DE FALSU CREDITU
Oéoéo Dìbody-Häry Dìbody-Häry
Intimo uomo
Apèirol, Pag.66 Euro 10,00
Quest'è un poemetto in forma di prosa - i savii direbbero prosimetron - (d'altra parte "no, l'amore mio non può disperdersi nel vento in nome della prosa", dirà l'Autore). Perciò appena appena nella giurisdizione di questa pregiata Rivista, che di tutt'altro si occupa - ma ogni eccezione conferma la regola, e dunque ci sono regole formate solo da eccezioni, e confermatissime (A. Campanile). Oltretutto, l'Autore di suo non è neanche poeta: di famiglia magiara (parente, fra l'altro, di Sándor Petöfi) nobilitatasi a fine Ottocento, però italiano di nascita e di madre, di mestiere è copywriter e, a tempo perso - e perso bene - pittore neosecessionista, e raffinato creatore di ceramiche d'arte. E' suo il bel pannello la Musica e i Lumi, che si può vedere all'ingresso dell'auditorium romano.
Dunque, il Nostro esordisce con questa sua plaquette in centoventicinque esemplari, più dieci in carta d'India arricchite di cinque xilografie di Pisanino Delcàllo e devote agli amici. L'argomento - lo preannuncia il titolo - è scabroso: trattasi d'una lunga cronaca - sensuale, sessuale, psic-anale - d'un pomeriggio di battuage. Per chi non fosse a giorno del gergo omerotico, dirò che tale termine, d'un francese d'invenzione e di profumeria (ané-ané, sprussatéur), indica la ricerca d'un partner temporaneo nei luoghi (qui è un parco) deputati a questo scopo, e frequentati all'uopo dai gay e dai giovinetti che a loro si offrono - ci dicono a prezzi modici. Non a caso, in esergo troviamo il verso come 'l vecchio sartor fa ne la cruna: lo scaltrìto riferimento, più che a Dante infatuato della Bice Portinari, è però a quel Mario Mieli che, nei suoi non dimenticabili Elementi di critica omosessuale (Einaudi, Torino 1977), sosteneva non privo di ragione che l'aguzzar lo sguardo in siffatto modo sia tipico degli uranisti che, nel buio delle fratte, o nella fretta dell'incontro occasionale, concentrano la vista com'appunto l' anziano cucirìno che sta per agugliare. E la situazione non disdice, poiché in fin dei conti i versi tratteranno poi di ser Brunetto d'un peccato medesmo.
Così, procediamo in quello ch'è un viaggio sentimentale e dipoi francamente erotico, scandito dalle tre sezioni Andante-Allegro-Funebre del testo: la prima riguarda l'arrivo, con cuore "ingolato", nel giardino, ancora frequentato, nei suoi spazi dove affiorano i "bianchi scogli di pomice" degli altorilievi fascisti in pietra meringa, dagli "amici della domenica": le famigliole "del Cosòvo sanguigno o del pìceo Burundi, o delle arenate Pilipìne"; le squadrette di ragazzini "crepitanti di voci bianche come crotali" con i papà in porta; i giovinottelli pierciati e le loro "speranze e baje", ragazze coi calzoni a vita bassa, le infradito e le cavigliere. Ma già "uomini che si voltano, col loro violato segreto", e "callidi ragazzi pallidi di dritteria" si scoprono, si studiano - taluni si scoprono veramente, lì dove il parco fa "un tumore di maiuscole bìche", e a malappena "celati da avanzi di cespi oleandri, da chioschi in rovina odorosi di feci cloacìne", si dàn soddisfazione. E la loro pelle è "densa di paura elettrica come l'aria del fulmine, come l'acqua di mare perlustra di soddisfazione".
E cala la sera "a grattar l'oro dell'ultim'ora del giorno": è l'"Allegro" - di nàufragi, s'intende, ma nel senso meneghelliano. Le facce, i corpi "vaghi di troppa traditrice luce" van precisandosi: è "lo studiato affanno, l'increata ripulsa" dello scorrere "fra uomo e uomo quel ch'è umano sapere e umano temere" - l'intervento poliziottesco, l'aggressione fascista, o solo lo sprezzo d'un rifiuto. Finché, tra le prime attività erotiche che con franchezza si stagliano "non più manie, appena decalcomanie dell'anima", il Nostro rinviene colui che "nel cuore motore scocca la scintilla" che subito l'"uranismo-umorismo" s'incarica di smorzare - "ridere, oh sì, subito, dello smodato bellerèllo affetto" - e però gli si fa sotto "come il pugile che suonato, almeno vuol ballare sulle gambe". E ci si apparta, e viene "il ruolino delle parole sempre dette", e il catalogo "kama sopra e kama sotto", per i dieci minuti di confricazione sessuale. In cui "come nell'incidente e nel collasso", si spegne la sensibilità e la paura "suspiciosa", e c'è solo, "spudorata e sudata", la baroccaggine carnale.
Una pagina bianca segna il limite invalicabile tra i primi due movimenti e l'ultimo, "Funebre". Non si creda, tuttavia, che il termine d'agogica si riferisca al protagonista. Affatto: egli pare esca "dal coacervo dei viventi co' loro moventi pure scuri", e s'inoltri nella notte dei "destinati a morire, ma non morti" - l'umanità della "norma, principio, catechismo, utilità". Sì, è il Pasolini sconfortante delle Lettere luterane, il quale sosteneva che gran parte degli attuali vivi ma non vivaci altro non sono che quelli che, prima delle tecniche e degli sviluppi medicali, sarebbero subito stati, da appena nati, "di finzione fatti cadaveri su pietre non d'unzione". Ecco dunque che il Nostro percorre la "notte dei morti viventi, come in un cinemino di terza visione e peccato, dai seggi di legno inclinato e pisciato, proièttili accampati sullo schermo castissimi western del Borgia". E qui s'innesta un lungo pellegrinaggio nelle notti "antiche", quelle che, essendo il Dìbody-Häry Dìbody-Häry "bimbo perbene, perciò mostruoso siccome irreale" aveva sfiorato - fine anni Sessanta, inizio Settanta. Le notti "dei pischelli col pisello di fuori, ignoti alla storia e fuori dal proletariato", che "fiorivano da Monte Cucco o dal tardo Casilino coi loro "ciao, ma'!" irridenti e irrisori, certo irredenti", e degli "ancora scheccanti froci condannati a veder avverarsi i loro desideri", con le loro vocìne fuori di testa o "infarloccànti d'intrighi pulcinelleschi, melense all'uso di certi adagi o ciaccone di Respighi". Le notti insomma degli esseri "come sirene ancora vivi e non appena", che scorrono fuori dal finestrino dell'autobus notturno che porta a casa il protagonista - "come un film, come un film di Corbucci o, toh, di Godard".
Raccomandando al Lettore questa bella fatica, per concludere ricordiamo che il libretto è disponibile solo presso la libreria "Gay Saber", al vicolo cardinal Amerigo Bernardini 23, 00144 Roma - per telefono, Claude gestore del locale risponde allo 06 4411696699.
Dunque, il Nostro esordisce con questa sua plaquette in centoventicinque esemplari, più dieci in carta d'India arricchite di cinque xilografie di Pisanino Delcàllo e devote agli amici. L'argomento - lo preannuncia il titolo - è scabroso: trattasi d'una lunga cronaca - sensuale, sessuale, psic-anale - d'un pomeriggio di battuage. Per chi non fosse a giorno del gergo omerotico, dirò che tale termine, d'un francese d'invenzione e di profumeria (ané-ané, sprussatéur), indica la ricerca d'un partner temporaneo nei luoghi (qui è un parco) deputati a questo scopo, e frequentati all'uopo dai gay e dai giovinetti che a loro si offrono - ci dicono a prezzi modici. Non a caso, in esergo troviamo il verso come 'l vecchio sartor fa ne la cruna: lo scaltrìto riferimento, più che a Dante infatuato della Bice Portinari, è però a quel Mario Mieli che, nei suoi non dimenticabili Elementi di critica omosessuale (Einaudi, Torino 1977), sosteneva non privo di ragione che l'aguzzar lo sguardo in siffatto modo sia tipico degli uranisti che, nel buio delle fratte, o nella fretta dell'incontro occasionale, concentrano la vista com'appunto l' anziano cucirìno che sta per agugliare. E la situazione non disdice, poiché in fin dei conti i versi tratteranno poi di ser Brunetto d'un peccato medesmo.
Così, procediamo in quello ch'è un viaggio sentimentale e dipoi francamente erotico, scandito dalle tre sezioni Andante-Allegro-Funebre del testo: la prima riguarda l'arrivo, con cuore "ingolato", nel giardino, ancora frequentato, nei suoi spazi dove affiorano i "bianchi scogli di pomice" degli altorilievi fascisti in pietra meringa, dagli "amici della domenica": le famigliole "del Cosòvo sanguigno o del pìceo Burundi, o delle arenate Pilipìne"; le squadrette di ragazzini "crepitanti di voci bianche come crotali" con i papà in porta; i giovinottelli pierciati e le loro "speranze e baje", ragazze coi calzoni a vita bassa, le infradito e le cavigliere. Ma già "uomini che si voltano, col loro violato segreto", e "callidi ragazzi pallidi di dritteria" si scoprono, si studiano - taluni si scoprono veramente, lì dove il parco fa "un tumore di maiuscole bìche", e a malappena "celati da avanzi di cespi oleandri, da chioschi in rovina odorosi di feci cloacìne", si dàn soddisfazione. E la loro pelle è "densa di paura elettrica come l'aria del fulmine, come l'acqua di mare perlustra di soddisfazione".
E cala la sera "a grattar l'oro dell'ultim'ora del giorno": è l'"Allegro" - di nàufragi, s'intende, ma nel senso meneghelliano. Le facce, i corpi "vaghi di troppa traditrice luce" van precisandosi: è "lo studiato affanno, l'increata ripulsa" dello scorrere "fra uomo e uomo quel ch'è umano sapere e umano temere" - l'intervento poliziottesco, l'aggressione fascista, o solo lo sprezzo d'un rifiuto. Finché, tra le prime attività erotiche che con franchezza si stagliano "non più manie, appena decalcomanie dell'anima", il Nostro rinviene colui che "nel cuore motore scocca la scintilla" che subito l'"uranismo-umorismo" s'incarica di smorzare - "ridere, oh sì, subito, dello smodato bellerèllo affetto" - e però gli si fa sotto "come il pugile che suonato, almeno vuol ballare sulle gambe". E ci si apparta, e viene "il ruolino delle parole sempre dette", e il catalogo "kama sopra e kama sotto", per i dieci minuti di confricazione sessuale. In cui "come nell'incidente e nel collasso", si spegne la sensibilità e la paura "suspiciosa", e c'è solo, "spudorata e sudata", la baroccaggine carnale.
Una pagina bianca segna il limite invalicabile tra i primi due movimenti e l'ultimo, "Funebre". Non si creda, tuttavia, che il termine d'agogica si riferisca al protagonista. Affatto: egli pare esca "dal coacervo dei viventi co' loro moventi pure scuri", e s'inoltri nella notte dei "destinati a morire, ma non morti" - l'umanità della "norma, principio, catechismo, utilità". Sì, è il Pasolini sconfortante delle Lettere luterane, il quale sosteneva che gran parte degli attuali vivi ma non vivaci altro non sono che quelli che, prima delle tecniche e degli sviluppi medicali, sarebbero subito stati, da appena nati, "di finzione fatti cadaveri su pietre non d'unzione". Ecco dunque che il Nostro percorre la "notte dei morti viventi, come in un cinemino di terza visione e peccato, dai seggi di legno inclinato e pisciato, proièttili accampati sullo schermo castissimi western del Borgia". E qui s'innesta un lungo pellegrinaggio nelle notti "antiche", quelle che, essendo il Dìbody-Häry Dìbody-Häry "bimbo perbene, perciò mostruoso siccome irreale" aveva sfiorato - fine anni Sessanta, inizio Settanta. Le notti "dei pischelli col pisello di fuori, ignoti alla storia e fuori dal proletariato", che "fiorivano da Monte Cucco o dal tardo Casilino coi loro "ciao, ma'!" irridenti e irrisori, certo irredenti", e degli "ancora scheccanti froci condannati a veder avverarsi i loro desideri", con le loro vocìne fuori di testa o "infarloccànti d'intrighi pulcinelleschi, melense all'uso di certi adagi o ciaccone di Respighi". Le notti insomma degli esseri "come sirene ancora vivi e non appena", che scorrono fuori dal finestrino dell'autobus notturno che porta a casa il protagonista - "come un film, come un film di Corbucci o, toh, di Godard".
Raccomandando al Lettore questa bella fatica, per concludere ricordiamo che il libretto è disponibile solo presso la libreria "Gay Saber", al vicolo cardinal Amerigo Bernardini 23, 00144 Roma - per telefono, Claude gestore del locale risponde allo 06 4411696699.
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