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Il Paradiso degli Orchi
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INTERVISTE

Michele Mannoia

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Si dice che spesso l'esclusione degli zingari è funzionale alla formazione di una coscienza nazionale. Come a dire che in periodi come questi di piena crisi gli zingari possono essere visti, al di la dei soliti pregiudizi, dei veri e propri untori.



La storia dei Rom è la storia di un popolo nei confronti del quale l'Occidente ha espresso continuamente sentimenti di diffidenza, di rifiuto e di pregiudizio. Fin dalla loro comparsa in Europa (intorno al 1400), fu un susseguirsi di episodi di intolleranza e di discriminazione che dimostravano la volontà di attribuire colpe e responsabilità ai corpi più vulnerabili della società. Più di recente si è passati ad adottare una più raffinata politica di controllo, attraverso la quale si è tentato di annullare l'identità del popolo Rom attraverso un'assimilazione forzata. Nei periodi di crisi questa pratica di costante inferiorizzazione dei cittadini di origine Rom e Sinti svolge un'importantissima funzione di valvola di sfogo per l'insicurezza e la precarietà generalizzata che caratterizzano la frammentazione sociale nell'epoca della globalizzazione. La creazione del nemico pubblico serve cioè non solo ad evitare che si creino quei presupposti che possano mettere in discussione l'ordine sociale e politico; ma serve anche a rafforzare i mezzi di coartazione e ad assecondare e ad alimentare le rappresentazioni più diffuse del panico sociale, costruendo una vera e propria "solidarietà contro". I Rom sono cioè funzionali alla creazione di un clima sociale in cui la paura diventa un elemento fondamentale: paura dei diversi, dei barboni, degli immigrati, dei musulmani, dei rumeni, dei Rom e dei Sinti, anche quando questi ultimi sono cittadini italiani a tutti gli effetti. E questa paura diventa uno strumento di potere efficace perché quanto più i cittadini hanno paura, tanto più questi ultimi si sentono disposti a delegare al capo dell'esecutivo e/o ai sempre più numerosi sindaci sceriffi la risoluzione della tanto invocata questione della insicurezza urbana.



Nel 1926 in Germania si impose, per legge, a tutti gli Zingari, bambini compresi, di possedere una carta di identità corredata di foto e di impronte digitali. E' vero allora che la Storia non insegna nulla, perché mi ricorda qualcosa di recente...



La storia dei Rom è storia di persecuzioni. Nell'indifferenza dei più, abbiamo assistito ad un degrado civile e politico autorizzato e tollerato con l'alibi della volontà popolare. Il governo ha preferito cavalcare la rabbia del popolo esasperato dalla presenza dei Rom e costruire un clima sociale e politico favorevole all'introduzione di provvedimenti di stampo razzista che richiamano alla mente i periodi più bui della nostra storia, piuttosto che ribadire il sacrosanto principio della responsabilità penale individuale. D'altra parte è più rassicurante che il nemico sia lo Zingaro o il musulmano, piuttosto che un bancarottiere o un presidente della Regione accusato di collusione con Cosa Nostra. Una volta costruito il clima sociale adatto, grazie alla complicità di un poderoso apparato mediatico, il governo, alla fine del mese di giugno del 2008, ha potuto alzare il tiro, annunciando l'intenzione di realizzare un censimento dei Rom e dei Sinti attraverso la rilevazione e la schedatura delle impronte digitali, anche dei minori. Sembrava irreale e invece è accaduto. La cultura dominante, ancora una volta, ha dimostrato di non volere accettare alcun confronto diretto con i Rom e con i Sinti, preferendo lasciarli nei luoghi in cui la comunità urbana colloca, idealmente e materialmente, i suoi rifiuti. Ma in questo provvedimento c'è molto di più della semplice volontà di una costante marginalizzazione delle comunità Rom e Sinti. In questa proposta vi è non soltanto la pericolosa affermazione di un razzismo che può definirsi "istituzionale", ma vi è anche una evidente forzatura del diritto, nonché una palese violazione della dignità umana. Censire, schedare e archiviare le impronte digitali dei Rom e dei Sinti dimostra la volontà di scagliarsi contro i più deboli e contro chi non si vuole omologare a un modello di società stabilito dagli altri.

Personalmente, ritengo che si tratti di prove generali di regime. Si usano i migranti ed i Rom oggi, così come domani potrebbe toccare agli omosessuali, ai giovani che occupano i centri sociali, ai graffitari che "imbrattano" i muri delle città, ai no global e a tutti coloro – migranti e non – che possono essere fatti passare all'occorrenza per nemici interni. In un paese nel quale il tasso di occupazione ed i salari sono più bassi che altrove, il lavoro è sempre più precario, l'università e la ricerca scientifica agonizzano; per il ceto politico è più conveniente suscitare questo panico generalizzato, questa guerra dei poveri contro i poveri, in modo da sottacere i veri problemi e continuare ad erodere le basi antifasciste della nostra repubblica, utilizzando il razzismo mediatico e quello di strada per trasformarli in razzismo istituzionale.



Persino gli omosessuali cominciano ad essere riconosciuti 'vittime' del genocidio realizzato dai nazisti. Ma gli zingari ancora no...



I Rom e i Sinti sono stati vittime due volte: la prima perché sono stati uccisi nei campi di sterminio tedeschi e polacchi; la seconda perché malgrado questo sterminio, ai processi di Norimberga non vi fu nessuna eco. La prima giornata di commemorazione delle vittime zingare del nazismo si tenne soltanto nel 1994, a cinquant'anni di distanza dalla fine della seconda guerra mondiale. È ben noto che la Convenzione di Bonn stabilì un indennizzo per tutti coloro che erano stati vittime della politica razziale tedesca. È meno noto che nel caso dei Rom e dei Sinti questo indennizzo venne loro negato e che tutte le istanze di risarcimento presentate alla magistratura tedesca vennero eluse. Il numero delle vittime del Porrajmos (lo sterminio zingaro) è impressionante. Si calcola che siano stati uccisi non meno di 500.000 Zingari, pari all'incirca al 70-80% dell'intera popolazione. Si tratta peraltro di cifre calcolate solo per difetto, sia per l'assenza di dati certi, sia perché, drammaticamente, su alcune pagine di storia si è preferito tacere.



Secondo lei perché è la scuola, come istituzione, ad aver sempre manifestato maggior apertura nei confronti dei processi di integrazione?



Il ceto politico ha manifestato la tendenza a delegare alla scuola responsabilità primarie nell'affrontare e risolvere le emergenze ricorrenti e la scuola da parte sua ha mostrato di volersi fare carico anche delle nuove emergenze costituite dalla presenza dei bambini Rom e dei fenomeni innescati dai processi migratori, in continuità con quanto già sperimentato, a partire dagli anni Sessanta, con il problema dei "non eguali" provenienti dal Sud, dalle campagne e dalle classi popolari e, successivamente, negli anni Settanta, con quello dei portatori di handicap. Il ruolo della scuola è cruciale perché da essa dipenderà l'esito finale di questo incontro tra alterità. L'istituzione scolastica può diventare un ponte significativo tra le culture a condizione che si superino alcuni punti d'ombra. La mozione proposta dalla Lega e approvata dal parlamento sulle cosiddette classi differenziate, pur essendo semplicemente un indirizzo politico e non ancora una legge, interromperebbe questo processo, prefigurando una scuola - e dunque anche una società - che non esiterei a definire "segregazionista".



Quando parla dei riti e delle feste delle popolazioni Rom lei pone l'accento su una certa somiglianza con pratiche pagane e pratiche cristiane. Pensa che se i cattolici di tutto il mondo sapessero con esattezza di dividere con il popolo zingaro molte delle usanze tipiche avrebbero modo di accettarlo di più?



Non parlerei soltanto dei cattolici. Più in generale, direi che l'accettazione dell'altro deve passare dalla conoscenza reciproca, dall'incontro. Le culture non sono mai entità chiuse, rigide, immutabili, ma sistemi in continuo mutamento, sempre in grado di ridefinirsi costantemente e reciprocamente. La conoscenza reciproca di cittadini che appartengono a culture diverse dimostra non solo che nel giro di poco tempo i pregiudizi reciproci si dissolvono facilmente, ma anche che l'ostilità di gran parte della popolazione nei confronti dei Rom è, nella stragrande maggioranza dei casi, il frutto di una strumentalizzazione politica della questione Rom. I Rom hanno una capacità sincretica notevole. Non è un caso che nelle abitazioni dei Rom musulmani della città di Palermo, giganteggi l'effigie di Padre Pio.



In fondo è la famiglia il nucleo fondante del popolo Rom. Come per noi...



Sì, come per noi. Ma direi che per loro è ancora più fondante. Nel mondo Rom, tutto ruota attorno alla famiglia.



Einstein diceva che è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio. Al di là di tutte le teorie che sono state fatte in proposito, non pensa che l'educazione e la cultura siano mezzi prepotenti per combatterlo?



Sì, senz'altro. L'educazione e la cultura sono i mezzi migliori per combattere i pregiudizi. A questo aggiungerei la conoscenza reciproca che dimostra come anche culture che sembrano così tanto lontane dalla nostra, hanno moltissimi punti di contatto. Soltanto attraverso la conoscenza si possono produrre effetti ampiamente positivi sia dal punto di vista individuale, sia dal punto di vista sociale. La conoscenza dell'altro può risultare utile non soltanto a prevenire, arginare e contrastare le rigidità nelle quali si radica, e con le quali si manifesta, il pregiudizio contro i gruppi etnici diversi da quello autoctono; ma anche a creare un importante effetto alone che può avere, a sua volta, delle ricadute positive dal punto di vista prettamente sociale.



Cosa pensa delle ronde?



Le ronde sono la dimostrazione di una totale assenza di progettualità da parte delle istituzioni. Si tratta di un provvedimento che oltre ad essere improduttivo è anche stupido e pericoloso sotto molteplici punti di vista. Le Ronde cittadine segnano l'abdicazione dello Stato da un principio sacrosanto: lo Stato di Diritto. Come nel caso della "emergenza Rom", così come per gli sbarchi di immigrati lungo le nostre coste, le istituzioni italiane hanno preferito incancrenire i problemi e creare allarme sociale in modo da giustificare l'adozione di alcuni interventi straordinari, piuttosto che gestire il fenomeno in modo più oculato e lungimirante; ad esempio, iniziando a discutere nelle sedi opportune di una legge che possa finalmente considerare i Rom per quello che sono, e cioè una minoranza etnica linguistica e culturale che, come tale, andrebbe tutelata. Lungi dal muoversi in questa direzione, il governo italiano si è limitato a proporre una serie di misure contenute nel pacchetto sicurezza che non faranno altro che alimentare ancora di più sia il clima di terrore che si vive all'interno dei campi, sia il sentimento di ostilità dei cittadini nei confronti dei Rom. Attenzione, perché il trattamento riservato ai Rom e agli immigrati in generale, costituisce una lente di ingrandimento attraverso la quale osservare il reale funzionamento della democrazia. Tutto questo è imbarbarimento e l'imbarbarimento non nuoce solo alle vittime, ma si ritorce anche contro tutta la società.







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