ATTUALITA'
Marco Lanzòl
La risposta prima della domanda
Fatelo da Voi: così come esistono persone che, per hobby, si dedicano alla confezione di aeromodelli, mosaici, soprammobili intagliati nel legno, potrebbe esserci qualche Lettore desideroso di farsi in casa un testo dedicato a quest'aspetto della vita umana. Come "istruzioni", come modelli di riferimento per la didattica, useremo due scritti - seri, ben documentati, e in cui la materia è ben organizzata -(1) editi da Case "piccole" solo per le dimensioni, non certo per scarsa capacità professionale. Insomma, siamo andati a pescare il meglio del bigoncio, siccome pensiamo che, se proprio si deve insegnare qualcosa a qualcuno, tanto vale farlo impratichire su buoni esempi e da buoni maestri.
Cosa serve, dunque, per realizzare il volume in questione? Uno penserebbe subito alla materia prima: questionari, interviste, incontri con le meretrici, insomma una raccolta, cospicua se possibile, di dati. E devo dire che (MAR) in questo non scherza: pur limitandosi all'area napoletana, si situa nell'ambito di un progetto complesso nato per offrire prima assistenza, ausilio per la limitazione del rischio, assistenza per l'uscita dal "giro" e per l'eventuale denuncia degli sfruttatori, il tutto ragionevolmente basato su un'attività di conoscenza e di monitoraggio del problema che fonda e dirige ogni intervento: come sanno i generali, per combattere il nemico è necessario conoscere il più possibile di lui. Questo differenzia, tra l'altro, progetti del genere dai similari, che talvolta muovono da spirito caritativo o assistenziale, e da una mancata o carente sensibilità conoscitiva riguardo le persone implicate nel meretricio, sia che la vivano come restrizione (le ("prostituite"), che in regime di semilibertà (le "prostitute"). Perché qui, e di solito, il nucleo forte è rappresentato, per così dire, dalla manovalanza femminile. Di marchettari si tratta di passaggio, peraltro in conformità alla situazione qualitativamente e quantitativamente diversa (o percepita come tale) dello scambio economico e sessuale maschile.
Anche in (DON) l'aspetto documentale è notevolissimo, soprattutto considerando la mole non proibitiva del testo: ed è complementare, direi, a (MAR), dato che si occupa di dare un resoconto il più possibile completo di ciò che avviene alle soggette alla tratta prima che arrivino, e nei loro paesi d'origine. Inoltre, un capitolo (il quarto) e le considerazioni finali sono dedicati alle strategie di prevenzione e contrasto, dunque all'operare delle polizie, e al dibattito politico e culturale fra le tre prevalenti tendenze nell'occuparsi della questione: proibire, regolare, abolire. (DON, pp. 105 e segg.) Nessuna di queste strade è senza intralci più o meno grandi: e l'azione poliziesca si scontra con notevoli resistenze dovute anche all'"indotto"(DON, pp. 80-3) della tratta, ovvero la quota di ricchezza che la prostituzione in questa forma reca ai vari paesi coinvolti, a cominciare dalle rimesse in valuta.
Un successivo ingrediente necessario alla preparazione del Vs. (as)saggio, dovrà essere l'assenza, nei limiti del possibile, di prevenzioni o pregiudizi nei confronti delle malcapitate - però in (MAR) si precisa che tale atteggiamento deve essere non già d'incondizionato appoggio, che crea il rischio di una dipendenza non più dal ricottaro ma dall'istituzione - o dal singolo operatore/trice - ma dev'essere finalizzato all'acquisto d'una reale indipendenza economica e psicologica, e dunque di capacità decisionali e gestionali relative alla propria vita, da parte delle donne.
In (DON) tale impostazione socioeconomica chiama in causa la globalizzazione, le sue contraddizioni (libero flusso di merci, non di persone; (DON) p. 42), e il suo impatto su strutture di fragile modernità o in parte arcaiche (vedi la Nigeria; (DON) pp. 40-1); la buona disponibilità economica di massa degli "occidentali", e perciò il massificarsi di ogni fenomeno, compreso il turismo erotico (facendolo appetibile per i criminali) e l'infoltirsi di una clientela femminile sino a divenire rilevante; l'analisi del mercato del lavoro femminile (sottopagato: in media il salario delle donne è ovunque metà del maschile; (DON) p. 37); la domanda non più causa dell'offerta, ma in equilibrio mobile con essa: dimodoché si considera che la presenza di massa di donne sul marciapiede corrisponde ad una compravendita facilitata e a prezzo stabilizzato, (DON, p. 3) e che strutture sviluppatesi in contesti di necessità (es. nella Thailandia "retrovia" del Vietnam, o nella Cambogia UN-ificata; (DON), pp. 29-30) ospitano - a seguire - il turista arrapato, e pure la clientela locale o limitrofa.
Il quadro che ne viene si distacca allora non tanto da studi più limitati ma attendibili come (MAR), quanto dall'immagineria popolare che i "media" diffondono: pur descrivendo con giustificato dettaglio gli inganni e le vessazioni alle quali le donne soggette (o i ragazzini ambosessi) vanno incontro, (es. DON, p. 50) si nota che "il percorso (delle donne) è più complesso" di quel che crede chi "ha in mente solo l'immagine di donne innocenti trasformate con la forza brutale in "donne perdute"" (DON, p. 48). Sovente le nomadi sessuali son consapevoli dell'attività che intraprenderanno, e "consenzienti" (conto tenendo della dura vita iniziale, o del sogno d'un Occidente dove i soldi crescono sugli alberi; (DON) pp. 51-3). La sproporzione, dovuta alle aspettative irreali e alle menzogne dei mediatori, e anche delle donne che si sono arricchite, (DON, pp. 85-7) sta semmai nelle condizioni di lavoro e nelle probabilità di "successo" che le attendono.
In fin di ricetta, raccomandiamo di aggiungere all'amalgame un pizzico di drammaturgìa. Non dimentichi del pur opportuno ritegno, fondamentale per atteggiarsi con correttezza sia rispetto alle donne prostitute/ite, sia nei confronti del Lettore, per guidare costui a prender confidenza critica con una tanto difficile e controversa fattispecie senza ricorrere all'esca della petizione sentimentale, abbisogna un minimo di pathos - affinché tutto non si riduca ad un'asettica burocrazia di numeri e strategie, e prepari una corretta empatia con le soggette. Ad esso provvedono le "storie di vita", descrizioni esemplari dei tragitti esistenziali di alcune delle donne - in (MAR) c'è anche, toccante, la storia d'un ragazzetto (tredicenne all'inizio della sua disavventura), che culmina nel fallimento dell'integrazione.
Il piatto di portata è così pronto. A piacere, possono impiegarsi alcun spezie che ne rafforzino il corpo: prendendo da (MAR), l'escussione di progetti e interventi esterni all'area partenopea, la presentazione di leggi e disegni di legge, e la loro discussione, e, sempre più di moda, uno sguardo, direi senz'altro a volo d'uccello, sulla clientela. E qui cominciano le dolenti note.
Si parla dei clienti. Dopo aver giustamente relazionato della maggioranza violenta e insensibile dei consumatori, si giunge a dire: "Non è assente, anche se nel campione testato sembra essere residuale, il cliente che si pone con gentilezza, porta regali e offre addirittura aiuto, ma anche questo dato (...) parrebbe in fondo confermare l'ipotesi che quel che cercano gli uomini in strada è più una risposta a un bisogno di potere che di relazione". (MAR, p. 166) Dunque: se uno è un cafone, è un maschio violento che talora in branco cerca solo il potere sulla donna. Se è gentile, cerca sempre il potere. E ti credo che "l'ipotesi" è "confermata". Nulla può smentirla, siccome sia un comportamento che il suo contrario la corroborano - come votare su una scheda che porti sulle due metà i simboli del medesimo partito. Ma un'ipotesi che non può venir falsata nel suo campo di applicazione non è un'ipotesi, è un articolo di fede. Nel primo mistero doloroso il cliente è prevaricatore comunque si comporti, nel secondo mistero gaudioso la prostituta torna immacolata tra noi dalle concezioni immacolate, e il salmo finisce in amen-Gesù. Tra l'altro, e relativamente ad un'area diversa dal Napoletano, si parla del cliente addirittura come di una "risorsa", (MAR, p. 201) e si evidenzia come il sostegno dell'ex-acquirente sia utile perché le ragazze si presentino in maggior copia almeno ai primi colloqui. Dunque: ci si convince che l'intervento positivo della clientela sia marginale. Ma perché ridurlo a una manifestazione "di potere"?
E si dà, in un intervento della "Caritas" (MAR, pp. 251-258), una sequela di asserti sul meretricio e simili materie che rispecchia l'impostazione punitiva di "parte del popolo cattolico" (cfr. DON, pp. 105-106), che ha due caratteristiche: l'esser molto diffusa, e molto discutibile. Si chiama in causa la responsabilità dei clienti in quanto "alimentatori di una forma di schiavitù", (MAR, p. 256; DON p. 33 con simili parole) ovvero "di una domanda crescente che, secondo le rigide regole di un qualsiasi mercato, non può che alimentare un'offerta": (MAR, p. 252) e si gioca sull'equivoco. Ammesso e non concesso che sia vero, chi v'ha detto che la domanda di prostitute equivalga alla domanda di schiavitù e sfruttamento? Anche fosse il cliente responsabile (come gruppo) del mestiere, non è mica detto che pretenda che la vitaiola sia una schiava. Anzi. A lui andrebbe meglio che fosse libera, così nessuno gli romperebbe l'anima con la scusa della schiavitù. Non confondiamo le cose.
Ma: siamo certi che il cliente sia singolarmente (cioè penalmente) responsabile anche del battonaggio? Se l'offerta esistesse anche senza domanda, non ci sarebbe alcun rapporto tra le due, e sarebbe impossibile dire che il cliente ne è responsabile. Se la domanda creasse l'offerta, visto che la domanda c'è per tutti, compresi i membri della "Caritas", e si è sfruttatori o prostitute perché c'è la domanda, non ci si spiega cosa aspettino i "càritas-tevoli" a gestire bordelli o a mandare le parenti femmine sul marciapiede. Senza tener conto che, esistesse l'esibita rigidità della legge della domanda-offerta, visto che in Africa c'è la più forte domanda al mondo di medicamenti anti-aids, quel continente dovrebbe essere anche la prima preoccupazione del mercato.Vedere per credere.
Se, ancora, il cliente "alimenta" l'offerta, senza crearla, significa che non ha il potere di determinare la scelta di chi si dedica alla prostituzione e chi di la sfrutta così da fargli intraprendere quelle carriere. Ma se non può fare questo, allora perché dovrebbe determinarli a continuare? Perché offre loro un guadagno? Ma glielo offre anche la prima volta: perché in quest'occasione è inefficace (non "crea" l'offerta) e poi sì? Faccio un esempio finto: se non trovar lavoro (o non trovarlo decente) è causa per la donna di cominciare a battere, perché la medesima mancanza non può essere il motivo per cui continua? Stesso discorso per lo sfruttatore: se lo fa perché non può chiedere il pizzo ai negozi, (per dire) continuando quest'impossibilità non cambia mestiere. Se poi entrambi lo fanno per guadagno e basta, allora il cliente è nient'altro che la pecora che tosano: nel caso, perché non se ne pigliano un'altra?
Leggo quindi in (MAR, p. 256), che i clienti riservano "a ragazze che magari hanno la stessa età delle loro figlie ciò che per esse non vorrebbero accadesse mai". E siamo al ricatto affettivo: disfunzionale in quanto, primo, una cosa non è giusta o sbagliata se succede a me, alla mia famiglia, e ai consanguinei, ma se qualcuno la dimostra per tale con degli argomenti: sfruttare qualcuno non è brutto perché il tale in questione potrebbe essere mio parente, ma perché viene preso tramite la coercizione qualcosa che appartiene ad altri. Chi siano questi "altri", non ha importanza: importa il dolo che viene fatto loro. Secondo: se non volessi che mia figlia divenisse suora, nessuna ragazza o donna dovrebbe farsi monaca? Ma in questo caso, ci si affretta a dire che essere suora è una cosa "giusta" - ovvero si invocano proprio quegli argomenti e quelle ragioni indipendenti dalla parentela a cui ci si rifiuta di far ricorso (4) quando trattasi di diversa "nunnery" (come dice Amleto).
Ultimi tratti: a contrasto del puttanismo "bisogna rivalutare la figura donna e la sua dignità, nonché i riferimenti ad un uso responsabile della sessulità". (MAR p. 256) Beh, se la "figura donna" e la "sessualità responsabile" sono quelle dei preti, meglio mi sento: tralascio per carità umana quel che sono stati capaci di dire della donna nei secoli, (5) ma l'unica idea della sessualità che sento loro propagandare è quella del sesso=procreazione. Là dove, cioè, la donna è vacca e l'uomo toro.
Ho poi l'impressione che al discorso suddetto s'alleghi la frase che cito: "con urgenza invochiamo una inversione di tendenza rispetto alla diffusione (...) di modelli che si appellano a una pseudoconcezione di libertà, e, di fatto, finiscono per rendere tutto mercato o commercio". (p. 255) Verrebbe da dire: senti chi parla, visto che un evento psicosessuale - cioè umano - viene reso dai "caritas-tevoli"e sodali tramite un meccanismo di mercato (la domanda-offerta). Medico, cura te stesso.
Ma ciò che preoccupa è la solita vaghezza: che di "modelli" di "pseudolibertà" ce ne siano in giro parecchi, è indubbio, però in una discussione seria si dice quali sono, e li si descrive per quello che sono. E magari dopo risulterà che sì, è vero che c'è in giro tanta "pseudolibertà", ma proprio perché manca quella vera, sulla quale preti e padroni tentano (con successo, bisogna dire) di mettere le manacce dal pleistocene ai giorni nostri.
Allora: caro "self-made" che vuoi arrangiarti in casa un bel tomo sulla "cutting edge topic" della prostituzione, opera in maniera tale che la risposta non venga prima della domanda: pericolosa evenienza, giacché, per libri che hanno tutte le loro robìne a posto (dati, metodi, figure), un tale ingorgo può far nascere il fastidioso dubbio che le cose, tanto a posto, non stiano - lo diavolo (cornutàzzo!) si nasconde nei dettagli. Dubbio corroborato, peraltro, dalle resultanze che abbiamo appena esposto analizzando il Caritas-pensiero.
Dopodiché, se proprio vorrai rispondere alla misteriosa questione del perché i clienti infami vadano con le troie, lèggiti quanto referta Massimo Consoli a proposito dei froci: "La domenica (il cinema) era pieno di ragazzini che andavano per vedere il film e per sburàre a buon mercato, senza tante complicazioni sentimentali". (6) Tradotto: non sarà che gli uomini vanno a donne, perché ficcare è semplice e piacevole? E che, se davvero esistesse "una situazione di diffusa liberalizzazione dei costumi sessuali" (MAR, p. 163) sarebbe godurioso e senza rischi pure per le donne (Messalina insegna)?
No. Quelle sono vittime sfruttate. Quegli altri, dei despossenti (S. Saviane). Assieme, rotelline del meccanismo che c'impedisce davvero di essere liberi tutti, come nel gioco bambino. Ciò intuì discutibilmente certa critica marxista. (7) Di ciò fece propaganda quel poeta, che rivelò, con voce di chi grida nel deserto, che la libertà sessuale dovrebbe essere vitalità dei molti, e non concessione teleguidata di pochi.
Ah, scusate: in (DON, p. 29) trovo "Rest and Recreation" (R&R) come locuzione per indicare ciò che in italiano è l' avvicendamento dei militar-soldati dalla prima linea alle retrovie. Ma nello slang americano si dà "Rest and Rotation". (8) Suppongo che l'errore venga dal testo di O'Grady (cfr. DON, bibliografia, al nome). Dettagli, dettagli...
1) Andrea Morniroli, (a cura di), Maria, Lola e le altre in strada, Intra Moenia, Napoli 2003 (d'ora in avanti MAR); Paola Monzini, Il mercato delle donne, Donzelli, Roma 2002 (d'ora in avanti DON);
2) Orwell, nel Decline of the english murder, rilevava che "i nazionalisti hanno la capacità di non trovare somiglianze in insiemi di fatti affini". (Penguin, Harmondsworth, 1968(2), p. 165 - trad. mia) Credo che valga per chiunque sia indifferente alla realtà, quando mina articoli di fede e tornaconti;
3) Rimando all'undicesimo capitolo del raro libretto di Pierino Marazzani: La Chiesa che offende, Erre Emmeedizioni, Roma 1993;
4) in Affetti speciali, Massari, Bolsena (VT) 1999, p. 131;
5) Mario Spinella, Lineamenti di antropologia marxiana, Editori Riuniti, Roma 1996, pp. 47-8. L'intuizione è vedere prostituta e cliente come immersi nella medesima società. La discussione è aperta sul termine "mercificazione" quivi usato;
6) vedi Harold Wentworth, Stuart Berg Flexner, The pocket dictionary of american slang, Pocket books, Simon & Schuster, New York 1968 (15), voce "R and R".
Cosa serve, dunque, per realizzare il volume in questione? Uno penserebbe subito alla materia prima: questionari, interviste, incontri con le meretrici, insomma una raccolta, cospicua se possibile, di dati. E devo dire che (MAR) in questo non scherza: pur limitandosi all'area napoletana, si situa nell'ambito di un progetto complesso nato per offrire prima assistenza, ausilio per la limitazione del rischio, assistenza per l'uscita dal "giro" e per l'eventuale denuncia degli sfruttatori, il tutto ragionevolmente basato su un'attività di conoscenza e di monitoraggio del problema che fonda e dirige ogni intervento: come sanno i generali, per combattere il nemico è necessario conoscere il più possibile di lui. Questo differenzia, tra l'altro, progetti del genere dai similari, che talvolta muovono da spirito caritativo o assistenziale, e da una mancata o carente sensibilità conoscitiva riguardo le persone implicate nel meretricio, sia che la vivano come restrizione (le ("prostituite"), che in regime di semilibertà (le "prostitute"). Perché qui, e di solito, il nucleo forte è rappresentato, per così dire, dalla manovalanza femminile. Di marchettari si tratta di passaggio, peraltro in conformità alla situazione qualitativamente e quantitativamente diversa (o percepita come tale) dello scambio economico e sessuale maschile.
Anche in (DON) l'aspetto documentale è notevolissimo, soprattutto considerando la mole non proibitiva del testo: ed è complementare, direi, a (MAR), dato che si occupa di dare un resoconto il più possibile completo di ciò che avviene alle soggette alla tratta prima che arrivino, e nei loro paesi d'origine. Inoltre, un capitolo (il quarto) e le considerazioni finali sono dedicati alle strategie di prevenzione e contrasto, dunque all'operare delle polizie, e al dibattito politico e culturale fra le tre prevalenti tendenze nell'occuparsi della questione: proibire, regolare, abolire. (DON, pp. 105 e segg.) Nessuna di queste strade è senza intralci più o meno grandi: e l'azione poliziesca si scontra con notevoli resistenze dovute anche all'"indotto"(DON, pp. 80-3) della tratta, ovvero la quota di ricchezza che la prostituzione in questa forma reca ai vari paesi coinvolti, a cominciare dalle rimesse in valuta.
Un successivo ingrediente necessario alla preparazione del Vs. (as)saggio, dovrà essere l'assenza, nei limiti del possibile, di prevenzioni o pregiudizi nei confronti delle malcapitate - però in (MAR) si precisa che tale atteggiamento deve essere non già d'incondizionato appoggio, che crea il rischio di una dipendenza non più dal ricottaro ma dall'istituzione - o dal singolo operatore/trice - ma dev'essere finalizzato all'acquisto d'una reale indipendenza economica e psicologica, e dunque di capacità decisionali e gestionali relative alla propria vita, da parte delle donne.
In (DON) tale impostazione socioeconomica chiama in causa la globalizzazione, le sue contraddizioni (libero flusso di merci, non di persone; (DON) p. 42), e il suo impatto su strutture di fragile modernità o in parte arcaiche (vedi la Nigeria; (DON) pp. 40-1); la buona disponibilità economica di massa degli "occidentali", e perciò il massificarsi di ogni fenomeno, compreso il turismo erotico (facendolo appetibile per i criminali) e l'infoltirsi di una clientela femminile sino a divenire rilevante; l'analisi del mercato del lavoro femminile (sottopagato: in media il salario delle donne è ovunque metà del maschile; (DON) p. 37); la domanda non più causa dell'offerta, ma in equilibrio mobile con essa: dimodoché si considera che la presenza di massa di donne sul marciapiede corrisponde ad una compravendita facilitata e a prezzo stabilizzato, (DON, p. 3) e che strutture sviluppatesi in contesti di necessità (es. nella Thailandia "retrovia" del Vietnam, o nella Cambogia UN-ificata; (DON), pp. 29-30) ospitano - a seguire - il turista arrapato, e pure la clientela locale o limitrofa.
Il quadro che ne viene si distacca allora non tanto da studi più limitati ma attendibili come (MAR), quanto dall'immagineria popolare che i "media" diffondono: pur descrivendo con giustificato dettaglio gli inganni e le vessazioni alle quali le donne soggette (o i ragazzini ambosessi) vanno incontro, (es. DON, p. 50) si nota che "il percorso (delle donne) è più complesso" di quel che crede chi "ha in mente solo l'immagine di donne innocenti trasformate con la forza brutale in "donne perdute"" (DON, p. 48). Sovente le nomadi sessuali son consapevoli dell'attività che intraprenderanno, e "consenzienti" (conto tenendo della dura vita iniziale, o del sogno d'un Occidente dove i soldi crescono sugli alberi; (DON) pp. 51-3). La sproporzione, dovuta alle aspettative irreali e alle menzogne dei mediatori, e anche delle donne che si sono arricchite, (DON, pp. 85-7) sta semmai nelle condizioni di lavoro e nelle probabilità di "successo" che le attendono.
In fin di ricetta, raccomandiamo di aggiungere all'amalgame un pizzico di drammaturgìa. Non dimentichi del pur opportuno ritegno, fondamentale per atteggiarsi con correttezza sia rispetto alle donne prostitute/ite, sia nei confronti del Lettore, per guidare costui a prender confidenza critica con una tanto difficile e controversa fattispecie senza ricorrere all'esca della petizione sentimentale, abbisogna un minimo di pathos - affinché tutto non si riduca ad un'asettica burocrazia di numeri e strategie, e prepari una corretta empatia con le soggette. Ad esso provvedono le "storie di vita", descrizioni esemplari dei tragitti esistenziali di alcune delle donne - in (MAR) c'è anche, toccante, la storia d'un ragazzetto (tredicenne all'inizio della sua disavventura), che culmina nel fallimento dell'integrazione.
Il piatto di portata è così pronto. A piacere, possono impiegarsi alcun spezie che ne rafforzino il corpo: prendendo da (MAR), l'escussione di progetti e interventi esterni all'area partenopea, la presentazione di leggi e disegni di legge, e la loro discussione, e, sempre più di moda, uno sguardo, direi senz'altro a volo d'uccello, sulla clientela. E qui cominciano le dolenti note.
Si parla dei clienti. Dopo aver giustamente relazionato della maggioranza violenta e insensibile dei consumatori, si giunge a dire: "Non è assente, anche se nel campione testato sembra essere residuale, il cliente che si pone con gentilezza, porta regali e offre addirittura aiuto, ma anche questo dato (...) parrebbe in fondo confermare l'ipotesi che quel che cercano gli uomini in strada è più una risposta a un bisogno di potere che di relazione". (MAR, p. 166) Dunque: se uno è un cafone, è un maschio violento che talora in branco cerca solo il potere sulla donna. Se è gentile, cerca sempre il potere. E ti credo che "l'ipotesi" è "confermata". Nulla può smentirla, siccome sia un comportamento che il suo contrario la corroborano - come votare su una scheda che porti sulle due metà i simboli del medesimo partito. Ma un'ipotesi che non può venir falsata nel suo campo di applicazione non è un'ipotesi, è un articolo di fede. Nel primo mistero doloroso il cliente è prevaricatore comunque si comporti, nel secondo mistero gaudioso la prostituta torna immacolata tra noi dalle concezioni immacolate, e il salmo finisce in amen-Gesù. Tra l'altro, e relativamente ad un'area diversa dal Napoletano, si parla del cliente addirittura come di una "risorsa", (MAR, p. 201) e si evidenzia come il sostegno dell'ex-acquirente sia utile perché le ragazze si presentino in maggior copia almeno ai primi colloqui. Dunque: ci si convince che l'intervento positivo della clientela sia marginale. Ma perché ridurlo a una manifestazione "di potere"?
E si dà, in un intervento della "Caritas" (MAR, pp. 251-258), una sequela di asserti sul meretricio e simili materie che rispecchia l'impostazione punitiva di "parte del popolo cattolico" (cfr. DON, pp. 105-106), che ha due caratteristiche: l'esser molto diffusa, e molto discutibile. Si chiama in causa la responsabilità dei clienti in quanto "alimentatori di una forma di schiavitù", (MAR, p. 256; DON p. 33 con simili parole) ovvero "di una domanda crescente che, secondo le rigide regole di un qualsiasi mercato, non può che alimentare un'offerta": (MAR, p. 252) e si gioca sull'equivoco. Ammesso e non concesso che sia vero, chi v'ha detto che la domanda di prostitute equivalga alla domanda di schiavitù e sfruttamento? Anche fosse il cliente responsabile (come gruppo) del mestiere, non è mica detto che pretenda che la vitaiola sia una schiava. Anzi. A lui andrebbe meglio che fosse libera, così nessuno gli romperebbe l'anima con la scusa della schiavitù. Non confondiamo le cose.
Ma: siamo certi che il cliente sia singolarmente (cioè penalmente) responsabile anche del battonaggio? Se l'offerta esistesse anche senza domanda, non ci sarebbe alcun rapporto tra le due, e sarebbe impossibile dire che il cliente ne è responsabile. Se la domanda creasse l'offerta, visto che la domanda c'è per tutti, compresi i membri della "Caritas", e si è sfruttatori o prostitute perché c'è la domanda, non ci si spiega cosa aspettino i "càritas-tevoli" a gestire bordelli o a mandare le parenti femmine sul marciapiede. Senza tener conto che, esistesse l'esibita rigidità della legge della domanda-offerta, visto che in Africa c'è la più forte domanda al mondo di medicamenti anti-aids, quel continente dovrebbe essere anche la prima preoccupazione del mercato.Vedere per credere.
Se, ancora, il cliente "alimenta" l'offerta, senza crearla, significa che non ha il potere di determinare la scelta di chi si dedica alla prostituzione e chi di la sfrutta così da fargli intraprendere quelle carriere. Ma se non può fare questo, allora perché dovrebbe determinarli a continuare? Perché offre loro un guadagno? Ma glielo offre anche la prima volta: perché in quest'occasione è inefficace (non "crea" l'offerta) e poi sì? Faccio un esempio finto: se non trovar lavoro (o non trovarlo decente) è causa per la donna di cominciare a battere, perché la medesima mancanza non può essere il motivo per cui continua? Stesso discorso per lo sfruttatore: se lo fa perché non può chiedere il pizzo ai negozi, (per dire) continuando quest'impossibilità non cambia mestiere. Se poi entrambi lo fanno per guadagno e basta, allora il cliente è nient'altro che la pecora che tosano: nel caso, perché non se ne pigliano un'altra?
Leggo quindi in (MAR, p. 256), che i clienti riservano "a ragazze che magari hanno la stessa età delle loro figlie ciò che per esse non vorrebbero accadesse mai". E siamo al ricatto affettivo: disfunzionale in quanto, primo, una cosa non è giusta o sbagliata se succede a me, alla mia famiglia, e ai consanguinei, ma se qualcuno la dimostra per tale con degli argomenti: sfruttare qualcuno non è brutto perché il tale in questione potrebbe essere mio parente, ma perché viene preso tramite la coercizione qualcosa che appartiene ad altri. Chi siano questi "altri", non ha importanza: importa il dolo che viene fatto loro. Secondo: se non volessi che mia figlia divenisse suora, nessuna ragazza o donna dovrebbe farsi monaca? Ma in questo caso, ci si affretta a dire che essere suora è una cosa "giusta" - ovvero si invocano proprio quegli argomenti e quelle ragioni indipendenti dalla parentela a cui ci si rifiuta di far ricorso (4) quando trattasi di diversa "nunnery" (come dice Amleto).
Ultimi tratti: a contrasto del puttanismo "bisogna rivalutare la figura donna e la sua dignità, nonché i riferimenti ad un uso responsabile della sessulità". (MAR p. 256) Beh, se la "figura donna" e la "sessualità responsabile" sono quelle dei preti, meglio mi sento: tralascio per carità umana quel che sono stati capaci di dire della donna nei secoli, (5) ma l'unica idea della sessualità che sento loro propagandare è quella del sesso=procreazione. Là dove, cioè, la donna è vacca e l'uomo toro.
Ho poi l'impressione che al discorso suddetto s'alleghi la frase che cito: "con urgenza invochiamo una inversione di tendenza rispetto alla diffusione (...) di modelli che si appellano a una pseudoconcezione di libertà, e, di fatto, finiscono per rendere tutto mercato o commercio". (p. 255) Verrebbe da dire: senti chi parla, visto che un evento psicosessuale - cioè umano - viene reso dai "caritas-tevoli"e sodali tramite un meccanismo di mercato (la domanda-offerta). Medico, cura te stesso.
Ma ciò che preoccupa è la solita vaghezza: che di "modelli" di "pseudolibertà" ce ne siano in giro parecchi, è indubbio, però in una discussione seria si dice quali sono, e li si descrive per quello che sono. E magari dopo risulterà che sì, è vero che c'è in giro tanta "pseudolibertà", ma proprio perché manca quella vera, sulla quale preti e padroni tentano (con successo, bisogna dire) di mettere le manacce dal pleistocene ai giorni nostri.
Allora: caro "self-made" che vuoi arrangiarti in casa un bel tomo sulla "cutting edge topic" della prostituzione, opera in maniera tale che la risposta non venga prima della domanda: pericolosa evenienza, giacché, per libri che hanno tutte le loro robìne a posto (dati, metodi, figure), un tale ingorgo può far nascere il fastidioso dubbio che le cose, tanto a posto, non stiano - lo diavolo (cornutàzzo!) si nasconde nei dettagli. Dubbio corroborato, peraltro, dalle resultanze che abbiamo appena esposto analizzando il Caritas-pensiero.
Dopodiché, se proprio vorrai rispondere alla misteriosa questione del perché i clienti infami vadano con le troie, lèggiti quanto referta Massimo Consoli a proposito dei froci: "La domenica (il cinema) era pieno di ragazzini che andavano per vedere il film e per sburàre a buon mercato, senza tante complicazioni sentimentali". (6) Tradotto: non sarà che gli uomini vanno a donne, perché ficcare è semplice e piacevole? E che, se davvero esistesse "una situazione di diffusa liberalizzazione dei costumi sessuali" (MAR, p. 163) sarebbe godurioso e senza rischi pure per le donne (Messalina insegna)?
No. Quelle sono vittime sfruttate. Quegli altri, dei despossenti (S. Saviane). Assieme, rotelline del meccanismo che c'impedisce davvero di essere liberi tutti, come nel gioco bambino. Ciò intuì discutibilmente certa critica marxista. (7) Di ciò fece propaganda quel poeta, che rivelò, con voce di chi grida nel deserto, che la libertà sessuale dovrebbe essere vitalità dei molti, e non concessione teleguidata di pochi.
Ah, scusate: in (DON, p. 29) trovo "Rest and Recreation" (R&R) come locuzione per indicare ciò che in italiano è l' avvicendamento dei militar-soldati dalla prima linea alle retrovie. Ma nello slang americano si dà "Rest and Rotation". (8) Suppongo che l'errore venga dal testo di O'Grady (cfr. DON, bibliografia, al nome). Dettagli, dettagli...
1) Andrea Morniroli, (a cura di), Maria, Lola e le altre in strada, Intra Moenia, Napoli 2003 (d'ora in avanti MAR); Paola Monzini, Il mercato delle donne, Donzelli, Roma 2002 (d'ora in avanti DON);
2) Orwell, nel Decline of the english murder, rilevava che "i nazionalisti hanno la capacità di non trovare somiglianze in insiemi di fatti affini". (Penguin, Harmondsworth, 1968(2), p. 165 - trad. mia) Credo che valga per chiunque sia indifferente alla realtà, quando mina articoli di fede e tornaconti;
3) Rimando all'undicesimo capitolo del raro libretto di Pierino Marazzani: La Chiesa che offende, Erre Emmeedizioni, Roma 1993;
4) in Affetti speciali, Massari, Bolsena (VT) 1999, p. 131;
5) Mario Spinella, Lineamenti di antropologia marxiana, Editori Riuniti, Roma 1996, pp. 47-8. L'intuizione è vedere prostituta e cliente come immersi nella medesima società. La discussione è aperta sul termine "mercificazione" quivi usato;
6) vedi Harold Wentworth, Stuart Berg Flexner, The pocket dictionary of american slang, Pocket books, Simon & Schuster, New York 1968 (15), voce "R and R".
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