio che riflette le sgrammaticature di un ragazzo ventenne che fa il pescatore e/o il muratore in un isola del Tirreno, di cui però non dici mai il nome?
E' nato tutto molto spontaneamente dopo l'incontro casuale con un ragazzo che faceva il barcaiolo a Ventotene , che nel breve tragitto di una gita in barca intorno all'isola mi raccontò la sua vita lavorativa, divisa effettivamente in un lato estivo e uno invernale: d'estate portava in giro i turisti per fare immersioni e vedere l'isola e d'inverno, quando non c'erano più turisti, andava a cercare lavoro nei cantieri nel Lazio o in Campania. Non mi ha raccontato nient'altro di sé e della sua vita e non l'ho più rivisto e quindi tutto il resto della storia non ha a che fare con lui, ma mi colpì la sua espressione di rassegnazione alla sua vita invernale e quella di gioia per quella estiva. Da tempo stavo inseguendo la voglia di raccontare una storia che parlasse in qualche modo del mondo del lavoro nero e delle morti bianche. Anche se nel romanzo questo argomento non è centrale e quel racconto ha fatto partire la storia. Centrali sono il protagonista, la sua vita, il suo modo di leggere il mondo. Un modo maschile, giovanile, non acculturato, ma caratterizzato da una profonda sensibilità e una raffinata capacità intuitiva.
Sono, quelle come le tue, operazioni letterarie alte, difficili, i grandi si sono cimentati con la ricerca di linguaggi 'diretti' in cui italiano e dialetto o gergo si mescolano anche o soprattutto nel discorso diretto. Quindi non stiamo parlando di semplici dialoghi realisti. Per dire, "Ragazzi di vita" è in parte anzi quasi tutto così... insisto, l'idea è nata insieme al modo di narrare o la scelta lessicale è stata frutto di un'ispirazione?
Volevo raccontare un personaggio 'da dentro' e quindi non potevo che parlare come Salvatore anche nella narrazione. Questo modo di raccontare è una stretta interazione, un continuo rimando, o feedback come si dice, tra la forma e il contenuto: il linguaggio, la forma, costruisce il personaggio e questo, a sua volta, produce quel linguaggio. Quando scrivevo entravo in Salvatore, diventavo lui. E parlavo dentro di me con le sue parole. Però esiste una realtà di riferimento: ho sentito molte volte persone che parlano normalmente il dialetto e che poi quando parlano l'italiano fanno una traduzione letterale della costruzione della frase dialettale. E' un linguaggio che ho nelle orecchie per aver vissuto, anche se sempre di passaggio, molto al sud. Forse il mio essere del nord, piemontese, mi ha portata ad avere una maggior attenzione per quei modi di parlare. Come quando sei particolarmente attento e affascinato da una lingua perché non la non conosci, non è la tua, ma ti piace. In certi momenti ne risulta un italiano quasi corretto, in altri la costruzione è completamente dialettale. Un esempio? Quando Salvatore dice: a mio padre non piace essere detto di no.
I temi del libro, ad un primo approccio, potrebbero essere quelli del lavoro nero o delle morti bianche, ad una lettura più attenta la psicologia del personaggio, Salvatore, e del suo mondo, prevalgono sulla storia in sé. E' così?
Non credo che ci sia molto di nuovo da denunciare sulle morti bianche. Non c'è qualcosa che non si sappia. Semplicemente si sa tutto e non cambia niente. Così la mia voglia è stata quella di raccontare una vita, un personaggio, che nella sua quotidianità aveva a che fare con quel mondo. Poi c'era una cosa che m'incuriosiva: prima che si parlasse così tanto - e per fortuna almeno se ne parla ora - di morti bianche come morti sul lavoro, il termine aveva anche un altro significato. Le morti bianche erano le morti dei bambini in culla, quelle morti inspiegabili che accadono senza una causa precisa. Di bambini che stanno bene e che improvvisamente muoiono. Poi quel significato lì è un po' svanito ed è venuto alla ribalta il termine "morti bianche" come morte sul lavoro . Mi è venuto in mente che nel suo allargamento di uso, insieme alle parole, il termine si sia portato dietro anche un pezzo di significato. Morti bianche, morti inspiegabili. Come se in modo quasi subliminale, chiamandole così, si continuasse a pensare che sono morti senza una causa precisa, senza spiegazione e senza responsabilità. Come quelle dei bambini in culla.
Lo so che forse questa cosa non ti piacerà, ma io Massimo Troisi in alcuni momenti ce l'ho rivisto: le battute folgoranti, il suo rapporto con le donne, le invenzioni linguistiche appunto. Credo che il libro sia straordinario anche per questo. Mi smentisci?
Perché non dovrebbe piacermi? Massimo Troisi interpretava personaggi che anch'io scrivevo. Hai rivisto quello che di mio, o di anche mio, c'era nei personaggi di Troisi. La mia 'ricerca di Troisi' non è volontaria ed è spesso inconsapevole, ma se viene fuori dalla mia scrittura qualcosa che gli somiglia non mi dispiace. Grazie poi per la definizione 'battute folgoranti', però se ci fossero battute di Massimo, sarebbero ancor più folgoranti. Certe sue battute continuano ad essere irraggiungibili.
Noi qui sopra siamo cattivissimi e possiamo dire quello che ci pare. E' vero che il tuo libro non ha avuto recensioni sulla grande stampa? Colpa di un cattivo ufficio stampa o dei critici à la page che pensano solo a recensire il nulla dei giovanilismi pubblicati dalle tante Fazi, Minimum fax e purtroppo oggi anche Feltrinelli? Puoi anche non rispondere...
Non rispondo...
Io candido il tuo libro allo Strega, ma credo che di questi tempi non gli farebbe troppo bene visto il livello di quelli che arrivano nella cinquina finale (e del resto se c'è arrivata Milena Agus). Gli faccio un altro augurio, un grande film che bissi il successo de 'Il Postino'. E' vero che hai già venduto i diritti cinematografici?
Penso che i premi facciano bene ai libri e facciano bene agli scrittori anche. Di fronte al premio si ritorna un po' scolaretti, un po' bambini. Ci si senti bravi in quel momento e lodati. I primi della classe. E fa piacere. Poi la gente ci crede che sei bravo perché lo dicono persone che contano e comprano il libro. E ancora, siccome sei stato premiato, cominciano tutti ad avere maggior fiducia in te. Se poi i libri premiati con lo Strega o con altri premi siano davvero i migliori non lo so. Sicuramente mi è capitato di leggere libri premiati che mi sono piaciuti e mi è anche capitato altrettanto spesso di leggere libri belli e non premiati. I diritti cinematografici di In bilico sul mare sono stati venduti sì, appena il libro è uscito.
Domanda d'obbligo, stai lavorando anche ad altre sceneggiature cinematografiche nel frattempo?
Sì, nel nostro lavoro si lavora sempre a più progetti contemporaneamente, perché c'è una curiosa giostra in cui un progetto parte e i produttori lo vogliono subito, lo vogliono pronto 'per ieri' come si usa dire, poi invece sul più bello si ferma. I motivi sono vari. Ma nel frattempo uno che si era fermato riparte di nuovo, sembra che l'indomani debba succedere tutto. E via così. A parte la giostra dei progetti che vanno e vengono, sto lavorando seriamente con Alessandro D'Alatri al progetto del film dal mio libro e poi vorrei cominciare a scrivere un nuovo romanzo. Di idee ne ho molte e aspetto che qualcosa scatti dentro di me per decidere di dedicarmi ad una piuttosto che un'altra. Ma la mia voglia è di cambiare, di scrivere una storia ambientata al nord. Magari con protagonista una donna. E magari non ai giorni nostri.
E' nato tutto molto spontaneamente dopo l'incontro casuale con un ragazzo che faceva il barcaiolo a Ventotene , che nel breve tragitto di una gita in barca intorno all'isola mi raccontò la sua vita lavorativa, divisa effettivamente in un lato estivo e uno invernale: d'estate portava in giro i turisti per fare immersioni e vedere l'isola e d'inverno, quando non c'erano più turisti, andava a cercare lavoro nei cantieri nel Lazio o in Campania. Non mi ha raccontato nient'altro di sé e della sua vita e non l'ho più rivisto e quindi tutto il resto della storia non ha a che fare con lui, ma mi colpì la sua espressione di rassegnazione alla sua vita invernale e quella di gioia per quella estiva. Da tempo stavo inseguendo la voglia di raccontare una storia che parlasse in qualche modo del mondo del lavoro nero e delle morti bianche. Anche se nel romanzo questo argomento non è centrale e quel racconto ha fatto partire la storia. Centrali sono il protagonista, la sua vita, il suo modo di leggere il mondo. Un modo maschile, giovanile, non acculturato, ma caratterizzato da una profonda sensibilità e una raffinata capacità intuitiva.
Sono, quelle come le tue, operazioni letterarie alte, difficili, i grandi si sono cimentati con la ricerca di linguaggi 'diretti' in cui italiano e dialetto o gergo si mescolano anche o soprattutto nel discorso diretto. Quindi non stiamo parlando di semplici dialoghi realisti. Per dire, "Ragazzi di vita" è in parte anzi quasi tutto così... insisto, l'idea è nata insieme al modo di narrare o la scelta lessicale è stata frutto di un'ispirazione?
Volevo raccontare un personaggio 'da dentro' e quindi non potevo che parlare come Salvatore anche nella narrazione. Questo modo di raccontare è una stretta interazione, un continuo rimando, o feedback come si dice, tra la forma e il contenuto: il linguaggio, la forma, costruisce il personaggio e questo, a sua volta, produce quel linguaggio. Quando scrivevo entravo in Salvatore, diventavo lui. E parlavo dentro di me con le sue parole. Però esiste una realtà di riferimento: ho sentito molte volte persone che parlano normalmente il dialetto e che poi quando parlano l'italiano fanno una traduzione letterale della costruzione della frase dialettale. E' un linguaggio che ho nelle orecchie per aver vissuto, anche se sempre di passaggio, molto al sud. Forse il mio essere del nord, piemontese, mi ha portata ad avere una maggior attenzione per quei modi di parlare. Come quando sei particolarmente attento e affascinato da una lingua perché non la non conosci, non è la tua, ma ti piace. In certi momenti ne risulta un italiano quasi corretto, in altri la costruzione è completamente dialettale. Un esempio? Quando Salvatore dice: a mio padre non piace essere detto di no.
I temi del libro, ad un primo approccio, potrebbero essere quelli del lavoro nero o delle morti bianche, ad una lettura più attenta la psicologia del personaggio, Salvatore, e del suo mondo, prevalgono sulla storia in sé. E' così?
Non credo che ci sia molto di nuovo da denunciare sulle morti bianche. Non c'è qualcosa che non si sappia. Semplicemente si sa tutto e non cambia niente. Così la mia voglia è stata quella di raccontare una vita, un personaggio, che nella sua quotidianità aveva a che fare con quel mondo. Poi c'era una cosa che m'incuriosiva: prima che si parlasse così tanto - e per fortuna almeno se ne parla ora - di morti bianche come morti sul lavoro, il termine aveva anche un altro significato. Le morti bianche erano le morti dei bambini in culla, quelle morti inspiegabili che accadono senza una causa precisa. Di bambini che stanno bene e che improvvisamente muoiono. Poi quel significato lì è un po' svanito ed è venuto alla ribalta il termine "morti bianche" come morte sul lavoro . Mi è venuto in mente che nel suo allargamento di uso, insieme alle parole, il termine si sia portato dietro anche un pezzo di significato. Morti bianche, morti inspiegabili. Come se in modo quasi subliminale, chiamandole così, si continuasse a pensare che sono morti senza una causa precisa, senza spiegazione e senza responsabilità. Come quelle dei bambini in culla.
Lo so che forse questa cosa non ti piacerà, ma io Massimo Troisi in alcuni momenti ce l'ho rivisto: le battute folgoranti, il suo rapporto con le donne, le invenzioni linguistiche appunto. Credo che il libro sia straordinario anche per questo. Mi smentisci?
Perché non dovrebbe piacermi? Massimo Troisi interpretava personaggi che anch'io scrivevo. Hai rivisto quello che di mio, o di anche mio, c'era nei personaggi di Troisi. La mia 'ricerca di Troisi' non è volontaria ed è spesso inconsapevole, ma se viene fuori dalla mia scrittura qualcosa che gli somiglia non mi dispiace. Grazie poi per la definizione 'battute folgoranti', però se ci fossero battute di Massimo, sarebbero ancor più folgoranti. Certe sue battute continuano ad essere irraggiungibili.
Noi qui sopra siamo cattivissimi e possiamo dire quello che ci pare. E' vero che il tuo libro non ha avuto recensioni sulla grande stampa? Colpa di un cattivo ufficio stampa o dei critici à la page che pensano solo a recensire il nulla dei giovanilismi pubblicati dalle tante Fazi, Minimum fax e purtroppo oggi anche Feltrinelli? Puoi anche non rispondere...
Non rispondo...
Io candido il tuo libro allo Strega, ma credo che di questi tempi non gli farebbe troppo bene visto il livello di quelli che arrivano nella cinquina finale (e del resto se c'è arrivata Milena Agus). Gli faccio un altro augurio, un grande film che bissi il successo de 'Il Postino'. E' vero che hai già venduto i diritti cinematografici?
Penso che i premi facciano bene ai libri e facciano bene agli scrittori anche. Di fronte al premio si ritorna un po' scolaretti, un po' bambini. Ci si senti bravi in quel momento e lodati. I primi della classe. E fa piacere. Poi la gente ci crede che sei bravo perché lo dicono persone che contano e comprano il libro. E ancora, siccome sei stato premiato, cominciano tutti ad avere maggior fiducia in te. Se poi i libri premiati con lo Strega o con altri premi siano davvero i migliori non lo so. Sicuramente mi è capitato di leggere libri premiati che mi sono piaciuti e mi è anche capitato altrettanto spesso di leggere libri belli e non premiati. I diritti cinematografici di In bilico sul mare sono stati venduti sì, appena il libro è uscito.
Domanda d'obbligo, stai lavorando anche ad altre sceneggiature cinematografiche nel frattempo?
Sì, nel nostro lavoro si lavora sempre a più progetti contemporaneamente, perché c'è una curiosa giostra in cui un progetto parte e i produttori lo vogliono subito, lo vogliono pronto 'per ieri' come si usa dire, poi invece sul più bello si ferma. I motivi sono vari. Ma nel frattempo uno che si era fermato riparte di nuovo, sembra che l'indomani debba succedere tutto. E via così. A parte la giostra dei progetti che vanno e vengono, sto lavorando seriamente con Alessandro D'Alatri al progetto del film dal mio libro e poi vorrei cominciare a scrivere un nuovo romanzo. Di idee ne ho molte e aspetto che qualcosa scatti dentro di me per decidere di dedicarmi ad una piuttosto che un'altra. Ma la mia voglia è di cambiare, di scrivere una storia ambientata al nord. Magari con protagonista una donna. E magari non ai giorni nostri.
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