INTERVISTE
Edoardo Nesi
Può sembrare una domanda fasulla, ma ...Cristina, Beatrice, Caterina, ora Alice: perché nei tuoi romanzi c'è sempre una figura femminile essenziale?
Perché nella vita di tutti c'è sempre almeno una figura femminile essenziale. Perché cerco di scrivere della vita. Perchè scrivere al femminile mi toglie di mezzo ogni immediata identificazione con il personaggio e mi lascia libero di cercarne una più profonda.
Oppure c'è proprio un interesse letterario, recentissimo, per le ragazze? Penso all'ultimo romanzetto di Lidia Ravera, alla Terry di Francesca Ferrandino o alla "cosplay" di Michele Vaccari. (Riporto le mie ultime letture, ma non è detto che siano state le tue).
Non saprei. C'è sempre stato, comunque, direi. Non ho letto i libri che menzioni. Un bel libro con al centro una figura femminile è certamente broken barbie di Alessandra Amitrano.
Che differenza c'è tra il gruppo di amici di "Fughe da fermo" che organizzava un attentato in terra toscana e l'amico di Alice che diventa portavoce del comitato studentesco okkupante solo perché ho letto la biografia del Che e ho visto il suo film?
Questa è una bella domanda. La differenza è molto grande. I ragazzi di Fughe... stavano, in qualche modo e molto confusamente, a destra. L'amico di alice fa parte di quella schiera di ragazzi intelligenti che cadono vittime di una propaganda che ti chiede di idolatrare il Che senza nemmeno fartelo conoscere. Credo molto nel tentare di ritrarre l'estremismo politico, nei ragazzi. A volte da lì sorte pura letteratura.
Ma Alice è una qualunquista che se la prende col genitore perché ha combattuto negli anni della contestazione e si ritrova una figlia che lavora in un call-center, una "grillina" che volentieri griderebbe in una piazza il suo malcontento o un'inguaribile romantica?
Nessuna di queste cose. Alice è un personaggio nuovo. E' post tutte queste cose. Non crede nella politica eppure non riesce a non voler esprimere un pensiero che non grondi solo individualismo. Non crede nella possibilità di ricevere aiuto dagli altri, eppure ad essa anela. Si preoccupa per tutti. Soffre per tutti, anche, forse. In lei c'è una sensibilità comunitaria che riesce a sopravvivere pure nelle intemperie moderne.
Sei partito con la tua terra (Fughe da fermo), ti sei "inventato" una New York surreale (Ride con gli angeli) ora racconti nuovamente piccole storie. Cos'è una tua personale necessità di riflettere sulla vita, come faceva Alberto Colzi in "Figli delle stelle"?
Grazie per l'attenzione con cui mi segui. Con questo romanzo volevo uscire dalla Toscana, e soprattutto dai miei luoghi letterari consueti. Credo molto nel sentirsi e soprattutto nell'essere liberi di cambiare a ogni romanzo – cambiare proprio tutto - e ho scoperto di non averne paura.
Hai prodotto e girato un film. Com'è andata? Pensi di riprovarci?
Non l'ho prodotto. Lo produsse la Fandango. Io lo scrissi e lo girai. E' stata un'esperienza bellissima, che però oggi non ripeterei. C'è questa strana e difficile relazione, tra me e le immagini. Non faccio nemmeno i filmini ai miei figli, eppure ho fatto un film...
Anni fa, in un'intervista che ti ho fatto sul Paradiso cartaceo, ti confessai che la tua scrittura mi ricordava Sandro Veronesi. Non ne sono più sicuro. Quella di Veronesi è più scoppiettante, la tua più essenziale. Che ne dici?
A volte, in qualche libro, può sembrare davvero così. Ma le cose cambiano, vedrai...comunque grazie per il paragone con Sandro.
Domanda quasi marzullesca: che libro hai sul comodino?
Da un bel po' di tempo, non perché lo legga con fatica ma perché lo leggo e lo rileggo, The electric kool aid acid test, di Tom Wolfe.
Perché nella vita di tutti c'è sempre almeno una figura femminile essenziale. Perché cerco di scrivere della vita. Perchè scrivere al femminile mi toglie di mezzo ogni immediata identificazione con il personaggio e mi lascia libero di cercarne una più profonda.
Oppure c'è proprio un interesse letterario, recentissimo, per le ragazze? Penso all'ultimo romanzetto di Lidia Ravera, alla Terry di Francesca Ferrandino o alla "cosplay" di Michele Vaccari. (Riporto le mie ultime letture, ma non è detto che siano state le tue).
Non saprei. C'è sempre stato, comunque, direi. Non ho letto i libri che menzioni. Un bel libro con al centro una figura femminile è certamente broken barbie di Alessandra Amitrano.
Che differenza c'è tra il gruppo di amici di "Fughe da fermo" che organizzava un attentato in terra toscana e l'amico di Alice che diventa portavoce del comitato studentesco okkupante solo perché ho letto la biografia del Che e ho visto il suo film?
Questa è una bella domanda. La differenza è molto grande. I ragazzi di Fughe... stavano, in qualche modo e molto confusamente, a destra. L'amico di alice fa parte di quella schiera di ragazzi intelligenti che cadono vittime di una propaganda che ti chiede di idolatrare il Che senza nemmeno fartelo conoscere. Credo molto nel tentare di ritrarre l'estremismo politico, nei ragazzi. A volte da lì sorte pura letteratura.
Ma Alice è una qualunquista che se la prende col genitore perché ha combattuto negli anni della contestazione e si ritrova una figlia che lavora in un call-center, una "grillina" che volentieri griderebbe in una piazza il suo malcontento o un'inguaribile romantica?
Nessuna di queste cose. Alice è un personaggio nuovo. E' post tutte queste cose. Non crede nella politica eppure non riesce a non voler esprimere un pensiero che non grondi solo individualismo. Non crede nella possibilità di ricevere aiuto dagli altri, eppure ad essa anela. Si preoccupa per tutti. Soffre per tutti, anche, forse. In lei c'è una sensibilità comunitaria che riesce a sopravvivere pure nelle intemperie moderne.
Sei partito con la tua terra (Fughe da fermo), ti sei "inventato" una New York surreale (Ride con gli angeli) ora racconti nuovamente piccole storie. Cos'è una tua personale necessità di riflettere sulla vita, come faceva Alberto Colzi in "Figli delle stelle"?
Grazie per l'attenzione con cui mi segui. Con questo romanzo volevo uscire dalla Toscana, e soprattutto dai miei luoghi letterari consueti. Credo molto nel sentirsi e soprattutto nell'essere liberi di cambiare a ogni romanzo – cambiare proprio tutto - e ho scoperto di non averne paura.
Hai prodotto e girato un film. Com'è andata? Pensi di riprovarci?
Non l'ho prodotto. Lo produsse la Fandango. Io lo scrissi e lo girai. E' stata un'esperienza bellissima, che però oggi non ripeterei. C'è questa strana e difficile relazione, tra me e le immagini. Non faccio nemmeno i filmini ai miei figli, eppure ho fatto un film...
Anni fa, in un'intervista che ti ho fatto sul Paradiso cartaceo, ti confessai che la tua scrittura mi ricordava Sandro Veronesi. Non ne sono più sicuro. Quella di Veronesi è più scoppiettante, la tua più essenziale. Che ne dici?
A volte, in qualche libro, può sembrare davvero così. Ma le cose cambiano, vedrai...comunque grazie per il paragone con Sandro.
Domanda quasi marzullesca: che libro hai sul comodino?
Da un bel po' di tempo, non perché lo legga con fatica ma perché lo leggo e lo rileggo, The electric kool aid acid test, di Tom Wolfe.
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