ATTUALITA'
Stefano Torossi
Santa Bibiana ha perso un dito!
Questa è la notizia che leggiamo sulla stampa di oggi.
Di Santa Bibiana avevamo già raccontato un paio di mesi fa la meraviglia che ci aveva colpiti ritrovandola fuori di casa sua, e precisamente alla grande mostra di Bernini alla Galleria Borghese: “…abbiamo visto per la prima volta un non finito beniniano (convinti fino a oggi che il non finito fosse un’esclusiva di Michelangelo), e precisamente la statua di Santa Bibiana, proveniente dall’omonima, oscura chiesa dalle parti di Piazza Vittorio, dove stava infilata in una nicchia, quindi senza bisogno di mostrare un didietro ben rifinito.
E invece adesso, issata su un piedistallo intorno al quale si gira senza problemi, ci presenta tutto il suo levigato splendore anteriore, e la sua rozza approssimazione posteriore.
Ci pare che si stagli benissimo contro il policromo cielo del salone principale del Casino Borghese e che soprattutto, come sempre per i marmi di Gian Lorenzo, riesca a prendere la luce, anche sbieca, e a metabolizzarla per trasformare la pietra in carne”.
Solo che, a quanto pare, durante il viaggio di ritorno a casa dev’essere successo qualcosa per cui adesso la mano rivolta al cielo della santa si ritrova senza il dito anulare. Del quale, sempre secondo la stampa, non si sa se si è perso, se ce l’hanno in sacrestia, magari in frammenti, se sarà possibile riattaccarlo. Insomma, c’è trepidazione in proposito.
E giustamente, perché a nessuno come a Bernini riesce a perfezione la riproduzione del reale, e ancora meglio presentare un pezzo di sasso rigido e freddo come il marmo mutato miracolosamente dalle sue mani in una seta morbida e calda.
Noi non siamo del mestiere e forse per questo ci ha sempre affascinato la capacità di un artista, che è anche un po’, anzi molto, artigiano, di controllare con infinita pazienza, talento e continua sostituzione di utensili l’intervento su qualcosa di imprevedibile come il marmo e, un colpetto di scalpello qua, una levigatina garbata là, farlo diventare un profilo, un fiore, un dito.
E, appunto, non essendo del mestiere siamo rimasti come folgorati quando ci è apparso pietrificato, è il caso di dirlo, un momento di questo processo (non sapremmo dire quale, ma certo abbastanza avanzato da farci intuire cosa c’era prima e cosa ci sarebbe stato poi).
Eccolo. E’ la mano non ancora finita, ma riconoscibilissima nella sua struttura, addirittura nel movimento, di una madonna di autore ignoto che si trova nella sala capitolare del palazzo dei Domenicani alla Minerva.
A questo punto, anche se è una citazione rifritta, ci pare che corrisponda al nostro caso, e quindi vogliamo dichiararci totalmente d’accordo con Michelangelo Buonarroti quando diceva che scolpire è facilissimo: basta togliere da un blocco tutto il superfluo ed ecco che appare la figura che nel marmo c’era già. Da sempre.
Di Santa Bibiana avevamo già raccontato un paio di mesi fa la meraviglia che ci aveva colpiti ritrovandola fuori di casa sua, e precisamente alla grande mostra di Bernini alla Galleria Borghese: “…abbiamo visto per la prima volta un non finito beniniano (convinti fino a oggi che il non finito fosse un’esclusiva di Michelangelo), e precisamente la statua di Santa Bibiana, proveniente dall’omonima, oscura chiesa dalle parti di Piazza Vittorio, dove stava infilata in una nicchia, quindi senza bisogno di mostrare un didietro ben rifinito.
E invece adesso, issata su un piedistallo intorno al quale si gira senza problemi, ci presenta tutto il suo levigato splendore anteriore, e la sua rozza approssimazione posteriore.
Ci pare che si stagli benissimo contro il policromo cielo del salone principale del Casino Borghese e che soprattutto, come sempre per i marmi di Gian Lorenzo, riesca a prendere la luce, anche sbieca, e a metabolizzarla per trasformare la pietra in carne”.
Solo che, a quanto pare, durante il viaggio di ritorno a casa dev’essere successo qualcosa per cui adesso la mano rivolta al cielo della santa si ritrova senza il dito anulare. Del quale, sempre secondo la stampa, non si sa se si è perso, se ce l’hanno in sacrestia, magari in frammenti, se sarà possibile riattaccarlo. Insomma, c’è trepidazione in proposito.
E giustamente, perché a nessuno come a Bernini riesce a perfezione la riproduzione del reale, e ancora meglio presentare un pezzo di sasso rigido e freddo come il marmo mutato miracolosamente dalle sue mani in una seta morbida e calda.
Noi non siamo del mestiere e forse per questo ci ha sempre affascinato la capacità di un artista, che è anche un po’, anzi molto, artigiano, di controllare con infinita pazienza, talento e continua sostituzione di utensili l’intervento su qualcosa di imprevedibile come il marmo e, un colpetto di scalpello qua, una levigatina garbata là, farlo diventare un profilo, un fiore, un dito.
E, appunto, non essendo del mestiere siamo rimasti come folgorati quando ci è apparso pietrificato, è il caso di dirlo, un momento di questo processo (non sapremmo dire quale, ma certo abbastanza avanzato da farci intuire cosa c’era prima e cosa ci sarebbe stato poi).
Eccolo. E’ la mano non ancora finita, ma riconoscibilissima nella sua struttura, addirittura nel movimento, di una madonna di autore ignoto che si trova nella sala capitolare del palazzo dei Domenicani alla Minerva.
A questo punto, anche se è una citazione rifritta, ci pare che corrisponda al nostro caso, e quindi vogliamo dichiararci totalmente d’accordo con Michelangelo Buonarroti quando diceva che scolpire è facilissimo: basta togliere da un blocco tutto il superfluo ed ecco che appare la figura che nel marmo c’era già. Da sempre.
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