RACCONTI
Claudia Bruno
Escluso il cane
Era una di quelle sere il gelsomino in gola, una di quelle la strada buia, una sera “che ci faccio qui”, di quelle che se torni a casa non ti aspetta nessuno. Hai presente i single? Ecco non pensare che la cosa non ti riguardi, siamo tutti single pure quando siamo appaiati e collettivi e se ti concentri bene puoi sentirla chiara in petto quella bestia sola sola che si arrotola la coda-sciarpa intorno, si accuccia buona, e aspetta randagia, aspetta niente, che non s’accoppia a niente. Mentre guidi vedi, e vedi le vie dormitorio, vedi nessuno, t’infili nella desolazione come fosse una tuta, e cerchi, cerchi agli angoli, dentro gli spigoli, tra ombra e ombra, sotto ai coni luminosi artificiali. Finché non ti accorgi che vuoi qualcosa, e quello che vuoi è pizza, non chiedi mica la luna. Fai una riunione breve tra te e te e decidi che finirai le tue monete residue mangiando farina cotta con mozzarella e pomodoro a morirne, con tanto di bocca unta d’olio, uno di quei pensieri che prendono forma a pancia vuota. Ci sono tante incertezze. La pizza no. La pizza ti salva la giornata da quando ti sono spuntati i denti nelle gengive, da prima di saperla pronunciare correttamente. E le giornate da salvare si moltiplicano fin da subito. Il mondo ha bisogno di pizze, ma tante. Che ti ridi. Comunque per tornare a quello che era, era una di quelle sere che scopri la rosticceria nascosta sotto la luce fioca, tanto fioca che non l’avevi ancora mai notata. Allora inchiodi, parcheggi, e entri. Una margherita, dici così. La ragazza annuisce, poi si rivolge alla donna accanto a te, che ha l’aria disperata, forse la tua stessa aria per essere quasi le undici di sera e non aver ancora cenato. La ragazza pronuncia una sequenza fonetica che l’abbracceresti solo perché erano cent’anni che cercavi quell’espressione per nominare qualcosa che non ti piace, e chiede: te l’accoppio? – dicesi te l’accoppio il gesto di tagliare un pezzo di pizza in due metà e successivamente sovrapporle una sull’altra. Tiri un sospiro di sollievo. Ecco, tu sai cosa non vuoi, e non vuoi la pizza accoppiata. Vuoi la pizza single. Con la mozzarella ancora composta e rivolta al mondo. L’accoppiamento della pizza distorce ogni cosa. Ingabbia i condimenti. Se forzi la serratura tutto pende da una parte o dall’altra, uno dei due lati resta sprovvisto di contenuto. Ciò è fastidioso, oltre che inopportuno, e se vogliamo sconveniente. Infatti, no, dice la signora, non me l’accoppiare, dammela sola. Così, ragionando sulle pizze sole apri il giornale, uno di quelli che quando inizi a leggere ti sembra d’entrare in un bar e poter sentire le persone cosa dicono. E leggi del concorso “miss super mamma” che si è tenuto la settimana scorsa, a cui hanno partecipato cinque donne “aggiustate” dalla parrucchiera ufficiale dell’evento. E leggi che hanno sfilato vestite da casalinghe con i matterelli e i grembiuli, suscitando molti applausi per il fatto di cucinare e lavorare. E poi per mano ai loro figlioli, commovendo la platea per il fatto di cucinare lavorare e figliare. E infine insieme a una modella alta e magra con i tacchi contro il femminicidio, per il fatto che nel duemilaquattordici un po’ di sfilate contro il femminicidio ci stanno bene, a prescindere. E mentre tu, da anni impegnata invano nella lotta al mito di wonderwoman, ricominci a leggere due, tre, quattro volte per capire cos’è che non fila, e com’è che ci sono ancora tutti questi cerchi che non quadrano e quadri che non cerchiano, la pizza arriva. È una pizza che non la vedi, ti aspetta dentro la scatola di cartone senza pretese, tranne una, gustarsi l’espressione che assumerai quando il coperchio si volterà dall’altra parte. Fa così da tempi immemori, fuma per ingannare l’attesa, e non s’accoppia a niente. Dal vapore la riconosci già, è una pizza randagia, una pizza single, che ti dice ti amo, escluso il cane.
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