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CINEMA E MUSICA

Alfredo Ronci

I duetti che fanno tanto male alla musica. Tony Bennett è recidivo: Duets II.

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Le note informative dicono che il disco è stato realizzato in occasione degli 85 anni del grande vecchio. Fin qui bene, vuol dire che ha ancora l'ugola intatta (e ce l'ha!). Il discorso è un altro: un'operazione del genere la fece pure Sinatra poco prima di morire e non vorrei che la coincidenza portasse jella a Tony Bennett.

Si scherza, ma queste son americanate belle e buone e l'unica cosa da fare è cercare, nel marasma divistico ed opportunistico, di scovare quel poco che si può gustare. Proviamoci.

'The lady is the tramp' (con Lady Gaga): lei sorprende con una tonalità a metà tra Nathalie Cole e Della Reese.

'One For My Baby /And One More For the Road' (con John Mayer): il nuovo 'slowhand' se la cavicchia e porta a casa il risultato, ma è una vittoria col minimo di scarto.

'Body and Soul' (con Amy Winehouse): qui subentra la sociologia. Ma le capacità jazzy della defunta si conoscevano ed è un peccato che sia finita così.

''Don't Get Around Much Anymore' ( con Michael Bublé): gigionismo ed eleganza. Per chi s'accontenta di cadaveri eccellenti.

'Blue Velvet' (con k.d. lang): con lei Bennett c'ha fatto un intero, modesto, disco. Ma la voce della Lang è una delle meraviglie più brillanti del creato.

'How Do You Keep the Music Playing' (con Aretha Franklin): dopo l'operazione davamo ormai per spacciata la grande regina del soul. A sentirla non si direbbe proprio: peccato che il brano, nonostante sia della coppia Bergman – vedi e ascolta l'ultimo della Barbra - e di Michel Legrand, non sia eccelso.

'The Girl I Love'(con Sheryl Crow). Classico da far tremare i polsi a qualsiasi cantante. La Crow fa quello che può. Modestamente.

'On the Sunny Side of the Street' (con Willie Nelson): è il brano più sorprendente. Il grande vecchio del country-rock che swinga elegantemente. Tanto di cappello.

'Who Can I Turn To (When Nobody Needs Me)' (con Queen Latifah): la 'regina' torcheggia con maestria e grazia. Ma nulla di più.

'Speak Low' (con Norah Jones): anche la Jones torcheggia e lo fa da cantante navigata.

'This Is All I Ask' (con Josh Groban): le pacchianate americane. Che bisogna c'era di sdilinquirci con prestazioni vocali e divistici da serata noiosa a Las Vegas? Groban è il tipico tenore giovane e belloccio che piace alle mamme. Ma a noi??

'Watch What Happens' (con Natalie Cole): ecco la vera Cole. Forse la più centrata di tutte. Classe e swing senza troppo sudore.

'Stranger in Paradise' (con Andrea Bocelli): ultrapacchianata col tenore italiano più conosciuto al mondo (certo, se quelli veri continuano a morire a grappoli!). Stendiamo un velo pietoso.

'The Way You Look Tonight' (con Faith Hill): una mezza sorpresa, nel senso che la biondissina contry-girl fa più di quello che ci si aspettasse. Ma personalmente avrei preferito Shelby Lynne.

'Yesterday I Heard the Rain' (con Alejandro Sanz ): tiè, pure il cantante spagnolo che supponiamo prenda il posto di Iglesias. Lascio a voi altri commenti.

'It Had To Be You' (con Carrie Underwood ): altra biondissima country-girl che ha la voce delle operatrici Vodafone.

'When Do the Bells Ring for Me' (con Mariah Carey): la diva, che è meglio di quanto possa sembrare, anche come attrice, nulla aggiunge ad un disco inutile e noioso.

Ma perché Bennett, in occasione della sua notevole età, non si è fatto scrivere un disco da Costello con cui ha già cantato? Allora sì che ne avremmo viste delle belle. Peccato per l'occasione mancata.



Tony Bennett

Duets II

Rpm Records/Columbia







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