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Il Paradiso degli Orchi
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CINEMA E MUSICA

Alfredo Ronci

Il bimbo triste.

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SE n’è parlato molto. Hanno detto di tutto e di più. E finalmente è arrivato il momento che ce ne interessassimo anche noi.
Eugenio Finardi, nonostante il titolo, non è più bimbo, ma qualcosa del vecchio tempo è tornato. Si diceva da parecchio che la musica fatta da lui non fosse ardente, che avesse perso lo smalto e la chiarezza del tempo che fu (fine anni settanta e inizi degli ottanta) e che lui stesso fosse invecchiato tristemente.
Tutto vero (come non gridare allo scandalo per la sua partecipazione a Sanremo con un pezzo dedicato ai video giochi!); ma c’era nelle sue corde vocali, nel suo rimestare dei ricordi e soprattutto nella previsione del futuro qualcosa che molti ignoravano.
In Fibrillante (che deriva da ciò che si porta dall’ospedale) quel qualcosa è tornato prorompente e forte. E’ il passato che diventa futuro e che diventa pericolo e triste. “Aspettando”,  “lei s’illumina” (Non c’è più quella passione ma la calda rassegnazione), “Cadere sognare”,  “La storia di Franco”,”Le donne piangono in macchina”  e altro ancora, sono tutti piccoli ritagli di un tempo che non s’illumina più, che è contrario alle nostra aspettative, che è un cattivissimo avversario. Fino alla fine, quella fine appunto che non vuole vendetta per il torto, ma una giusta rivendicazione (… Me ne vado e non torno più).
Finardi è tornato quello degli anni settanta… così si è detto. Anche questo vero, ma forse in questa sua rentrè quel che si avverte e che fa di lui un degno compagno delle nostre serate canore non è il rinvangare il passato, ma consegnare al futuro quello che già non ci appartiene  più.
Bimbo triste e inconsolabile.

Eugenio Finardi
Fibrillante
Universal



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