DE FALSU CREDITU
Pröpylæüs Schwäch-Schwänzbfëldtdt
I Pìrlipon - un segnale forte nell'etnologia degenerativa
Bonobo University Press - Tropicàna U. E. , Pag. 138 Euro 13,00
Dopo aver donato al mondo de' dotti la monumentale Etologia umana e subumana (voll. I-XVII, Pende e Landra, Torino 2002), e dopo quel fondamento de' dotti ch'è la monografia sulla tribù mesafricana dei Dyrbàl (Der Erregte Volk und seinen kindern-überraschung, Eisenkreuz mit Haken Verlag, Munich-Kellelager 2003) il più grande etologo vivente (riconosciuto) presenta in questo agile volumetto, magistralmente tradotto dall'inglese (il professore è perfettamente bilingue, oltre che esperto di lingue primitive) da Claurìna Tapecci Bùrliwap, una curiosa e finora sconosciuta tribù di ceppo pigmeo ed etnìa !HansKung, che conta un po' più di mille esemplari. Essa vive di caccia al celerù (antilopaea deficiens, var. doriana), pesca del folcacchièro (monsnaeviosus stercacea Finsii) e del gimnopèdio (gymnopaedium disponibilis Senectutii), e raccolta - stranamente, non del tubero della bokassa (bonapartea manìoca Linnaei) ch'abbonda in quei lidi e nutrìca le popolazioni circostanti, bensì del raro tartufo fregnacciaro (tuber magnatum Pico var. hypocritea Molierus), che, nella bivariante mediterranea, è il taratuffo del nostro Meridione.
Bene: questo minuscolo congregato umano riveste interesse siccome ha usi che dir singolari è eufemista. Primieramente, non hanno alcuna Divinità, né credo, neppure l'animistico, che fiorisce nelle civiltà del circondario - e che son derise dai Pìrlipon, che le individuano con una parola della loro lingua che suona "abo!kònyi", e non è un complimento. Già questo testimonia della loro arretratezza e selvaticheria: ma ben altre costumanze hanno, di molto speciali e sorpresive. E lasciamo la parola all'Autore: "Il mio primo contatto con i minuscoli selvaggi avvenne in circostanze che non esito a ritenere eccezionali. Accompagnato solo dal mio fedele K!-Andaulé, interprete e portatore, e da Nelson Lehnenstahl, il mio capace operatore, giungemmo nel primo pomeriggio sull'altura prospiciente la gola di M!ndway Obaow. Qui scovàmmo alcune decine di nativi Pìrlipon fuori le loro semplicissime case, che non sono altro che tettoie d'erba "!k-haa" intrecciata, e rimanemmo stupefatti. Nonché mostrare sorpresa per il nostro arrivo, come avviene di solito coi negri della Badulance, ci snobbarono, e non smisero neanche per un momento quella che nel prosieguo scoprimmo essere la loro principale, se non unica (a parte mangiare e dormire) occupazione". (pp. 46-8) Quale sia questa occupazione, anzi, occupazioni, per pudore lo studioso riporta in latino,(*) che traduciamo: "Ogni vecchio, uomo, donna, bambino, era preso a copulare con un altro membro (senz'ironia) della tribù. Né barriere d'età né di sesso né di condizione parevano esserci a questi coita characteristici universalibus ("allgemeine kopulationen" - nella maniera di Weiss): e qui una giovane madre masturbava il suo figliolino che tettava, e lì un adulto sfregava il proprio pene sul pòdice di un fanciullino sorridente, e qua una vecchina veniva impegnata in un "syntagma trios copulatorius" da due giovinotti, e là un anziano con tutta l'apparenza di un Caio Papirio cunnilinguava alternativamente la nonna, la mamma e le figlioline della medesima famiglia". (ivi)
Ripresosi dallo stupore, e impedite ulteriori riprese al cameraman, (il professore è presidente onorario dell'associazione Abwehr, che combatte le internazionali di maniaci e i propagadisti loro fiancheggiatori, e promuove la lotta alla sedicente cultura libertaria e giustificazionista), nondimeno la sua tempra di scienziato prese il sopravvento. Dopo esser scampato a diversi tentativi di seduzione - anche da parte di bimbi vestiti d'un solo laccio di cuoio alla vita -, il professore, malgrado l'incessante movimento erotista, cercò d'instaurare un dialogo con il capo tribù. Si chiarì a fatica che i Pìrlipon non avevano capi di sorta, per il semplice motivo che tra loro non v'erano mai conflitti. Ecco dunque che il prode ingegno dell'eminente etnologo di scuola germanico-sociale-nazionale e orientamento verso la vita partorì una prima ipotesi: quella gran confricazione altro non era proprio che un sistema per mantenere la pace sociale e il rispetto delle naturali gerarchie che, pure nelle più arretrate fra le tribù arretrate, s'instaurano a marcare la differenza di sangue e suolo tra i migliori e gli altri. Ma, fosse così stato, all'osservazione imparziale dell'etnologo si sarebbe presentata una casistica in cui gli adulti, profittando della differenza di forza e furbizia e contando sul meccanismo inconscio che fa identificare i bambini con i loro aggressori, avrebbero violato i minori, che, com'è noto, dell'ordine di beccata in ogni società occupano l'ultimo gradino. Se, cioè, ci fosse stata una ragione gerarchica in quell'inesausto copulare, i vecchi avrebbero preso gli adulti, e questi avrebbero profittato le donne e i bambini, e così via. Purtroppo, non era ciò che si osservava: bimbi anche piccolissimi penetravano "in utroque" genti ben più adulte, e giovani imponevano ad àvoli e arcàvoli le loro basse voglie - gratificandoli poi con un sorridente "grazie, arcàvolo" (cfr. i diurnaria anthropologica del Cornabò). L'ipotesi dove' dunque venir abbandonata: né ci si poteva rifare alla solita spiegazione riproduttiva, giacché la maggior parte per non dire la quasi totalità degli scambi non avevano fine incrementale della razza. Né peraltro, nota l'Autore, il concetto di "razza", né addirittura quello di "popolo" aduggiava fra cotesti babbioloni e badaloni. Onestamente, lo studioso, nelle pagine conclusive (cfr. pp. 125 e segg.) del suo acutissimo saggio, dà questo comportamento come inspiegabile, limitandosi impassibile a riportare la spiegazione mitica che i selvaggi medesimi si dànno: e cioè che a scopare si gode, e quindi trombano perché gli piace. D'altra parte, glossa lo scienziato, una spiegazione del genere soddisfa alla perfezione le loro menti rozze e degeneri. Ma noi, più scaltriti, naturalmente sappiamo che ciò nasconde un tentativo di denegare le proprie nevrosi, e probabilmente qualcosa di peggio, ossia lo sfruttamento di donne e bambini, che si presentano come propositivi solo perché evidentemente plagiati da una cultura sessuomane e cannibalistica dei sogni dei fanciulli, che va combattuta ad ogni costo. Lotta della quale queste preziose pagine non sono che il primevo squillo di tromba.
*a beneficio del Lettore, riportiamo una ballatétta lasciva dei Pìrlipon, trascritta in latino moderno dal Professore:
"Mei membris virilis nomen est "paiwayan"
quod emitto
dormitoriis juvencularum
et neqeunt juvenculae".
Bene: questo minuscolo congregato umano riveste interesse siccome ha usi che dir singolari è eufemista. Primieramente, non hanno alcuna Divinità, né credo, neppure l'animistico, che fiorisce nelle civiltà del circondario - e che son derise dai Pìrlipon, che le individuano con una parola della loro lingua che suona "abo!kònyi", e non è un complimento. Già questo testimonia della loro arretratezza e selvaticheria: ma ben altre costumanze hanno, di molto speciali e sorpresive. E lasciamo la parola all'Autore: "Il mio primo contatto con i minuscoli selvaggi avvenne in circostanze che non esito a ritenere eccezionali. Accompagnato solo dal mio fedele K!-Andaulé, interprete e portatore, e da Nelson Lehnenstahl, il mio capace operatore, giungemmo nel primo pomeriggio sull'altura prospiciente la gola di M!ndway Obaow. Qui scovàmmo alcune decine di nativi Pìrlipon fuori le loro semplicissime case, che non sono altro che tettoie d'erba "!k-haa" intrecciata, e rimanemmo stupefatti. Nonché mostrare sorpresa per il nostro arrivo, come avviene di solito coi negri della Badulance, ci snobbarono, e non smisero neanche per un momento quella che nel prosieguo scoprimmo essere la loro principale, se non unica (a parte mangiare e dormire) occupazione". (pp. 46-8) Quale sia questa occupazione, anzi, occupazioni, per pudore lo studioso riporta in latino,(*) che traduciamo: "Ogni vecchio, uomo, donna, bambino, era preso a copulare con un altro membro (senz'ironia) della tribù. Né barriere d'età né di sesso né di condizione parevano esserci a questi coita characteristici universalibus ("allgemeine kopulationen" - nella maniera di Weiss): e qui una giovane madre masturbava il suo figliolino che tettava, e lì un adulto sfregava il proprio pene sul pòdice di un fanciullino sorridente, e qua una vecchina veniva impegnata in un "syntagma trios copulatorius" da due giovinotti, e là un anziano con tutta l'apparenza di un Caio Papirio cunnilinguava alternativamente la nonna, la mamma e le figlioline della medesima famiglia". (ivi)
Ripresosi dallo stupore, e impedite ulteriori riprese al cameraman, (il professore è presidente onorario dell'associazione Abwehr, che combatte le internazionali di maniaci e i propagadisti loro fiancheggiatori, e promuove la lotta alla sedicente cultura libertaria e giustificazionista), nondimeno la sua tempra di scienziato prese il sopravvento. Dopo esser scampato a diversi tentativi di seduzione - anche da parte di bimbi vestiti d'un solo laccio di cuoio alla vita -, il professore, malgrado l'incessante movimento erotista, cercò d'instaurare un dialogo con il capo tribù. Si chiarì a fatica che i Pìrlipon non avevano capi di sorta, per il semplice motivo che tra loro non v'erano mai conflitti. Ecco dunque che il prode ingegno dell'eminente etnologo di scuola germanico-sociale-nazionale e orientamento verso la vita partorì una prima ipotesi: quella gran confricazione altro non era proprio che un sistema per mantenere la pace sociale e il rispetto delle naturali gerarchie che, pure nelle più arretrate fra le tribù arretrate, s'instaurano a marcare la differenza di sangue e suolo tra i migliori e gli altri. Ma, fosse così stato, all'osservazione imparziale dell'etnologo si sarebbe presentata una casistica in cui gli adulti, profittando della differenza di forza e furbizia e contando sul meccanismo inconscio che fa identificare i bambini con i loro aggressori, avrebbero violato i minori, che, com'è noto, dell'ordine di beccata in ogni società occupano l'ultimo gradino. Se, cioè, ci fosse stata una ragione gerarchica in quell'inesausto copulare, i vecchi avrebbero preso gli adulti, e questi avrebbero profittato le donne e i bambini, e così via. Purtroppo, non era ciò che si osservava: bimbi anche piccolissimi penetravano "in utroque" genti ben più adulte, e giovani imponevano ad àvoli e arcàvoli le loro basse voglie - gratificandoli poi con un sorridente "grazie, arcàvolo" (cfr. i diurnaria anthropologica del Cornabò). L'ipotesi dove' dunque venir abbandonata: né ci si poteva rifare alla solita spiegazione riproduttiva, giacché la maggior parte per non dire la quasi totalità degli scambi non avevano fine incrementale della razza. Né peraltro, nota l'Autore, il concetto di "razza", né addirittura quello di "popolo" aduggiava fra cotesti babbioloni e badaloni. Onestamente, lo studioso, nelle pagine conclusive (cfr. pp. 125 e segg.) del suo acutissimo saggio, dà questo comportamento come inspiegabile, limitandosi impassibile a riportare la spiegazione mitica che i selvaggi medesimi si dànno: e cioè che a scopare si gode, e quindi trombano perché gli piace. D'altra parte, glossa lo scienziato, una spiegazione del genere soddisfa alla perfezione le loro menti rozze e degeneri. Ma noi, più scaltriti, naturalmente sappiamo che ciò nasconde un tentativo di denegare le proprie nevrosi, e probabilmente qualcosa di peggio, ossia lo sfruttamento di donne e bambini, che si presentano come propositivi solo perché evidentemente plagiati da una cultura sessuomane e cannibalistica dei sogni dei fanciulli, che va combattuta ad ogni costo. Lotta della quale queste preziose pagine non sono che il primevo squillo di tromba.
*a beneficio del Lettore, riportiamo una ballatétta lasciva dei Pìrlipon, trascritta in latino moderno dal Professore:
"Mei membris virilis nomen est "paiwayan"
quod emitto
dormitoriis juvencularum
et neqeunt juvenculae".
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