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Il Paradiso degli Orchi
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INTERVISTE

Massimo Lugli

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Lugli outsider in questa competizione, sei arrivato terzo subito dopo i due, così come outsider è del resto la tua casa editrice, Newton Compton. E sei solo al secondo romanzo, ti puoi ritenere soddisfatto...



Più che soddisfatto: felice. Mi sento come Cynderella man anche se non ho vinto il mondiale dei massimi. Al secondo romanzo e con una casa editrice "cingolata" ma indipendente alle spalle, ho ottenuto un risultato incredibile. Tutta la mia gratitudine alla Newton, che ha creduto in me e ha combattutto una battaglia con vero spirito da samurai.



"L'istinto del lupo" è una storia di formazione, in una Roma mai nominata ma presente soprattutto nella sua marginalità che sembri conoscere perfettamente. Però non è tanto una Roma pasoliniana quanto una città nuova, davvero post-moderna, che probabilmente della roma pasoliniana ha ereditato certi tratti ma che oggi si sono rimescolati... dando vita ad altro, mi sbaglio?



Si, effettivamente la città è profondamente cambiata: nel linguaggio, nei modi di esserre, nella stessa malavita, distante un milione di anni luce da quella degli anni 70. Ma attenzione: ho descritto una città che è Roma ma al tempo stesso (come direbbe il mio maestro taoista) non lo è. Un "ventre molle" metropolitano che potrebbe esistere a Parigi, New York o Barcellona. Per questo ho accuratamente evitato ogni toponimo così come ogni espressione dialettale. E quest'ultima è stata una tentazione forte visto che, per diletto, compongo sonetti in romanesco (ne ho recitato uno anche alla presentazione dei finalisti in Campidoglio, nel vano tentativo di svegliare un po' l'attenzione di una platea intenta soprattutto a chiacchierare e avventarsi sul buffet).



Ci sono parti autobiografiche nel libro? Qualcosa del giovane Lupo, qualcosa del 'guru' Tamoa?



Certo, ci sono. L'ambientazione dell'infanzia di Lapo è presa para para dalla mia: quartiere residenziale in sviluppo (Fleming) famiglia abbiente, odiatissime signorine d'inglese...Ma Lapo è molto diverso dai "dolori del giovane Lugli"- Quanto a Tamoa, me lo sono inventato di sana pianta, magari avessi incontrato un personaggio così...



Parliamo di letteratura. Allo Strega facevi un discorso interessante sulle trame dei libri che devono esserci, che devono catturare il lettore. Personalmente la penso come te. Tuttavia qui si aprirebbe un contenzioso infinito coi cultori della parola scritta fine e a se stessa. Quali sono gli autori che leggi e che ti piacciono?



Amo i romanzi storici, da Bernard Cornwell a Jack White passando per tutta una serie di autori minori. Ma sono onnivoro: ho assegnato il mio Strega personale a Margaret Mazzantini, non mi perdo un libro di Andrea De Carlo (anche se a mio parere scrive troppo e ogni tanto delude) e sono un fan sfegatato del gigantesco Mario Vargas Llosa. Il concetto è questo: per scrivere un libro devi avere qualcosa da raccontare e saperlo fare...Anche se tutto questo può sembrare presuntuoso da parte di un cronista che ha all'attivo tre libri di cui due romanzi...Ma gli esercizi stilistici mi fanno venire la narcolessia (o l'orchite visto che siamo in tema di Orchi)



Tu sei uno dei cronisti migliori che abbiamo in Italia, lo dico io che non sono un giornalista. Però Umberto Eco continua a dire, forse a mio parere giustamente, che solo la finzione riesce a inquadrare, spiegare e definire meglio la realtà. Sei d'accordo? E quanta realtà c'è nella tua finzione?



Umberto Eco ha sempre ragione. Anche stavolta. Ma secondo me finzione e realtà, in un romanzo, devono essere complementari come lo Yin e lo Yang. Odio i libri troppo "cronachistici" ma anche certe interpretazioni del reale che vengono da chi (e si capisce lontano un miglio) non ha mai messo piede fuori dal suo studio neanche per andare a comprare il latte. Un esempio presuntuosissimo: la scena del circo, con gli animali abbattuti dai carabinieri l'ho vista con questi occhi, nel 1986 a Primavalle, il "giorno delle tigri". La mensur esiste ancora oggi: l'ho scritto di recente sul giornale. Ma la fantasia deve modificare e rendere poetiche certe situazioni, certe scene che altrimenti, a mio parere, restano morte, inerti. In questo, la tecnica dello scrittore è fondamentale, è il colpo d'ala che ti innalza sopra il quotidiano e rende la realtà (magari la più banale) avvincente, intrigante...Altrimenti uno scrive un reportage, genere nobilissimo ma che ha poco a che vedere con la narrativa. E io voglio disperatamente fare narrativa, almeno ci provo.



Prossimo romanzo? In cantiere o per il momento ti godi questo momento di indubbi meriti letterari?



Sto scrivendo e sono a buon punto. Il nuovo personaggio è un giovane cronista di nera, di ottima famiglia, scaraventato in quell'inferno che era la cronaca di 40 anni fa e alle prese con una storia più grande di lui....Si, ricorda qualcuno. Ma non sono le memorie del cronista, che fanno sbadigliare solo a pensarci. E' il mio personale tentativo di raccontare un mondo. Ci riuscirò? Boh....Per adesso mi sto divertendo parecchio e questo, secondo me, è fondamentale. Guai a scrivere perchè lo devi fare. Il mio mestiere è un altro e rivendico, con fierezza, il ruolo di dilettante.



Ultima domanda. Riformeresti lo Strega o lo faresti diventare qualcos'altro, magari più accessibile a tutti?



Non riformerei lo Strega. E' il più scintillante, il più ambito dei premi letterari (ancora non riesco a credere di esserci entrato). Ma la giuria si. Secondo me, come ha detto Raffaello Avanzini, non sarebbe male far ruotare un po' gli 'Amici della domenica', in modo da sganciarli dalle case editrici....Allora, forse, se ne vedrebbero delle belle, la vittoria di Davide su Golia. Ma temo siano solo sogni....Mi piace sognare.







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