CINEMA E MUSICA
Magda Lanterna
Comunicare significa cambiare: Arrival
Una gioia per gli occhi e per le orecchie gli effetti studiati per dare il senso di alienità. Non parlo degli ectapodi, creature che rientrano nella migliore tradizione polipoide, pertanto ampiamente scontate. Mi riferisco, per l’aspetto visivo, alle panoramiche delle astronavi sospese sul paesaggio terrestre. Forme sobrie ma inconsuete, finalmente, per quel tocco di asimmetria e indefinibile levigatezza dei contorni che richiama l’atmosfera dei quadri di Magritte. Ugualmente indovinati, seppure meno originali, i suoni profondi e lenti, ancestrali, che accompagnano i momenti del contatto.
Per quanto riguarda la storia è bene citare il testo a cui essa è liberamente ispirata, Storia della tua vita, racconto di Ted Chiang. Questo per evitare l’ingenuità di certe recensioni che accusano il film di eccessivo psicologismo. La storia intima che scorre parallelamente agli incontri ravvicinati e che vede la protagonista in rapporto con la figlia durante l’infanzia di questa, è parte integrante, anzi pietra miliare del racconto.
Sulla trama preferisco evitare anticipazioni. Basti sapere che la protagonista è un’esperta in linguaggi ingaggiata per tentare una comunicazione con gli alieni e arrivare a comprendere ragioni e scopo del viaggio che li ha condotti sulla Terra. Bisogna anche far presto, prima che un attacco di nervosismo spinga il dito di qualcuno sul grilletto. Questione di tempo, ma il concetto di tempo va bene al di là del senso comune ed è proprio uno dei nodi di cui venire a capo.
Alla fine non si potrà fare a meno di ricordare l’intramontabile Ultimatum alla Terra di Robert Wise (1951) di cui è stato poi realizzato uno scialbo remake nel 2008 (recensito su questa rivista nella rubrica delle attualità da un’avvelenatissima Giovanna Repetto). Questo per quanto riguarda la parte sociopolitica, che è forse la parte più debole e frettolosa del film, insieme a qualche battuta tristemente banale su cui sorvolo. Per il resto offre la giusta dose di emozioni, opportunamente distribuite fra il versante avventuroso e quello dei sentimenti.
Regia:
Denis Villeneuve
Scenografia:
Jóhann Jóhannsson
Produzione: USA
Interpreti principali:
Amy Adams
Jeremy Renner
Forest Whitaker
Per quanto riguarda la storia è bene citare il testo a cui essa è liberamente ispirata, Storia della tua vita, racconto di Ted Chiang. Questo per evitare l’ingenuità di certe recensioni che accusano il film di eccessivo psicologismo. La storia intima che scorre parallelamente agli incontri ravvicinati e che vede la protagonista in rapporto con la figlia durante l’infanzia di questa, è parte integrante, anzi pietra miliare del racconto.
Sulla trama preferisco evitare anticipazioni. Basti sapere che la protagonista è un’esperta in linguaggi ingaggiata per tentare una comunicazione con gli alieni e arrivare a comprendere ragioni e scopo del viaggio che li ha condotti sulla Terra. Bisogna anche far presto, prima che un attacco di nervosismo spinga il dito di qualcuno sul grilletto. Questione di tempo, ma il concetto di tempo va bene al di là del senso comune ed è proprio uno dei nodi di cui venire a capo.
Alla fine non si potrà fare a meno di ricordare l’intramontabile Ultimatum alla Terra di Robert Wise (1951) di cui è stato poi realizzato uno scialbo remake nel 2008 (recensito su questa rivista nella rubrica delle attualità da un’avvelenatissima Giovanna Repetto). Questo per quanto riguarda la parte sociopolitica, che è forse la parte più debole e frettolosa del film, insieme a qualche battuta tristemente banale su cui sorvolo. Per il resto offre la giusta dose di emozioni, opportunamente distribuite fra il versante avventuroso e quello dei sentimenti.
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