RACCONTI
Francesco Scardone
Disperazione
Ci sono ricordi che non attingono solo alla memoria per essere rinnovati; si installano, prepotentemente, in un'area intermedia dell'essere: una specie di limbo tra la coscienza e quell'oblio che, forse, alla fine, meriteremmo. Un giogo, insomma, dal quale non c'è da sperare libertà.
Baahir, ad esempio, quella faccia l'avrebbe riconosciuta tra milioni.
Non solo per il vezzo di quel neo al lato dell'occhio destro, un inutile accanimento in quel viso già così perfetto. Non tanto per la bellezza sfrontata di quei lineamenti orgogliosamente sani, virilmente consapevoli – nonostante la mascherina che usava per i soccorsi la cosa era fastidiosamente evidente –, che facevano il paio con le sue deformità mal assortite.
Poiché, dopotutto, non era tanto un rimando fisionomico che faceva tornare quel volto nei suoi incubi ed, equamente, nei suoi sogni; quanto la certezza – incrociandolo inaspettatamente ora in mezzo alla folla l'ha capito chiaramente – che quella maschera, a ragione, o a torto, si fosse intromessa in qualcosa che non la riguardava. Qualcosa che, nonostante tutto, riguardava solo e solamente Baahir.
Lui sta ancora guardando la vetrina del negozio di giocattoli con la bambina sulle spalle; le indica qualcosa attraverso il vetro, sorridendo. Una giovane donna, probabilmente la moglie, gli sta dicendo una cosa all'orecchio.
Lo aveva tirato su con la prepotenza di chi, comunque sia, si prende la briga di scegliere per te. Rischiando a momenti di rompergli un braccio, lo aveva preteso dalla corrente che ciecamente lo portava altrove. Issandolo a bordo con l'aiuto di un altro paio di mani, lo aveva sottratto al ritmo sempre uguale delle onde, a quella melodia ripetitiva e costante che, ad ascoltarla bene, era un po' come la ninna-nanna che la mamma cantava sempre per loro quando erano bambini.
Non contento, aveva dragato acqua dai suoi polmoni finalmente arresi, aveva insistito con colpi sempre più forti sullo sterno. Lo aveva lasciato infine, a sputacchiare, sul fondo semi allagato del gommone, cosciente che, quella faccia che riemergendo aveva visto, sarebbe stata l'ultima cosa che avrebbe visto veramente.
Baahir non ricordava precisamente se gli avesse fatto anche la respirazione bocca a bocca. Se, arrogante come si era dimostrato valicando il muro del sogno e la sua unica possibile morte pur di portarlo indietro, si fosse permesso di corrompere anche il suo corpo all'epoca irreprensibilmente virginale: e non solo tutta la sua vita.
Quello che ricordava bene però, nonostante il fortissimo shock e l'acqua salata che sembrava corroderlo da dentro, era la gratitudine che si era annunciata come un pugno, quella sensazione di obbligata corrispondenza che, alzando la testa e vedendolo impegnato nella catena di montaggio della salvazione, aveva chiaramente sentito per lui prima di accasciarsi e perdere i sensi del tutto.
Ora che – stando anche a quello che gli avevano detto nei centri dove per un lungo periodo lo avevano tenuto – era libero di fare quello che voleva della sua vita, inequivocabilmente si rendeva conto di doverla ad un altro e che quindi, pure ad usarla bene, l'avrebbe al massimo vissuta a metà. Gli sarebbe bastata?!
Il primo impulso, a dire il vero, poco fa, afferrando il suo viso nel caos dell'ora di punta, vedendo emergere quei tratti delicati come una luce celeste dall'orgia quotidiana dell'ora del passeggio; il suo primo impulso era stato di abbracciarlo. Piangendo, immaginava, gli si sarebbe buttato ai piedi e poi, stringendogli le gambe, gli avrebbe chiesto umilmente cosa farne di se stesso, dove andare; a che croce appendersi: ora che lui l'aveva inchiodato alla vita.
Avrebbe seguito – come dopotutto già aveva fatto – le sue decisioni come il racconto più sincero e spassionato del suo proprio cuore; camminato attraverso le orme che lui avrebbe impresso a suo beneficio, nella più clamorosa fiducia di cui mai si sia sentito parlare.
Abbracciarlo, a quel punto, sarebbe stata una resa definitiva ma anche – finalmente! – un premio per tutti quei giorni che si era somministrato stoicamente. Una pomata per ogni pugno che aveva distribuito alle porte chiuse; ma anche a un bel po' di crani umani. Una garza per ogni ferita che si era auto-inflitto; e per tutte quelle che avevano aperto gli altri. Un antistaminico per ogni sternuto che si era comunque tenuto dentro, nonostante immaginava sempre che al prossimo sarebbe inevitabilmente scoppiato.
La sua indole fiera e insensibile ai compromessi si sarebbe finalmente piegata: se non sono in grado io di vivere la mia vita, dammi almeno una mano tu, che egoisticamente l'hai reclamata.
Così poco prima Baahir aveva pensato, disincarnando la visione del suo unico salvatore nel tramestio della folla.
Ora però l'uomo sta entrando nel negozio, appoggia prima la bambina per terra e le dà la mano piegandosi comicamente; scompaiono insieme nella porta scorrevole.
Attraversare il deserto, a soli sedici anni, gli sembrava adesso una gita di piacere. Quei terribili venti giorni di carcere in Siria, un ridicolo antipasto.
Perché, salvandolo, quell'uomo lo aveva scollato dalla sua vita più di ogni altra possibile sofferenza. Perché, quando un uomo come Baahir, sente di dovere qualcosa a qualcuno – e di che insanabile cambiale si era poi messo in debito! – lo odia con tutto se stesso: il dolore non è un gioco da ragazzi, e non si può certo pretendere di barattarlo come il denaro.
L'unica cosa che non gli era chiara era se il debito riguardasse la sua vita o la sua morte.
Gli aveva restituito una vita che spesso credeva di non volere o, piuttosto, gli aveva fabbricato una morte su commissione privandolo di quella che, tenendo almeno fede a quello che il mare professava, si era sul campo guadagnato?
Ma sì, aveva pensato solo pochi minuti prima; dopotutto lo avrebbe abbracciato: lui era un uomo felice, aveva una bimba, forse anche più di una, da portare a spasso la domenica; una moglie bella come un cesto di fichi che si spaccano tanto sono maturi; una salute innata di cui avrebbe dovuto rendere conto solo a Dio.
Se, insomma, su tutta quella terra c'era una persona che avrebbe meritato il suo abbraccio, beh: era proprio lui!
Ma poi, allora, vedendolo uscire dal negozio con un pacco in mano, la bambina tornata al suo posto sulle spalle, Baahir si accorge che non sarebbe sufficiente. Che non puoi sanare un debito rimettendoti alla misericordia del creditore. Che, tra uomini almeno, ognuno è responsabile di quello che fa.
Se lui lo aveva salvato, allora Baahir avrebbe risposto con l'unico pagamento possibile a quelle condizioni.
Si fa strada attraverso la ressa, guadagna l'altro marciapiede in modo da tenerlo meglio sott'occhio. Lui cammina piano; la bimba ciondola là in alto, la moglie si imbambola davanti alle vetrine dei vestiti.
È un uomo robusto, ben piantato; ma Baahir conosce la violenza della privazione, ogni singolo frutto che la follia raccoglie quando non c'è la speranza a contenderglielo.
Nella tasca interna della giacca, tastando, ritrova la superficie familiare del coltello, la consistenza dentellata del solo amico che ha mai avuto.
Superando un gruppo di mocciosi appena usciti da scuola, si rende conto però che non è una cosa da lui: così, da dietro, occultato nel delirio della folla. Una mano scattante a tradimento attraverso membra inconsapevoli.
Non si può attaccare alle spalle un uomo che non conosce nemmeno il suo nemico.
E la codardia, questo no: nessuno gliela potrà mai rinfacciare!
Il suo coraggio allora, che è più follia, gli suggerisce un metodo più onorevole: cercare un pretesto, lì in mezzo – una spinta, un'occhiata troppo disinvolta – e poi, preferibilmente lontani da figlia e moglie, vedersela uno contro uno, carne su carne.
Faccia a faccia – la stessa con la quale lo aveva ossessionato negli ultimi otto anni.
La soluzione gli sembra ragionevole; se lui non ha armi proprie, anche lui farà a meno della sua: gli caccerà fuori l'anima a pugni – lo ha già fatto una volta dopotutto, no?! – e, se necessario, si conquisterà il suo scalpo: da appendere al muro come monito per ogni aiuto non richiesto, per ogni mano che, se tesa, potrà al massimo essere tagliata.
Poi, in caso contrario, se sarà lui ad avere la meglio – non è del tutto da escludere vista la sua stazza – il suo debito, quello di Baahir, salirà al cielo e lì, anche se centuplicato, sarà comunque più facile da estinguere.
La morte, dopotutto, non lo ha mai spaventato; né, men che meno, quello che c'è prima – l'unica discriminante, in quel cervello indomito e butterato, è sempre discesa dal suo spirito selvaggio e febbrile. Dal diritto regale, nelle caverne guadagnato, degli uomini che non hanno paura di cibarsi di se stessi.
In quel modo, alla fine, pensa, darà una possibilità di riscatto anche a lui, che, così impegnato a salvare vite, non si accorge dello squilibrio che alimenta.
Baahir deve rallentare: la famiglia non è che a un paio di metri. Raccoglie le forze per prepararsi allo scontro: per la prima volta, dopo anni, sente di stare facendo la cosa giusta. Si sente felice. Un sorriso gli scappa dagli angoli delle labbra.
Si avvicina piano; probabilmente gli darà una spallata: ma il tutto non avrebbe lo stesso valore, se non si farà ispirare dall'improvvisazione del momento.
La bimba, nel frattempo, sta chiedendo di tornare a terra; l'uomo l'accontenta. Cercando di sottrarre alla stretta del padre il pacco al sicuro sotto al braccio, reclama la sua attenzione frignando, poi, quando il capriccio passa dal piagnucolante al riottoso, smette di chiamarlo papà e dice il suo nome.
Baahir, a quel punto, è a pochi centimetri. La spalla già pronta a menare il primo di molti colpi.
Si arresta.
La famiglia ricomincia a camminare. Bartolo ha concesso alla figlia di tenere in mano il pacchetto, ma senza aprirlo.
Baahir resta immobile per un po' nel flusso della folla; i ragazzini di poco prima, rincorrendosi, gli vanno a sbattere addosso. Un randagio gli annusa le scarpe.
Quando, un minuto buono dopo, Baahir riprende a camminare, è costretto ad affrettare il passo. Li raggiunge nell'ennesima delle loro soste, mentre l'uomo – Ba... qual era esattamente il suo nome?... l'ha già scordato... – è impegnato in un'altra contrattazione con la bambina.
Mentre è piegato tutto concentrato sulla figlia, Baahir gli sguscia alle spalle.
Con un’abile mossa, senza farsi notare, dalla tasca del jeans, gli ruba il portafoglio.
Baahir, ad esempio, quella faccia l'avrebbe riconosciuta tra milioni.
Non solo per il vezzo di quel neo al lato dell'occhio destro, un inutile accanimento in quel viso già così perfetto. Non tanto per la bellezza sfrontata di quei lineamenti orgogliosamente sani, virilmente consapevoli – nonostante la mascherina che usava per i soccorsi la cosa era fastidiosamente evidente –, che facevano il paio con le sue deformità mal assortite.
Poiché, dopotutto, non era tanto un rimando fisionomico che faceva tornare quel volto nei suoi incubi ed, equamente, nei suoi sogni; quanto la certezza – incrociandolo inaspettatamente ora in mezzo alla folla l'ha capito chiaramente – che quella maschera, a ragione, o a torto, si fosse intromessa in qualcosa che non la riguardava. Qualcosa che, nonostante tutto, riguardava solo e solamente Baahir.
Lui sta ancora guardando la vetrina del negozio di giocattoli con la bambina sulle spalle; le indica qualcosa attraverso il vetro, sorridendo. Una giovane donna, probabilmente la moglie, gli sta dicendo una cosa all'orecchio.
Lo aveva tirato su con la prepotenza di chi, comunque sia, si prende la briga di scegliere per te. Rischiando a momenti di rompergli un braccio, lo aveva preteso dalla corrente che ciecamente lo portava altrove. Issandolo a bordo con l'aiuto di un altro paio di mani, lo aveva sottratto al ritmo sempre uguale delle onde, a quella melodia ripetitiva e costante che, ad ascoltarla bene, era un po' come la ninna-nanna che la mamma cantava sempre per loro quando erano bambini.
Non contento, aveva dragato acqua dai suoi polmoni finalmente arresi, aveva insistito con colpi sempre più forti sullo sterno. Lo aveva lasciato infine, a sputacchiare, sul fondo semi allagato del gommone, cosciente che, quella faccia che riemergendo aveva visto, sarebbe stata l'ultima cosa che avrebbe visto veramente.
Baahir non ricordava precisamente se gli avesse fatto anche la respirazione bocca a bocca. Se, arrogante come si era dimostrato valicando il muro del sogno e la sua unica possibile morte pur di portarlo indietro, si fosse permesso di corrompere anche il suo corpo all'epoca irreprensibilmente virginale: e non solo tutta la sua vita.
Quello che ricordava bene però, nonostante il fortissimo shock e l'acqua salata che sembrava corroderlo da dentro, era la gratitudine che si era annunciata come un pugno, quella sensazione di obbligata corrispondenza che, alzando la testa e vedendolo impegnato nella catena di montaggio della salvazione, aveva chiaramente sentito per lui prima di accasciarsi e perdere i sensi del tutto.
Ora che – stando anche a quello che gli avevano detto nei centri dove per un lungo periodo lo avevano tenuto – era libero di fare quello che voleva della sua vita, inequivocabilmente si rendeva conto di doverla ad un altro e che quindi, pure ad usarla bene, l'avrebbe al massimo vissuta a metà. Gli sarebbe bastata?!
Il primo impulso, a dire il vero, poco fa, afferrando il suo viso nel caos dell'ora di punta, vedendo emergere quei tratti delicati come una luce celeste dall'orgia quotidiana dell'ora del passeggio; il suo primo impulso era stato di abbracciarlo. Piangendo, immaginava, gli si sarebbe buttato ai piedi e poi, stringendogli le gambe, gli avrebbe chiesto umilmente cosa farne di se stesso, dove andare; a che croce appendersi: ora che lui l'aveva inchiodato alla vita.
Avrebbe seguito – come dopotutto già aveva fatto – le sue decisioni come il racconto più sincero e spassionato del suo proprio cuore; camminato attraverso le orme che lui avrebbe impresso a suo beneficio, nella più clamorosa fiducia di cui mai si sia sentito parlare.
Abbracciarlo, a quel punto, sarebbe stata una resa definitiva ma anche – finalmente! – un premio per tutti quei giorni che si era somministrato stoicamente. Una pomata per ogni pugno che aveva distribuito alle porte chiuse; ma anche a un bel po' di crani umani. Una garza per ogni ferita che si era auto-inflitto; e per tutte quelle che avevano aperto gli altri. Un antistaminico per ogni sternuto che si era comunque tenuto dentro, nonostante immaginava sempre che al prossimo sarebbe inevitabilmente scoppiato.
La sua indole fiera e insensibile ai compromessi si sarebbe finalmente piegata: se non sono in grado io di vivere la mia vita, dammi almeno una mano tu, che egoisticamente l'hai reclamata.
Così poco prima Baahir aveva pensato, disincarnando la visione del suo unico salvatore nel tramestio della folla.
Ora però l'uomo sta entrando nel negozio, appoggia prima la bambina per terra e le dà la mano piegandosi comicamente; scompaiono insieme nella porta scorrevole.
Attraversare il deserto, a soli sedici anni, gli sembrava adesso una gita di piacere. Quei terribili venti giorni di carcere in Siria, un ridicolo antipasto.
Perché, salvandolo, quell'uomo lo aveva scollato dalla sua vita più di ogni altra possibile sofferenza. Perché, quando un uomo come Baahir, sente di dovere qualcosa a qualcuno – e di che insanabile cambiale si era poi messo in debito! – lo odia con tutto se stesso: il dolore non è un gioco da ragazzi, e non si può certo pretendere di barattarlo come il denaro.
L'unica cosa che non gli era chiara era se il debito riguardasse la sua vita o la sua morte.
Gli aveva restituito una vita che spesso credeva di non volere o, piuttosto, gli aveva fabbricato una morte su commissione privandolo di quella che, tenendo almeno fede a quello che il mare professava, si era sul campo guadagnato?
Ma sì, aveva pensato solo pochi minuti prima; dopotutto lo avrebbe abbracciato: lui era un uomo felice, aveva una bimba, forse anche più di una, da portare a spasso la domenica; una moglie bella come un cesto di fichi che si spaccano tanto sono maturi; una salute innata di cui avrebbe dovuto rendere conto solo a Dio.
Se, insomma, su tutta quella terra c'era una persona che avrebbe meritato il suo abbraccio, beh: era proprio lui!
Ma poi, allora, vedendolo uscire dal negozio con un pacco in mano, la bambina tornata al suo posto sulle spalle, Baahir si accorge che non sarebbe sufficiente. Che non puoi sanare un debito rimettendoti alla misericordia del creditore. Che, tra uomini almeno, ognuno è responsabile di quello che fa.
Se lui lo aveva salvato, allora Baahir avrebbe risposto con l'unico pagamento possibile a quelle condizioni.
Si fa strada attraverso la ressa, guadagna l'altro marciapiede in modo da tenerlo meglio sott'occhio. Lui cammina piano; la bimba ciondola là in alto, la moglie si imbambola davanti alle vetrine dei vestiti.
È un uomo robusto, ben piantato; ma Baahir conosce la violenza della privazione, ogni singolo frutto che la follia raccoglie quando non c'è la speranza a contenderglielo.
Nella tasca interna della giacca, tastando, ritrova la superficie familiare del coltello, la consistenza dentellata del solo amico che ha mai avuto.
Superando un gruppo di mocciosi appena usciti da scuola, si rende conto però che non è una cosa da lui: così, da dietro, occultato nel delirio della folla. Una mano scattante a tradimento attraverso membra inconsapevoli.
Non si può attaccare alle spalle un uomo che non conosce nemmeno il suo nemico.
E la codardia, questo no: nessuno gliela potrà mai rinfacciare!
Il suo coraggio allora, che è più follia, gli suggerisce un metodo più onorevole: cercare un pretesto, lì in mezzo – una spinta, un'occhiata troppo disinvolta – e poi, preferibilmente lontani da figlia e moglie, vedersela uno contro uno, carne su carne.
Faccia a faccia – la stessa con la quale lo aveva ossessionato negli ultimi otto anni.
La soluzione gli sembra ragionevole; se lui non ha armi proprie, anche lui farà a meno della sua: gli caccerà fuori l'anima a pugni – lo ha già fatto una volta dopotutto, no?! – e, se necessario, si conquisterà il suo scalpo: da appendere al muro come monito per ogni aiuto non richiesto, per ogni mano che, se tesa, potrà al massimo essere tagliata.
Poi, in caso contrario, se sarà lui ad avere la meglio – non è del tutto da escludere vista la sua stazza – il suo debito, quello di Baahir, salirà al cielo e lì, anche se centuplicato, sarà comunque più facile da estinguere.
La morte, dopotutto, non lo ha mai spaventato; né, men che meno, quello che c'è prima – l'unica discriminante, in quel cervello indomito e butterato, è sempre discesa dal suo spirito selvaggio e febbrile. Dal diritto regale, nelle caverne guadagnato, degli uomini che non hanno paura di cibarsi di se stessi.
In quel modo, alla fine, pensa, darà una possibilità di riscatto anche a lui, che, così impegnato a salvare vite, non si accorge dello squilibrio che alimenta.
Baahir deve rallentare: la famiglia non è che a un paio di metri. Raccoglie le forze per prepararsi allo scontro: per la prima volta, dopo anni, sente di stare facendo la cosa giusta. Si sente felice. Un sorriso gli scappa dagli angoli delle labbra.
Si avvicina piano; probabilmente gli darà una spallata: ma il tutto non avrebbe lo stesso valore, se non si farà ispirare dall'improvvisazione del momento.
La bimba, nel frattempo, sta chiedendo di tornare a terra; l'uomo l'accontenta. Cercando di sottrarre alla stretta del padre il pacco al sicuro sotto al braccio, reclama la sua attenzione frignando, poi, quando il capriccio passa dal piagnucolante al riottoso, smette di chiamarlo papà e dice il suo nome.
Baahir, a quel punto, è a pochi centimetri. La spalla già pronta a menare il primo di molti colpi.
Si arresta.
La famiglia ricomincia a camminare. Bartolo ha concesso alla figlia di tenere in mano il pacchetto, ma senza aprirlo.
Baahir resta immobile per un po' nel flusso della folla; i ragazzini di poco prima, rincorrendosi, gli vanno a sbattere addosso. Un randagio gli annusa le scarpe.
Quando, un minuto buono dopo, Baahir riprende a camminare, è costretto ad affrettare il passo. Li raggiunge nell'ennesima delle loro soste, mentre l'uomo – Ba... qual era esattamente il suo nome?... l'ha già scordato... – è impegnato in un'altra contrattazione con la bambina.
Mentre è piegato tutto concentrato sulla figlia, Baahir gli sguscia alle spalle.
Con un’abile mossa, senza farsi notare, dalla tasca del jeans, gli ruba il portafoglio.
CERCA
NEWS
-
6.12.2024
Giovanni Mariotti
La Biblioteca della Sfinge. -
12.11.2024
La nave di Teseo.
Settembre nero. -
12.11.2024
Tommaso Pincio
Panorama.
RECENSIONI
-
Giovanni Mariotti
I manoscritti dei morti viventi
-
Roberto Saporito
Figlio, fratello, marito, amico
-
Ivo Scanner
Monga - L'isola del dottor Viskorski
ATTUALITA'
-
La Redazione
Buon Natale e buon Anno.
-
Ettore Maggi
La grammatica della Geopolitica.
-
marco minicangeli
CAOS COSMICO
CLASSICI
CINEMA E MUSICA
-
Marco Minicangeli
La gita scolastica
-
Marco Minicangeli
Juniper - Un bicchiere di gin
-
Lorenzo Lombardi
IL NERD, IL CINEFILO E IL MEGADIRETTORE GENERALE
RACCONTI
-
Luigi Rocca
La passeggiata del professor Eugenio
-
Fiorella Malchiodi Albedi
Ad essere infelici sono buoni tutti.
-
Roberto Saporito
30 Ottobre