CINEMA E MUSICA
Alfredo Ronci
Basta co' 'ste ciance, questo è rock. Sinead O' Connor: 'How about I be me (and you be you)'.
'Sta storia che il rock è morto è un finto problema. Non credo si tratti di onorar cadaveri, ma piuttosto di capirne l'essenza. Se il rock lo intendiamo come partecipazione allora qualche dubbio sulla sua vitalità ce l'avrei pure io, se l'intendiamo come un'espressione essenzialmente culturale, allora mi pare che le cose stiano in modo diverso.
Prendiamo per esempio Sinead O' Connor, son passati ormai vent'anni da quando strappò in televisione la foto di papa Woytila (e apriti cielo, fu sonoramente fischiata anche durante un concerto-omaggio a Bob Dylan, tanto per dire come sono 'progressisti' 'sti americani) e ne sono passati di più dal capolavoro Lion and the Cobra, eppure le cose non sono cambiate granché: stesse sonorità, stessa ipnotica voce, stessa emozione. Se allora era considerata 'rock' non vedo perché non lo debba essere ora.
E' solo cambiata la fisionomia del volto: osservatela bene sulla prima di copertina. Leggermente ingrassata (un po' casalinga di Voghera a dir la verità, altro che icona 'rock'), ma molto più espressiva ed intensa del volto sbarazzino ed urlante dell'opera prima.
Dunque dov'è il problema? In realtà non c'è: How about I be me (and you be you) è uno dei dischi più belli in circolazione, che ti riconcilia col creato e con quello che ti circonda. E la O'Connor, pur matta come un cavallo (lo è, dài!), abbandonate per un momento le nenie indigene e le preci da religiosa non cattolica, si riscatta con un prodotto che ti scuote non solo per l'impegno civile, ma anche perché capisci che rappresenta, nonostante i tempi duri e perigliosi, quel che sempre uno ci si deve aspettare dalla musica.
Lei non demorde, se la prende con tutti , ovviamente col Vaticano, col potere, con la pedofilia (I senza padre, i senza madre, la devastazione di un bambino che a casa piange. Gli dirai che cosa ha fatto e cosa c'è dietro quella tenda di velluto, chissà, ma posso dire con certezza un volto che non è stato e non sarà mai baciato da 'V.I.P.) difende i più deboli, gli emarginati, i drogati, a cui da anche un filo di speranza (Io non voglio sprecare la mia vita che Dio mi ha dato e non credo che sia troppo tardi per salvarmi... da 'Reason with me').
Insomma la O' Connor è tornata più rock è battagliera di sempre: e la conferma della sua attenzione al mondo musicale viene dalla cover che dedica ad uno dei personaggi più vivi e spontanei del 'circuito, John Grant. Ricanta la sua deliziosa 'Queen of Denmark', piena di poesia e autoironia. Tutti e due dei losers, artisti che hanno trovato nelle canzoni la via più semplice ed appropriata per vivere le proprie fantasie e rielaborare le proprie convinzioni.
Che bella rinascita!
Sinead O' Connor
How about I be me (and you be you)
One little Indian - 2012
Prendiamo per esempio Sinead O' Connor, son passati ormai vent'anni da quando strappò in televisione la foto di papa Woytila (e apriti cielo, fu sonoramente fischiata anche durante un concerto-omaggio a Bob Dylan, tanto per dire come sono 'progressisti' 'sti americani) e ne sono passati di più dal capolavoro Lion and the Cobra, eppure le cose non sono cambiate granché: stesse sonorità, stessa ipnotica voce, stessa emozione. Se allora era considerata 'rock' non vedo perché non lo debba essere ora.
E' solo cambiata la fisionomia del volto: osservatela bene sulla prima di copertina. Leggermente ingrassata (un po' casalinga di Voghera a dir la verità, altro che icona 'rock'), ma molto più espressiva ed intensa del volto sbarazzino ed urlante dell'opera prima.
Dunque dov'è il problema? In realtà non c'è: How about I be me (and you be you) è uno dei dischi più belli in circolazione, che ti riconcilia col creato e con quello che ti circonda. E la O'Connor, pur matta come un cavallo (lo è, dài!), abbandonate per un momento le nenie indigene e le preci da religiosa non cattolica, si riscatta con un prodotto che ti scuote non solo per l'impegno civile, ma anche perché capisci che rappresenta, nonostante i tempi duri e perigliosi, quel che sempre uno ci si deve aspettare dalla musica.
Lei non demorde, se la prende con tutti , ovviamente col Vaticano, col potere, con la pedofilia (I senza padre, i senza madre, la devastazione di un bambino che a casa piange. Gli dirai che cosa ha fatto e cosa c'è dietro quella tenda di velluto, chissà, ma posso dire con certezza un volto che non è stato e non sarà mai baciato da 'V.I.P.) difende i più deboli, gli emarginati, i drogati, a cui da anche un filo di speranza (Io non voglio sprecare la mia vita che Dio mi ha dato e non credo che sia troppo tardi per salvarmi... da 'Reason with me').
Insomma la O' Connor è tornata più rock è battagliera di sempre: e la conferma della sua attenzione al mondo musicale viene dalla cover che dedica ad uno dei personaggi più vivi e spontanei del 'circuito, John Grant. Ricanta la sua deliziosa 'Queen of Denmark', piena di poesia e autoironia. Tutti e due dei losers, artisti che hanno trovato nelle canzoni la via più semplice ed appropriata per vivere le proprie fantasie e rielaborare le proprie convinzioni.
Che bella rinascita!
Sinead O' Connor
How about I be me (and you be you)
One little Indian - 2012
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