INTERVISTE
Piergiorgio Paterlini
Nella recensione che ho fatto a 'Ragazzi che amano ragazzi' ho preferito parlare più di te e del lavoro che c'è e c'è stato intorno al testo che non delle storie in sé. Insisto: nella postilla ti definisci scrittore (e uomo) felice. Mi piacerebbe sapere, chiamala curiosità, quanta di questa felicità dipende dalla straordinaria vitalità ed attualità del tuo libro e quanto dall'affetto che i lettori ti hanno dimostrato in tutti questi anni.
L'affetto davvero grande dei lettori spalmato lungo vent'anni ininterrotti, praticamente una vita – mi è arrivata una lettera da una ragazza di Padova proprio pochi minuti fa che mi ha fatto ancora una volta balzare il cuore in gola – è una cosa talmente straordinaria che farebbe felice un sasso. Non troverò mai le parole per dire ciò che provo, e per ringraziare adeguatamente. Nel libro però dico anche una cosa diversa: che sono uno scrittore felice perché qualunque autore di fronte alla longevità della propria opera mentirebbe se dicesse che non gliene importa nulla; ma aggiungo che sono un cittadino infelice, perché l'attualità di questo libro significa anche che troppo poco è cambiato in Italia, in questi lunghissimi vent'anni in cui è cambiato il mondo, come sappiamo. È brutto citarsi ma nel testo che apre questa nuova edizione, e perfino nella quarta di copertina, scrivo testualmente: "L'attualità di questo libro è un manifesto della vergogna italiana, lo specchio implacabile dell'arretratezza, dell'inciviltà e della stupidità del mio Paese".
Non ci crederai, ma una delle cose che mi ha colpito di più nel leggere il tuo capitolo finale 'Un altro mondo. Dalla biro a Facebook' è venire a sapere che conservi gelosamente le 'cartonate' di lettere che i ragazzi ti hanno scritto per ringraziarti. L'ho trovato quasi commovente.
Toglierei il "quasi". Del resto, come pensi che avrei potuto separarmene?
Il titolo che apre il libro 'Arrivederci, ragazzi' oltre che un richiamo a Louis Malle è forse un saluto d'augurio per le nuove generazioni?
Sì. Non voglio fare il pappagallo ma è assolutamente questo: un "omaggio" a Malle, un saluto d'augurio per le nuove generazioni e – aggiungerei – un pizzico di ottimistica ironia. Arrivederci, Ragazzi (inteso come ragazzi-ragazzi e come titolo del libro) in attesa che finalmente io e tutti noi possiamo voltare pagina e dirgli "addio", a questo libro, per le ragioni illustrate sopra.
Se avessi la possibilità di fare concretamente qualcosa per il movimento gay opteresti per riempire il vuoto legislativo in fatto di diritti civili che c'è in questo paese catto-reazionario o lo accantoneresti per preferire invece una sorta di risveglio delle coscienze?
Penso che andrebbe fatto tutto insieme, mi è difficile pensare a una cosa senza l'altra. Nel libro polemicamente chiedo "tutto e subito". Per come sono io, è chiaro lavorerei più sul senso comune. Con più precisione, mi batterei contro l'ignoranza, sarebbe un discorso lungo (ci ho dedicato un intero libro: Io Tarzan, tu Jane). Penso che andrebbe fatto tutto insieme, mi è difficile pensare a una cosa senza l'altra. Nel libro polemicamente chiedo "tutto e subito". Per come sono io, è chiaro lavorerei più sul senso comune. Con più precisione, mi batterei contro l'ignoranza, sarebbe un discorso lungo (ci ho dedicato un intero libro: Io Tarzan, tu Jane) ma sono davvero convinto che non solo in generale ma nel caso specifico dell'omofobia la mancanza di adeguate informazioni sia la causa principale del razzismo del cretinismo della violenza ecc ecc ecc.g>) ma sono davvero convinto che non solo in generale ma nel caso specifico dell'omofobia la mancanza di adeguate informazioni sia la causa principale del razzismo del cretinismo della violenza ecc ecc.
Hai sempre preferito, nei tuoi libri, la tecnica dell'esperienza diretta (confessioni, interviste, lettere, penso anche ad un'altra tua opera 'Matrimoni gay') piuttosto che quella del saggio. Credi che questa 'paghi' di più per la comprensione ultima del problema?
Sì. Credo "paghi" di più. In realtà, più decisivo è il fatto, ancora una volta, di come sono io, di come e cosa mi piace scrivere, raccontare. Cioè, non farei mai una partita di calcio saggisti contro narratori, serve tutto e serve soprattutto che ognuno faccia bene il proprio mestiere. Io però mi sento un narratore, da sempre, sia quando "invento" sia quando racconto la vita reale delle persone. Credo di aver teso, raggiunto non so, ma teso sempre a una scrittura appunto narrativa, anche nei libri che nascevano come interviste e inchieste. Ragazzi che amano ragazzi è un libro di storie, chi lo legge, legge dei racconti. Anche se rigorosamente veri.
Potrebbe sembrare una domanda sciocca, ma mi va di farla: la quasi unanimità di apprezzamenti per 'Ragazzi che amano ragazzi' sicuramente non ti ha impedito di avere dei detrattori. Quanti di questi si saranno infastiditi perché tu racconti non solo di esperienza gay, ma di sessualità di 'minorenni'?
Credo molti, in effetti. Il tabù nel tabù.
Hai scritto giustissimo: l'unica malattia che attiene all'omosessualità è l'omofobia...
Non è una domanda. Sono contento che tu sia d'accordo. Andrebbe detto con più forza, e con più frequenza, credo.
Altra domanda delicata: la difficoltà dello scoprirsi gay in tenera età quanto determina quella che ormai – e si tocca con mano – è una vera e propria propensione dei grandi all'anaffettività?
Non è una domanda delicata, è una domanda giusta e difficile. Non so se sono la persona adatta a rispondere con il rigore dovuto. Da profano, direi che un problema di accettazione nell'adolescenza può fare, fa – lo sappiamo benissimo - molti e gravi danni. Fra cui probabilmente quello che segnali tu. L'omofobia miete vittime, questo è ciò che nessuno può più permettersi di ignorare. Vittime in senso proprio, e vittime a tantissimi livelli. È questo appunto che dovrebbe risultare intollerabile.
Sdrammatizziamo un po': come la vedi una risposta ironica tipo 'poteva succederci di peggio' di fronte alla confessione di un figlio che si dichiara gay?
Può succedere molto, molto di peggio che ritrovarsi con un figlio gay. Mi sembra una risposta sensata, più che ironica. So che oggi molti genitori riescono a dirla, questa battuta. Il passo successivo – non vorrei però essere troppo serioso – è pensare, oltre che dire, che avere un figlio gay, o essere gay, o avere un padre gay o una madre lesbica (perché a molti figli tocca questo, oggi come ieri, solo che oggi a differenza di ieri molti padri e molte madri a un certo punto lo dicono) non è solo un meno peggio, è una cosa "normale", può essere una benedizione, se una benedizione è l'amore, e lo è, e anche il sesso, e se ci fossero parità, uguaglianza di diritti.
L'affetto davvero grande dei lettori spalmato lungo vent'anni ininterrotti, praticamente una vita – mi è arrivata una lettera da una ragazza di Padova proprio pochi minuti fa che mi ha fatto ancora una volta balzare il cuore in gola – è una cosa talmente straordinaria che farebbe felice un sasso. Non troverò mai le parole per dire ciò che provo, e per ringraziare adeguatamente. Nel libro però dico anche una cosa diversa: che sono uno scrittore felice perché qualunque autore di fronte alla longevità della propria opera mentirebbe se dicesse che non gliene importa nulla; ma aggiungo che sono un cittadino infelice, perché l'attualità di questo libro significa anche che troppo poco è cambiato in Italia, in questi lunghissimi vent'anni in cui è cambiato il mondo, come sappiamo. È brutto citarsi ma nel testo che apre questa nuova edizione, e perfino nella quarta di copertina, scrivo testualmente: "L'attualità di questo libro è un manifesto della vergogna italiana, lo specchio implacabile dell'arretratezza, dell'inciviltà e della stupidità del mio Paese".
Non ci crederai, ma una delle cose che mi ha colpito di più nel leggere il tuo capitolo finale 'Un altro mondo. Dalla biro a Facebook' è venire a sapere che conservi gelosamente le 'cartonate' di lettere che i ragazzi ti hanno scritto per ringraziarti. L'ho trovato quasi commovente.
Toglierei il "quasi". Del resto, come pensi che avrei potuto separarmene?
Il titolo che apre il libro 'Arrivederci, ragazzi' oltre che un richiamo a Louis Malle è forse un saluto d'augurio per le nuove generazioni?
Sì. Non voglio fare il pappagallo ma è assolutamente questo: un "omaggio" a Malle, un saluto d'augurio per le nuove generazioni e – aggiungerei – un pizzico di ottimistica ironia. Arrivederci, Ragazzi (inteso come ragazzi-ragazzi e come titolo del libro) in attesa che finalmente io e tutti noi possiamo voltare pagina e dirgli "addio", a questo libro, per le ragioni illustrate sopra.
Se avessi la possibilità di fare concretamente qualcosa per il movimento gay opteresti per riempire il vuoto legislativo in fatto di diritti civili che c'è in questo paese catto-reazionario o lo accantoneresti per preferire invece una sorta di risveglio delle coscienze?
Penso che andrebbe fatto tutto insieme, mi è difficile pensare a una cosa senza l'altra. Nel libro polemicamente chiedo "tutto e subito". Per come sono io, è chiaro lavorerei più sul senso comune. Con più precisione, mi batterei contro l'ignoranza, sarebbe un discorso lungo (ci ho dedicato un intero libro: Io Tarzan, tu Jane). Penso che andrebbe fatto tutto insieme, mi è difficile pensare a una cosa senza l'altra. Nel libro polemicamente chiedo "tutto e subito". Per come sono io, è chiaro lavorerei più sul senso comune. Con più precisione, mi batterei contro l'ignoranza, sarebbe un discorso lungo (ci ho dedicato un intero libro: Io Tarzan, tu Jane) ma sono davvero convinto che non solo in generale ma nel caso specifico dell'omofobia la mancanza di adeguate informazioni sia la causa principale del razzismo del cretinismo della violenza ecc ecc ecc.g>) ma sono davvero convinto che non solo in generale ma nel caso specifico dell'omofobia la mancanza di adeguate informazioni sia la causa principale del razzismo del cretinismo della violenza ecc ecc.
Hai sempre preferito, nei tuoi libri, la tecnica dell'esperienza diretta (confessioni, interviste, lettere, penso anche ad un'altra tua opera 'Matrimoni gay') piuttosto che quella del saggio. Credi che questa 'paghi' di più per la comprensione ultima del problema?
Sì. Credo "paghi" di più. In realtà, più decisivo è il fatto, ancora una volta, di come sono io, di come e cosa mi piace scrivere, raccontare. Cioè, non farei mai una partita di calcio saggisti contro narratori, serve tutto e serve soprattutto che ognuno faccia bene il proprio mestiere. Io però mi sento un narratore, da sempre, sia quando "invento" sia quando racconto la vita reale delle persone. Credo di aver teso, raggiunto non so, ma teso sempre a una scrittura appunto narrativa, anche nei libri che nascevano come interviste e inchieste. Ragazzi che amano ragazzi è un libro di storie, chi lo legge, legge dei racconti. Anche se rigorosamente veri.
Potrebbe sembrare una domanda sciocca, ma mi va di farla: la quasi unanimità di apprezzamenti per 'Ragazzi che amano ragazzi' sicuramente non ti ha impedito di avere dei detrattori. Quanti di questi si saranno infastiditi perché tu racconti non solo di esperienza gay, ma di sessualità di 'minorenni'?
Credo molti, in effetti. Il tabù nel tabù.
Hai scritto giustissimo: l'unica malattia che attiene all'omosessualità è l'omofobia...
Non è una domanda. Sono contento che tu sia d'accordo. Andrebbe detto con più forza, e con più frequenza, credo.
Altra domanda delicata: la difficoltà dello scoprirsi gay in tenera età quanto determina quella che ormai – e si tocca con mano – è una vera e propria propensione dei grandi all'anaffettività?
Non è una domanda delicata, è una domanda giusta e difficile. Non so se sono la persona adatta a rispondere con il rigore dovuto. Da profano, direi che un problema di accettazione nell'adolescenza può fare, fa – lo sappiamo benissimo - molti e gravi danni. Fra cui probabilmente quello che segnali tu. L'omofobia miete vittime, questo è ciò che nessuno può più permettersi di ignorare. Vittime in senso proprio, e vittime a tantissimi livelli. È questo appunto che dovrebbe risultare intollerabile.
Sdrammatizziamo un po': come la vedi una risposta ironica tipo 'poteva succederci di peggio' di fronte alla confessione di un figlio che si dichiara gay?
Può succedere molto, molto di peggio che ritrovarsi con un figlio gay. Mi sembra una risposta sensata, più che ironica. So che oggi molti genitori riescono a dirla, questa battuta. Il passo successivo – non vorrei però essere troppo serioso – è pensare, oltre che dire, che avere un figlio gay, o essere gay, o avere un padre gay o una madre lesbica (perché a molti figli tocca questo, oggi come ieri, solo che oggi a differenza di ieri molti padri e molte madri a un certo punto lo dicono) non è solo un meno peggio, è una cosa "normale", può essere una benedizione, se una benedizione è l'amore, e lo è, e anche il sesso, e se ci fossero parità, uguaglianza di diritti.
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