RACCONTI
Leo Ruberto
Morte su Facebook
Era rassicurante, era rassicurante per quelli della mia generazione affermare che niente sarebbe mai durato, “oggi”.
Oggi è passato, e invece ci sono cose che sono durate. Eravamo nell'era del digitale e pensavamo che la novità di oggi che ha cambiato il nostro stupido modo di vivere sarebbe poi scomparsa come si cancella un file dal proprio computer, o peggio come si scorre un contenuto sul nostro smartphone per poi dimenticarsene, e se te ne ricordi comunque non riesci più a trovarlo.
Sì, l'ho detto in tempi non sospetti: oggi Facebook è Facebook ma non durerà, è troppo stupido, troppo futile, troppo leggero, è come l'ultimo modello di oggetto tecnologico, un giorno non significherà niente. Mentre ai tempi dei nostri genitori era diverso, ah, se durava quel modello di giradischi, quell'auto tedesca, quello sì che era cambiare la Storia degli oggetti.
Invece Facebook è sopravvissuto. Così, si è stabilizzato. Anche nella nostra epoca ci sono cose che si sono stabilizzate. Assorbite. Quindi non eravamo speciali come speravamo nella nostra moderna depressione digitale.
Lo so, di me non rimarrà niente, perché tutto quello che ho cercato di produrre in una vita, tutto quello che ho scritto mentre cercavo di essere uno scrittore, scomparirà con una formattazione di pc, non ci saranno mitici manoscritti da ritrovare, ho pensato qualche volta di stamparli ma ho rimandato, quasi per un centinaio di anni.
Ecco, ho sempre pensato che sarei stato longevo, mi è sempre piaciuta l'idea non per ovvio egoismo, era un po' come essere uno scrittore, per me era una certezza non ancora realizzata. Per me ero così, ammiravo i vecchi che vivevano a lungo e che tanta creatività avevano prodotto. Io sono stato così. E ho avuto ragione anche se nessuno saprà niente di quello che ho prodotto, e pochissimi di quanto a lungo ho vissuto.
Tra un paio di mesi compirò centoquattro anni di età. E il mio cervello funziona ancora, il corpo non importa, è da decenni che non importa più se non per le foto da condividere, e lì basta mettersi in posa, fermi, ritoccare, non si sentono odori e rumori di ossa scricchiolanti.
In tutti questi anni la gente ha cominciato a morire, nella vita reale come nello specchio su Facebook. Questo è parlare da vecchio, come sono. Ricordo ancora la prima morte su Facebook, che mi colpì come tutte le cose che colpiscono su Facebook: di sfuggita.
Era un giovane uomo, come me all'epoca, se n'era andato con un incidente stradale. Lo conoscevo ma non ci avevo mai scambiato una vera parola direttamente, se non in cerchio con altre persone. Ma era tra i miei social-amici.
E poi di colpo non era più. Come nella vita reale, che poi è una cosa unica con quella virtuale, ma noi non ce ne rendevamo né volevamo rendercene conto, da mancati per poco nativi digitali.
Eppure c'era ancora, c'era ancora il suo profilo su Facebook, c'è stato per anni, credo che ci sia ancora oggi, come tanti altri, nessuno è andato a chiuderlo, non ci hanno pensato e probabilmente non avevano le password.
E tutti quei profili fermi si sono moltiplicati man mano che invecchiavo e perdevo amici più o meno virtuali. E ho sofferto come tutti gli uomini, e la futilità del virtuale non mi è servita nemmeno a evitare un po' la sofferenza in carne e ossa.
Oggi il mio profilo è lento, lento e vecchio come me e circondato da gente morta. Ormai sono molto pochi i nuovi post, perché di amici giovani che mi sono sopravvissuti ne ho pochi, uno degli inconvenienti della longevità oggi come ieri.
Sono andato a guardarmi qualche profilo, alcuni mi hanno fatto male al cuore, tutti mi hanno fatto sentire colpevole come chi sbircia nel privato degli altri, ma è così che facciamo da decenni su Facebook, sono i regolamenti che abbiamo accettato come utenti.
Gli amici virtuali, vivi o morti, saranno sempre di più di quelli reali, come è sempre stato da quando esistono i social network. Un di più che nella realtà non potremmo reggere, elaborare, tutti quei dati, per questo è stato inventato il virtuale.
Ma anche nel virtuale si può essere soli e vecchi. Solo una foto del profilo e una manciata di vecchi post. Un giorno, ormai molto vicino, anche io sarò così.
E nessuno si preoccuperà di cancellare i miei dati. Il mio profilo rimarrà lì nel limbo del digitale.
Un limbo che esiste davvero, perché lo puoi vedere, etereo com'è.
Oggi è passato, e invece ci sono cose che sono durate. Eravamo nell'era del digitale e pensavamo che la novità di oggi che ha cambiato il nostro stupido modo di vivere sarebbe poi scomparsa come si cancella un file dal proprio computer, o peggio come si scorre un contenuto sul nostro smartphone per poi dimenticarsene, e se te ne ricordi comunque non riesci più a trovarlo.
Sì, l'ho detto in tempi non sospetti: oggi Facebook è Facebook ma non durerà, è troppo stupido, troppo futile, troppo leggero, è come l'ultimo modello di oggetto tecnologico, un giorno non significherà niente. Mentre ai tempi dei nostri genitori era diverso, ah, se durava quel modello di giradischi, quell'auto tedesca, quello sì che era cambiare la Storia degli oggetti.
Invece Facebook è sopravvissuto. Così, si è stabilizzato. Anche nella nostra epoca ci sono cose che si sono stabilizzate. Assorbite. Quindi non eravamo speciali come speravamo nella nostra moderna depressione digitale.
Lo so, di me non rimarrà niente, perché tutto quello che ho cercato di produrre in una vita, tutto quello che ho scritto mentre cercavo di essere uno scrittore, scomparirà con una formattazione di pc, non ci saranno mitici manoscritti da ritrovare, ho pensato qualche volta di stamparli ma ho rimandato, quasi per un centinaio di anni.
Ecco, ho sempre pensato che sarei stato longevo, mi è sempre piaciuta l'idea non per ovvio egoismo, era un po' come essere uno scrittore, per me era una certezza non ancora realizzata. Per me ero così, ammiravo i vecchi che vivevano a lungo e che tanta creatività avevano prodotto. Io sono stato così. E ho avuto ragione anche se nessuno saprà niente di quello che ho prodotto, e pochissimi di quanto a lungo ho vissuto.
Tra un paio di mesi compirò centoquattro anni di età. E il mio cervello funziona ancora, il corpo non importa, è da decenni che non importa più se non per le foto da condividere, e lì basta mettersi in posa, fermi, ritoccare, non si sentono odori e rumori di ossa scricchiolanti.
In tutti questi anni la gente ha cominciato a morire, nella vita reale come nello specchio su Facebook. Questo è parlare da vecchio, come sono. Ricordo ancora la prima morte su Facebook, che mi colpì come tutte le cose che colpiscono su Facebook: di sfuggita.
Era un giovane uomo, come me all'epoca, se n'era andato con un incidente stradale. Lo conoscevo ma non ci avevo mai scambiato una vera parola direttamente, se non in cerchio con altre persone. Ma era tra i miei social-amici.
E poi di colpo non era più. Come nella vita reale, che poi è una cosa unica con quella virtuale, ma noi non ce ne rendevamo né volevamo rendercene conto, da mancati per poco nativi digitali.
Eppure c'era ancora, c'era ancora il suo profilo su Facebook, c'è stato per anni, credo che ci sia ancora oggi, come tanti altri, nessuno è andato a chiuderlo, non ci hanno pensato e probabilmente non avevano le password.
E tutti quei profili fermi si sono moltiplicati man mano che invecchiavo e perdevo amici più o meno virtuali. E ho sofferto come tutti gli uomini, e la futilità del virtuale non mi è servita nemmeno a evitare un po' la sofferenza in carne e ossa.
Oggi il mio profilo è lento, lento e vecchio come me e circondato da gente morta. Ormai sono molto pochi i nuovi post, perché di amici giovani che mi sono sopravvissuti ne ho pochi, uno degli inconvenienti della longevità oggi come ieri.
Sono andato a guardarmi qualche profilo, alcuni mi hanno fatto male al cuore, tutti mi hanno fatto sentire colpevole come chi sbircia nel privato degli altri, ma è così che facciamo da decenni su Facebook, sono i regolamenti che abbiamo accettato come utenti.
Gli amici virtuali, vivi o morti, saranno sempre di più di quelli reali, come è sempre stato da quando esistono i social network. Un di più che nella realtà non potremmo reggere, elaborare, tutti quei dati, per questo è stato inventato il virtuale.
Ma anche nel virtuale si può essere soli e vecchi. Solo una foto del profilo e una manciata di vecchi post. Un giorno, ormai molto vicino, anche io sarò così.
E nessuno si preoccuperà di cancellare i miei dati. Il mio profilo rimarrà lì nel limbo del digitale.
Un limbo che esiste davvero, perché lo puoi vedere, etereo com'è.
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