ATTUALITA'
Giovanna Repetto
Festival di Valico 2020
Si è svolto a Roma in due giornate, 22 e 23 febbraio, il Festival di Valico, ospitato nella Città dell’Altra Economia al Mattatoio di Testaccio. Un editore coraggioso, visionario quanto basta, ha portato per la prima volta a Roma quella fiera del libro fantastico che in altre città è già consuetudine. Come Milano, ad esempio, dove Stranimondi fa il pieno ogni anno. Ne abbiamo trattato a suo tempo qui sul Paradiso. L’editore che ha inaugurato l’iniziativa romana è Ivan Alemanno, della Watson. Nella sua organizzazione ha voluto calcare le orme del già collaudato Stranimondi, aggiungendovi però un suo tocco personale. Oltre all’esposizione di libri, alle presentazioni e agli incontri con ospiti qualificati, il festival è stato animato da musica folk, seminari sulle erbe officinali, esibizioni di giocolieri e di mentalisti. E poi crononauti steampunk, illustratori che dipingevano dal vivo, giochi da tavolo e di ruolo.
Una grande festa, ma dentro l’allegra cornice anche una bella sostanza. Abbiamo assistito a interventi di alto livello. Fra gli ospiti non sono mancati nomi storici della fantascienza italiana come Gianfranco De Turris e Sebastiano Fusco che hanno parlato di Lovercraft, lo scrittore e l’uomo, così come si rivela nel suo epistolario al di là di tanti luoghi comuni. Franco Forte, curatore di Urania per Mondadori, ha fatto il punto sull’attuale stato dell’arte, confermando la buona novella che aveva già portato a Stranimondi: la fantascienza italiana è agli inizi di un’età dell’oro che trova sempre nuove conferme. (Svenimenti in sala fra noi addetti ai lavori). Francesco Gungui ha tenuto un seminario di scrittura creativa, e Mariano Tomatis ha molto brillantemente intrattenuto il pubblico sulla storia di un vero o presunto tesoro. Tea Blanc, giornalista e scrittrice, ha presentato il professor Paolo Musso, docente che si occupa del rapporto fra scienza e fantascienza. Emanuela Valentini ha condotto una vivace intervista a Leonardo Patrignani, mentre Lorenzo Crescentini ha intervistato Paolo Di Orazio estraendo dall’autore di horror tutta la simpatia del lato umano. Lukha Kremo, insieme a Sandro Battisti e Ksenja Laginja, a nome della Kipple Officina Libraria ha consegnato a una rappresentante di Medici Senza Frontiere il ricavato del volume di poesie “Aleppo c’è”. Sandra Silvestroni ha fatto irruzione con i suoi amici crononauti portando una suggestiva ventata steampunk. Gli illustratori di Dark Zone intanto dipingevano dal vivo immagini dai colori visionari, da devolvere poi a una buona causa. Silvio Sosio, editore della Delos, dopo essere stato l’apripista di tante coraggiose iniziative, è arrivato a portare la sua benedizione oltre a numerosi libri del suo catalogo. Giulia Abbate ha animato due panel, su Utopia e Distopia e sulla scrittura femminile. E ha contribuito con Nicoletta Frasca a gestire un banco libreria, la Città dei Libri, che ha avuto il merito di offrire i più significativi prodotti degli editori non presenti alla fiera. Alberto Panicucci ha rappresentato l’associazione RiLL con l’esposizione delle antologie nate dal prestigioso trofeo omonimo, arrivato ormai alla ventiseiesima edizione. Era raggiante e giustamente fiero di aver aperto la strada a tanti giovani scrittori, che facendosi conoscere attraverso il concorso hanno potuto affacciarsi al mondo editoriale. Quanto ho descritto, estrapolandolo dalla mia esperienza diretta nell’ambito del festival, è solo un assaggio del ricco menu a cui si poteva attingere.
Queste sono le belle notizie, e trattandosi di una prima edizione del festival non ci si può lamentare. Inevitabilmente c’è stato anche qualche punto debole. L’osservazione più immediata è stata la scarsità di indicazioni che guidassero i visitatori dalle soglie dell’ex Mattatoio fino alla fiera vera e propria. Un problema spicciolo, se vogliamo, ma che ha la sua importanza. La visibilità, in generale, non è stata tale da fare abbastanza presa su un pubblico che a Roma è già distratto da una messe di altre iniziative. La frequenza c’è stata, ma non quanta un evento simile avrebbe meritato. Un altro appunto si può fare sulla gestione del programma. Oltre agli eventi annunciati, si sono svolte una serie di iniziative estemporanee, anch’esse valide ma passate quasi inosservate perché non ufficialmente elencate né pubblicizzate al momento debito.
Ne parlo con Ivan Alemanno, l’organizzatore del festival. Gli chiedo un bilancio. Mi guarda con i suoi occhi di cielo e di ghiaccio: l’innocenza di un bambino insieme alla determinazione di un killer seriale. Infatti ci riproverà, ancora e ancora. Ma è già contento: la macchina che sognava si è messa in moto, si tratta solo di perfezionarla. Gli addetti ai lavori hanno risposto con entusiasmo. Il pubblico si è affacciato timidamente, ma già si sente che c’è. Work in progress.
Una grande festa, ma dentro l’allegra cornice anche una bella sostanza. Abbiamo assistito a interventi di alto livello. Fra gli ospiti non sono mancati nomi storici della fantascienza italiana come Gianfranco De Turris e Sebastiano Fusco che hanno parlato di Lovercraft, lo scrittore e l’uomo, così come si rivela nel suo epistolario al di là di tanti luoghi comuni. Franco Forte, curatore di Urania per Mondadori, ha fatto il punto sull’attuale stato dell’arte, confermando la buona novella che aveva già portato a Stranimondi: la fantascienza italiana è agli inizi di un’età dell’oro che trova sempre nuove conferme. (Svenimenti in sala fra noi addetti ai lavori). Francesco Gungui ha tenuto un seminario di scrittura creativa, e Mariano Tomatis ha molto brillantemente intrattenuto il pubblico sulla storia di un vero o presunto tesoro. Tea Blanc, giornalista e scrittrice, ha presentato il professor Paolo Musso, docente che si occupa del rapporto fra scienza e fantascienza. Emanuela Valentini ha condotto una vivace intervista a Leonardo Patrignani, mentre Lorenzo Crescentini ha intervistato Paolo Di Orazio estraendo dall’autore di horror tutta la simpatia del lato umano. Lukha Kremo, insieme a Sandro Battisti e Ksenja Laginja, a nome della Kipple Officina Libraria ha consegnato a una rappresentante di Medici Senza Frontiere il ricavato del volume di poesie “Aleppo c’è”. Sandra Silvestroni ha fatto irruzione con i suoi amici crononauti portando una suggestiva ventata steampunk. Gli illustratori di Dark Zone intanto dipingevano dal vivo immagini dai colori visionari, da devolvere poi a una buona causa. Silvio Sosio, editore della Delos, dopo essere stato l’apripista di tante coraggiose iniziative, è arrivato a portare la sua benedizione oltre a numerosi libri del suo catalogo. Giulia Abbate ha animato due panel, su Utopia e Distopia e sulla scrittura femminile. E ha contribuito con Nicoletta Frasca a gestire un banco libreria, la Città dei Libri, che ha avuto il merito di offrire i più significativi prodotti degli editori non presenti alla fiera. Alberto Panicucci ha rappresentato l’associazione RiLL con l’esposizione delle antologie nate dal prestigioso trofeo omonimo, arrivato ormai alla ventiseiesima edizione. Era raggiante e giustamente fiero di aver aperto la strada a tanti giovani scrittori, che facendosi conoscere attraverso il concorso hanno potuto affacciarsi al mondo editoriale. Quanto ho descritto, estrapolandolo dalla mia esperienza diretta nell’ambito del festival, è solo un assaggio del ricco menu a cui si poteva attingere.
Queste sono le belle notizie, e trattandosi di una prima edizione del festival non ci si può lamentare. Inevitabilmente c’è stato anche qualche punto debole. L’osservazione più immediata è stata la scarsità di indicazioni che guidassero i visitatori dalle soglie dell’ex Mattatoio fino alla fiera vera e propria. Un problema spicciolo, se vogliamo, ma che ha la sua importanza. La visibilità, in generale, non è stata tale da fare abbastanza presa su un pubblico che a Roma è già distratto da una messe di altre iniziative. La frequenza c’è stata, ma non quanta un evento simile avrebbe meritato. Un altro appunto si può fare sulla gestione del programma. Oltre agli eventi annunciati, si sono svolte una serie di iniziative estemporanee, anch’esse valide ma passate quasi inosservate perché non ufficialmente elencate né pubblicizzate al momento debito.
Ne parlo con Ivan Alemanno, l’organizzatore del festival. Gli chiedo un bilancio. Mi guarda con i suoi occhi di cielo e di ghiaccio: l’innocenza di un bambino insieme alla determinazione di un killer seriale. Infatti ci riproverà, ancora e ancora. Ma è già contento: la macchina che sognava si è messa in moto, si tratta solo di perfezionarla. Gli addetti ai lavori hanno risposto con entusiasmo. Il pubblico si è affacciato timidamente, ma già si sente che c’è. Work in progress.
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