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Il Paradiso degli Orchi
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RACCONTI

Giovanna Repetto

Miracolo di Natale

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Mi sveglio tutto stonato, sto già sotto un treno. Me ne sono tenuta una dose e me la sparo subito, ma ho capito da ieri che non è roba buona. Sento mia madre che grida, ce l’ha sempre con me, ma cerco di non farci caso. Forse s’è accorta che le mancano i soldi dal portafoglio. E che sarà mai? Il brutto è che la roba non era buona. Non dovevo fidarmi del Bugia. Non per niente si chiama così. Però se l’è fatta anche lui e sembrava contento. Magari ha tagliato solo la mia. È perché son troppo buono, ma se lo incontro gli spacco la faccia. Mentre mi vesto mia madre mi dice: È per colpa tua che tuo padre sta male. Se eri uno che lavorava invece di rubarci i soldi l’infarto non gli veniva. Lo farai morire e prima ancora morirò io per i dispiaceri. Infilo la porta di corsa. È vero che chi uccide la madre è un assassino, ma chi non la uccide è un santo.
   Per strada cammino in fretta, perché ho dei brutti presentimenti. È la vigilia di Natale, e il periodo delle feste è sempre strano. La gente pare matta. È vero che con questa frenesia degli acquisti, con la folla che c’è, se infili le mani in tasca a qualcuno nemmeno se ne accorge. Ma sono tempi strani. Intanto a me il Natale mi sta sul cazzo. Vengono a casa i parenti e cominciano a fare domande. Come sto, se lavoro, eccetera. Mia madre parla male di me con tutti, così nemmeno mi regalano qualche soldo. Poi c’è sempre qualcuno che mi prende da parte per farmi un discorso. Mi guarda negli occhi, parla solenne, come a un funerale. Cosa vogliono? Provassero loro a stare a rota. A bucarsi con quella robaccia tagliata, che ti fa stare peggio di prima.
   Dovevo andare dal Coatto. Quello sì che ce l’ha buona. Costa un po’ di più, ma si sente. Devo andare proprio dal Coatto, al solito bar. Il bar per lui è come l’ufficio. Ci passa quasi tutta la giornata. Prende il caffè e l’aperitivo, e poi di nuovo il caffè. È lì che spiccia gli affari. Secondo me le guardie non lo beccano perché fa anche la spia. Non è che sia proprio un infame, ma se qualcuno gli fa uno sgarro... Magari una volta lo perdona, perché si sa come siamo noi tossici, ma alla fine dice: se l’è voluta.
   Però non posso presentarmi a mani vuote. Così salto su un autobus bello affollato. Mentre mi pigio con tutti gli altri butto un’occhiata intorno, ma senza parere. Ci sono due befane impellicciate, che per vestirsi hanno fatto fuori più bestie di un macellaio. Parlano dei negozi per gli ultimi acquisti di Natale. Se vanno a comprare devono essere bene in grana. Non hanno nemmeno un pacchetto, e dunque ancora non ne hanno spesi. Una ha perfino la borsa aperta. Se la gente è così scema non è nemmeno colpa mia. Mi do da fare prima che scendano. Con la mano sinistra do uno spintone a un tizio davanti a loro che si volta incazzato, e mentre le due lo guardano, con la destra arraffo il portafoglio dentro la borsa. Mai stato così facile. Mi avvicino tranquillo all’uscita, e appena si apre la porta scendo. Prima che si richiuda sento uno strillo. Cazzo, se n’è già accorta. Cammino veloce ma senza correre. L’autobus fa per ripartire ma ci ripensa. Le porte si riaprono e mi sembra già di vedere il conducente che salta giù per inseguirmi. Mi tuffo in mezzo alla gente che scorre sul marciapiede come un fiume. Sto sudando, ma non so se è per la rota. Mi volto dopo un po’, e vedo che nessuno mi segue. Ma un momento, com’era quel grido? Che diceva quella befana? I miei occhiali! Occhiali? Guardo il malloppo che ho in tasca: è vero, è un astuccio con un paio di occhiali, e pure brutti. Me ne libero subito. Che c’era da gridare tanto non so, per un paio di occhiali. Oggi è il mio giorno sfigato.
   Forse sono ancora in tempo ad andare al Sert, a prendere il metadone. Ma l’ho saltato per qualche giorno, e non mi va di sentire discorsi. E poi è la vigilia di Natale. Cazzo, non chiedo tanto, solo uno schizzetto di roba buona. Certo, se non mi spiccio il Sert chiude. Oggi è aperto solo mezza giornata.  E già, se la prendono comoda. E che, devo star male proprio la sera di Natale? Non è giusto. L’ultima volta che sono andato al Sert c’era un dottore nuovo, giovane. Mi ha fatto un sacco di discorsi, come può fare uno che ha studiato ma non capisce un cazzo. Per lui la rota si cura come un raffreddore. La mia dottoressa invece mi guarda in faccia e capisce subito come sto e di cosa ho bisogno.
   Mi viene un’idea. Prima di sbattermi per cercare i soldi vado dal Coatto e mi ci metto d’accordo. Magari me la dà a credito. Lo sa che sono un tipo preciso. Avvicinandomi al solito bar guardo da lontano se lo vedo affacciato a fumare sulla porta, tutto elegante con uno dei suoi giacconi firmati e un filo di barba all’ultima moda. Invece non c’è. Entro e domando al barista se s’è visto il Coatto. È passato stamattina - dice - ma poi se n’è andato. E quando torna? E che ne so, mica sono la segretaria. È ora di pranzo e non so dove andare. Starei quasi lì al bar, ad aspettare se torna il Coatto. Potrei farmi un tramezzino, ma non ho fame. Continuo a sudare, e non so se è la rota o la paura della rota. Forse c’è stato qualche movimento di guardie, e il Coatto se l’è filata. Magari gli hanno dato la dritta proprio loro.
   Forse faccio ancora in tempo a prendere il metadone. Non mi ricordo gli orari del Sert. È anche la vigilia di Natale, può darsi che chiudano prima. Potrei andare a trovare mia zia, anzi la zia di mia madre, una vecchietta che a volte mi allunga qualche soldo. Non sta vicino ma nemmeno lontano, e già che ci sono mi avvio. Coi soldi la roba si trova. Se poi proprio sto male posso andare al pronto soccorso. Mi sento i brividi nella schiena. Al pronto soccorso? La vigilia di Natale? Ma neanche morto!
   Una volta, non so che m’era preso, mi sono perfino rivolto a una comunità. Ho parlato con uno che si era fatto una vita di pere. Teneva in vista le braccia, piene di tatuaggi e di segni, per far vedere che ne sapeva più di me. Il discorso era chiaro: Ne ho fatto di tutti i colori, e conosco tutti i trucchi del mestiere di tossico, perciò con me non attaccano né scuse né balle né storie di marziani. Io per smettere di bucarmi ho dovuto farmi il mazzo. E basta. E ora tocca a te e tu il mazzo te lo devi fare doppio. Per te, che sei ancora nella merda, e per me che per venirti a fare ‘sto discorso ho dovuto smettere di farmi le pere. Che ancora mi rode e non sai quanto. Non diceva proprio così ma te lo faceva capire. Allora gli ho detto: Sì sì, d’accordo, vado solo un attimo a comprare le sigarette e poi torno. A proposito - dice lui - di sigarette qui ne puoi fumare otto al giorno. Quando non sei in punizione. Ah sì, benissimo, ora che ci penso ho lasciato anche il latte sul fuoco.
   Ecco la casa di mia zia, col giardinetto pieno di fiori. Speriamo che non le siano arrivate brutte voci sul mio conto. Mia madre non sta mai zitta. Suono, ma la zia non risponde. Busso, poi busso più forte. Si affaccia una vicina. Ehi, chi cerchi? Cerco mia zia. Ah, poverina, sta male. Sta male? Sì. Proprio la vigilia di Natale? L’hanno portata via con l’ambulanza poco fa. Tiro giù due bestemmie, e la vicina resta di sasso a vedere quanto sono affezionato a mia zia. Addio soldi! E si fa sempre più tardi. A quest’ora il Sert avrà chiuso. Merda! Signora... - ci provo - ha per caso qualche soldo? Sa, mia zia mi ha chiesto di pagarle una bolletta, ed ero passato giusto per... La signora mi sbatte la finestra in faccia.
   Camminando mi guardo intorno, se ci fosse a portata di mano qualche borsetta o qualche catenina. Ma sento che mi mancano le forze, i muscoli mi tirano, ho il cuore accelerato. Poi, con la fortuna che ho, mi beccherebbero le guardie appena allungo la mano. Passare la rota in caserma! Ci manca solo questo. L’ultima volta gridavo: Sto a rota! E loro: Impiccati!
   Ho i brividi e mi cola il naso. Mi sta prendendo il panico. Giro a vuoto come una trottola. È buio da un pezzo, ma le strade sono tutte illuminate, con lampadine colorate, stelle, fiocchi, alberi di Natale. Io strapperei tutto, darei fuoco a tutte ‘ste stronzate. Sto male e non c’è un cane a darmi una mano. Comincio a pensarle tutte. Ripasso al bar del Coatto, ma di lui nemmeno l’ombra. Anzi, il barista mi guarda con un risolino. Arrivo fino alla palestra dove il mio amico Tarzan va a farsi i muscoli. Tarzan è sempre lì in maglietta estate o inverno, con i muscoli che gli gonfiano la pelle e i tatuaggi che gli arrivano fin sul cranio. Lui va a coca, si capisce, ma volendo può procurarti di tutto. Ripete sempre: devi solo dirmi quel che ti serve. Ma la palestra è chiusa, e c’è un cartello: il 24 solo mezza giornata.
   Natale, Natale! Un Natale così sfigato non l’ho mai passato in vita mia. Le strade ora son mezze deserte. Non passano nemmeno più gli autobus. La gente se ne sta al calduccio a prepararsi il cenone. Io invece non mangio da ieri e ho solo voglia di vomitare. Magari potrei chiedere l’elemosina per alzare i soldi di una dose. La posso rimediare alla stazione, oppure tornare dal Bugia. Dal Bugia? A farmi avvelenare per poi stare un’altra volta a rota!  No, ora vado alla stazione, e i soldi li rimedio strada facendo.
   Solo una volta ho trovato uno come si deve. Un ragazzo che dava le siringhe per strada, con un banchetto. Ci dava le siringhe, l’acqua e il disinfettante. Poi dava anche dei consigli: Quando vi fate, non state da soli. Se capita che una volta la roba è troppo buona e qualcuno si sente male, potete aiutarvi fra voi. Ci ha dato una fiala. Questa può salvarvi la vita. La conosco: è quella che ti risveglia pure se stai in coma, ma poi ti fa incazzare perché ti manda a rota un’altra volta.
   Svolto un angolo e resto paralizzato. C’è un esercito sul piede di guerra: macchine della polizia, macchine dei carabinieri, guardie dappertutto. Ma chi li scioglie questi anche a Natale? Mi spavento, penso che sono lì per me, poi mi dico che sono scemo e cerco di darmi un’aria indifferente. Ma come si fa a restare indifferenti in mezzo alle guardie? Quando ti guardano sembra che ti fanno la radiografia. Tanto qualcosa che non va te la trovano sempre. Insomma, non è aria da andare alla stazione. Sto male, batto i denti dal freddo. In una sera così ci vorrebbe solo un miracolo.
   Non mi resta che andare dal Bugia. A quest’ora sta a casa, ma per arrivarci devo attraversare a piedi mezza Roma. Dopo che m’ha fregato, mi tocca pure pregarlo di farmi credito. Che giornata di merda! Mi avvio con la morte nel cuore. Mi sa che prima di arrivare dal Bugia finisco in qualche ospedale. O magari in galera. Me lo sento.
   Arranco come posso, vorrei far presto ma le gambe non mi reggono, sudo e muoio dal freddo. C’è una chiesa tutta illuminata. Mi viene perfino in mente di entrare a scaldarmi un po’, ma è una stronzata, perché il freddo che ho io è il freddo della rota. E perciò devo tirare dritto e camminare più svelto che posso. Tiro su col naso e mi stringo nella giacca. Non credo che arriverò dal Bugia. Forse l’unica è infilarmi in un pronto soccorso.
   Fuori della chiesa c’è uno che fuma. Mi accorgo che ha qualcosa di familiare. Quando sono a tiro riconosco il Coatto. Ehi, Coatto, cosa fai qui? Lui se la ride, tranquillo. Ha addosso un cappotto nuovo. Ho accompagnato mia nonna alla messa di mezzanotte. Sono un uomo di cuore, io. Continua a ridacchiare, poi fa: E tu che ci fai? Non sembri tanto in forma. Sono a pezzi, - confesso - sto a rota. Stavolta si fa proprio una bella risata, che in un altro momento mi farebbe girare le palle. Ma ora sto troppo male. T’ho cercato al bar - dico - che fine avevi fatto? Te l’ho detto, impegni familiari.
   Così non mi puoi aiutare. Ride ancora. Come no, basta chiedere. Ce l’hai appresso? Per te ce l’ho sempre. Ma non ho soldi. Alza leggermente le spalle. Puoi pagare domani, no? Credo di sognare. Il Coatto mi accompagna dentro la chiesa, dove c’è un bel calduccio, musica e luci. È piena di gente. Il Coatto mi strizza l’occhio e mi indica un confessionale tutto chiuso, con una porticina per entrare. Mi infila lì dentro e mi allunga tutto l’occorrente. Tremo tanto che ho paura di non prendermi la vena, ma poi ci riesco. Sento un fiotto che mi riempie di calore e di pace. Le campane cominciano a suonare. È mezzanotte, e mentre la gente canta festeggiando il Bambinello anch’io vedo il paradiso. Dio esiste, cazzo. Chi ha mai detto il contrario? Dio esiste. Alla grande.



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