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Il Paradiso degli Orchi
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CINEMA E MUSICA

Adriano Angelini Sut

Il 'Velociraptor' dei Kasabian è un bellissimo dinosauro del pop rock britannico, uno dei pochi ultimamente.

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Non so se è il lavoro più bello dei Kasabian. Certo il penultimo West Ryder Pauper Lunatic Asylum era un album notevole. L'attuale, uscito ad ottobre, è il quarto. Obiettivamente bello e in certi tratti notevole. Il tempo lo dirà meglio. Forse eguaglia il precedente senza mai riuscire a superarlo. C'è da dire che i pareri sono discordi (Onda Rock ovviamente l'ha quasi demolito con il suo snobissimo cipiglio critico letterario). Per quanto mi riguarda è un album a tratti sorprendente.

Prendete "La fée verte" che Onda rock definisce mediocre: un bellissimo pezzo a la Beatles, una colonna sonora di un film francese anni'60. Tom Meighan è bravo e lo sa, è presuntuoso e glielo concediamo. Perché una band che riesce a scrivere un singolo come "Days are forgotten" (uno dei migliori singoli dell'anno, anzi del decennio, http://www.youtube.com/watch?v=pBsQVP-Olmw) può tutto. Può inventare un dance rock, uno psycho-beat, con tanto di sublime melodia nel ritornello. Può suonare una ballata incantevole come "Goodbye Kiss" rifacendo il verso a tutto ciò che da 40 anni è stato prodotto a Manchester senza vergogna (vampate di Suede e Oasis ma molto molto meglio!). Invidiosi verrebbe da dire ai critici barbosi che ascoltano i gruppi dai nomi impronunciabili e li considerano "artisti". Prendete una marcetta petulante come "Man of simple pleasures", tanto Oasis e tanto Gallagher ma meno livore e più rassegnazione in un ritmo che si apre in un'arietta frizzante di canzonetta. Mi rendo conto che parlare di musica senza ascoltarla è un esercizio sterile. Andatevi allora ad ascoltare il primo coraggiosissimo singolo uscito da questo Velociraptor: "Switchblade smiles" (http://www.youtube.com/watch?v=2SQNNLe6WPA&ob=av2e), una cavalcata rockeggiante e psycho qualcosa sinceramente trascinante, sincopata, con quel synth che accompagna leggero l'irruenza di percussioni impetuose. Prendete "Let's roll just like we used to", tutti a dire musica da film, Morricone, Brian De Palma. Mah! Inghilterra anni'60, direi; minigonne, night club, chignon alti; JFK che compariva sugli schermi. Meighan che urla la sua brillante malinconia. Non dimenticate di ascoltare "Acid Turkish Bath", una soave ballata a la Primal Scream, una ballata esotico ancheggiante, una ballata e basta, che coglie il vocalizzo giusto, la melodia armoniosa, evocativa. Senza dimenticare nemmeno "I hear voices", un jingle di tastiere tanto anni'80 senza apparente infamia né lode e che tuttavia cresce in una sorta di psychedelic acid pop. Stuzzicante. C'è sempre una patina lieve di melanconia che aleggia in tutto l'album come un leit motif che ogni brano ripercorre, riassembla, ripete. "Re-wired" non fa eccezione. Un bel rock quattro quarti con cui si torna dalle parti di Manchester e della british invasion anni'90 (ci sono pure un po' di sani Duran Duran in questo pezzo, quelli più scatenati e glam). Cosa rimane? "Velociraptor", la title track, un rock'n'roll schizofrenico, classico, si ancheggia e si torna nelle cantine pre '68. E poi "Neon Noon", ninna nanna di chiusura con chitarra strimpellata e tastiera spalmata, Meighan che fa la voce beatnik e la dolcezza che si spande in una macchina del tempo che di tornare a questi anni non ne vuol sapere. Buona nostalgia! Bravi Kasabian, presuntuosi mocciosetti.



Kasabian

Velociraptor

Columbia - 2011





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