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Il Paradiso degli Orchi
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INTERVISTE

Guido Leotta

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Quali sono le più segrete origini della collana "Carta da Musica"?



"Carta da Musica" e in particolare progetti come Piano Delta Blues nascono dalla doppia anima della casa editrice e della cooperativa. Già nel 1985 la nostra prima rassegna di incontri con gli autori (Letteratutti) metteva insieme ospiti capaci di coniugare le parole con le note (jazz, blues, classica ...). In Italia, all'epoca, non lo faceva nessuno, e a tutt'oggi credo che siamo ancora abbastanza unici per la volontà e la capacità di abbinare letteratura & musica, entrambe originali, create apposta per l'occasione, e affidarle ad attori che si mettono in gioco senza paura e collaborano con musici che a loro volta si mettono al servizio dell'idea, e il cd diventa in seguito anche spettacolo teatrale.



Oggi come oggi pullulano libri parlanti e letture sonore di ogni genere. Ma mi pare che la vostra sia una cosa diversa.



Sì, non ci interessa mettere insieme Rava che suona su un racconto di Camilleri letto da Fiorello. Per cose simili basta avere un pacco di quattrini! Che noi non abbiamo, d'altra parte, e quindi ... Ci interessa suggerire una "terza via" che assolutamente non vuole sostituire il libro "classico" né tanto meno imporre la colonna sonora che ognuno può costruirsi privatamente. Quello che vogliamo è semplicemente creare una sorta di "indicazione" sommando la sensibilità interpretativa di autore, attore e suonatori.



Come reagisce il pubblico a questo tipo di lavoro?



La collana nasce nel 1994, ma onestamente è solo da poco tempo che qualcuno se ne è accorto (complice, finalmente, un piccolo ramo della critica che si sbilancia in questo senso! Per snobismo, o per la paura di dire sciocchezze, finora, erano davvero pochi quelli capaci di guardare a questi progetti con occhio "sereno"). Anche in libreria, dove i librai non sapevano come collocare l'oggetto, stanno nascendo settori appropriati. E il pubblico, quando scopre, apprezza (la maggior parte degli acquisti sono al termine delle repliche dal vivo).



In 'Piano Delta Blues' colpisce la coralità, la complementarietà , l'impressione di un clima di felicità inventiva in cui tutti sono protagonisti. Si ha la sensazione che tutto questo nasca più da un moto spontaneo che da un lavoro di testa. Qual è il collante che cementa la vostra coesione?



Per Piano Delta la magia è scattata per via della grande amicizia che mi lega a Giampiero Rigosi, amicizia che risale a tempi "non sospetti" (quando nessuno era ricco e famoso e attorniato da splendide fanciulle ... Cosa che a me personalmente riesce ancora, a meraviglia!). Insieme avevamo già allestito "Allucinescion", uno splendido racconto che Rigosi ha scritto dedicandolo a Chet Baker (ma un Chet Baker assolutamente imprevedibile!). E poi c'è l'enorme stima verso un attore camaleontico come Matteo Belli (al di là della collaborazione con noi: dovrebbe avere già un suo spazio ben oltre i confini emiliano-romagnoli! Capace di passare dal dramma alla farsa, credibile comunque. Una preparazione, una sensibilità e una versatilità non comuni ...). Aggiungi a questo l'ormai ventennale rapporto che mi lega coi musicisti del Faxtet, ed ecco che Piano Delta è stata un'avventura lieve e travolgente. Ci siamo divertiti, e abbiamo la speranza di incontrare quegli ascoltatori curiosi che un progetto simile ci pare meritare.



Come vi è venuta l'idea di lavorare insieme?



Ecco, per dirti: a me e Rigosi piace il jazz, e il blues. Ci piacciono le storie "minime" che però si muovono "alla grande". E già avevamo collaborato per un paio di altri spettacoli. Col Valentini trombettista, poi, capita che l'ho visto crescere. E non scherzo: il primo gruppo nel quale abbiamo suonato insieme nacque nel 1986, quando lui aveva diciannove anni e io neanche trenta. Da allora non abbiamo mai smesso di soffiare nella stessa sezione fiati: blues, rhythm'nblues, jazz, letteratura e musica, canzone d'autore ... Siamo reduci da tre giorni a Londra dove abbiamo registrato 3 tracce sul nuovo disco del chitarrista e cantante Tony Maude. Ne abbiamo approfittato per qualche birra e un po' di salmone affumicato ...

Nel frattempo il figlio di Giampiero (Ismaele) e il mio Rolando (sedici anni in due) hanno stretto un patto d'acciaio, e nonostante la distanza (per loro: grande) tra Bologna e Faenza stanno curando, a puntate, una loro storia che dovrebbe diventare un film. Nelle loro intenzioni, per lo meno ... Noi non ce ne preoccupiamo troppo, e ne approfittiamo (quando i pargoli si devono assolutamente incontrare) per metter in fresco qualcosa, e fare buone chiacchiere nel giardino di casa Rigosi (fuori dal centro, beati sotto alberoni secolari). Io di solito porto il gelato, c'è un posto qua a Faenza dove lo fanno secondo i crismi dell'alta pasticceria ...



E che mi dici dello spleen del Delta padano? C'è il paesaggio con un che di inquietante, c'è come una sorta di torpore provinciale, di nostalgia d'altro. Ma poi c'è la vitalità della musica, la creatività, un particolare gusto della vita, a cui non è estranea la buona tavola. Che mi dici di questa provincia?



La storia è nata proprio parlando del fascino dei luoghi, e di un localino (te lo raccomando: era ancora in terra battuta fino a pochi anni fa. Poi l'ufficio di igiene ... Sai, le cose moderne?) dove con 5.000 lire potevi mangiare "no limits" valangate di carne alla griglia, e fiamminghe di pasta fatta in casa. Il vino, poi, era a disposizione sulle scaffalature: l'unico obbligo, per il bevitore, segnare col gesso una crocetta per ogni bottiglia sturata sulla lavagnetta che l'oste consegnava all'ingresso ...

A onor del vero, devo aggiungere anche un po' di malinconia e "solitarietà" (altrimenti, magari, potrebbe sembrare che qui passiamo tutto il tempo all'osteria intonando canzonacce e palpando natiche di passaggio). E ancora il brivido che viene dalla nebbia, e non sto parlando solo del freddo, ma di qualcosa di ancestrale che (soprattutto noi della bassa padana) ci portiamo dentro. E altro ancora, di sicuro: raccontare storie, suonando. Cantare una melodia, scrivendo. Due sogni, due necessità, due obiettivi che (in maniera assai diversa, come autori singoli, e però complementare, come "coppia") io e Rigosi stiamo portando avanti da un po' di tempo.



Veniamo al campo dell'editoria, in cui prodighi la tua fatica da tanto tempo. Immagino che tu possa fare un bilancio di gioie e dolori. Cominciamo dai dolori, se ce ne sono.



Be', inevitabilmente qualche volta lo sconforto arriva: in questi venticinque anni (a prescindere da quel che è stata capace di fare la piccola Mobydick), ho visto diversi palloni gonfiarsi, svolazzare per qualche stagione, scomparire. Altri sono ancora lì, in prima pagina ... Invece parecchia gente capace di scrivere, voglio dire: con la necessità e qualcosa di davvero tosto da raccontare, non riesce a emergere dalla "nicchia" ...

Forse è sempre andata così, niente di nuovo sotto i cieli (Eraldo Baldini, ironico, sostiene che scrivere è la meno, poi bisogna avere due/tre vite almeno per essere ovunque a promuoversi) ma il rammarico viene dalla rapidità con la quale in tanti saltano sulle "contingenze" più spudorate (mode, filoni, correnti, elezioni ...) senza nessuna vergogna, mentre la progettualità ed il rigore non paiono significare granché per nessuno.



E c'è almeno qualche gioia?



Nei momenti di "ottimismo sfrenato" sono orgoglioso di aver incontrato persone davvero in gamba, e di aver condiviso con loro un pezzo di strada, o addirittura un'amicizia che dura nel tempo. Potrei tentare di fare i nomi, ma dimenticherei qualcuno e non mi pare l'occasione, questa, per le smemoratezze! Di sicuro: il mondo dei libri e della musica rimane più piacevole di quello della miniera ... E quindi mi ritengo fortunato, e se tornassi indietro penso che rifarei la stessa strada. Magari cercando di evitare qualche sciocchezza, sbadataggini, cazzate vere e proprie dovute a miopia o ingenuità (ma sempre in buona fede, giuro).



Progetti per il futuro?



Per il futuro? Spero che le energie e la curiosità rimangano ben fornite. Ci sono così tante strade ancora da percorrere: quella della letteratura e musica, per esempio, che può mostrare ulteriori sorprese significative, intuizioni, complicità (anche internazionali: abbiamo lavorato con scrittori "d'oltr'alpe" come Sylviane Dupuis e Willem M. Roggeman, ed è una magia da brividi vedere come le differenze culturali e linguistiche si superino d'un balzo, in queste occasioni. E mi prendo pure il rischio di apparire retorico: semplicemente si tratta della verità, e stop!). E anche quella delle lingue "minoritarie": Mobydick è la casa editrice europea con più titoli tradotti dal gallese, ma soprattutto (al di là della quantità) di altissimo livello letterario.

Fiamminghi, catalani, irlandesi, scozzesi, sloveni (abbiamo appena "importato" due straordinarie poetesse come Alja Adam e Vanja Strle grazie a Jolka Milic, traduttrice immensa e che ancora oggi, a quasi 85 anni, può tranquillamente battermi nella corsa ad ostacoli ...).

Rischio di non finire più. E tanti sono i nomi, gli episodi, le pubblicazioni, le incisioni che mi fanno dire: "Un gran bel mestiere, questo. Costellato di fatiche, sì, ma quanta straordinaria gente s'incontra lungo strada". Concludo scoprendo l'acqua calda? Sono convinto dal profondo che, se s'investisse di più in cultura, la vita sarebbe più pacifica, tollerante, gentile. Per tutti.





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