CINEMA E MUSICA
Adriano Angelini
Se le anime giapponesi prendono spunto dalla letteratura. "The sky crawlers".
Il Giappone ci ha abituati da molti tempo alla sua sconfinata produzione di animazione. Da questo genere sono nati e cresciuti dei veri e propri maestri del genere, uno su tutti: Hayao Myazaki (il papà di Heidi ma anche di lungometraggi incredibili come Il castello errante di Howl, e La città Incantata). Mamoru Oshi è un altro maestro del genere che si è voluto cimentare con la riproduzione cinematografica della serie di romanzi di Hiroshi Mori, intitolata The sky crawlers (Gli arrampicatori del cielo) che ne Paese del Sol Levante hanno ottenuto grandissimo successo (i capitoli della saga sono 6) e che nessun Paese europeo ha pensato bene di tradurre (speriamo che qualcuno lo faccia presto).
Il film ha ottenuto il premio della giuria di qualità e per la colonna sonora al Festival di Sitges e il premio Digital Award Future Film al Festival di Venezia del 2008. Nelle sale crediamo non sia mai passato e da un po' è disponibile in Home Video. Per chi ama il genere anime vale davvero la pena di vederlo. La storia è quella di un gruppo di adolescenti chiamati Kindler, creati geneticamente in laboratorio e destinati non solo a non invecchiare mai ma a svolgere esclusive funzioni di piloti da combattimento. Nel loro mondo terrestre non tanto lontano dal nostro la guerra è costante e rappresenta una specie di attrattiva per le persone che vivono ben al sicuro nelle grandi città. Le combattono, per le confederazioni di stati, alcune multinazionali che hanno in pratica appaltato la guerra dagli eserciti statali.
La bellezza del lungometraggio sta innanzitutto nella qualità pazzesca dell'animazione, una specie di 3D ante-litteram con definizione praticamente da pellicola filmica. Poi nell'atmosfera. Nella base della Rostock, dove gli aerei vanno e vengono e i piloti sono costretti a vivere in stanzette con letto a castello regna una specie di alea di mistero. Il comandante è una ragazza adolescente, Kusanagi, intorno alla quale girano strane voci relative a un suo presunto omicidio di un pilota col quale avrebbe avuto una figlia. Il nuovo arrivato è Yuichi Kannami che entra subito in sintonia con gli altri ragazzi della base e col comandante stesso. Le insidie alla apparente tranquillità della base vengono però non solo dagli attacchi aerei nemici che di quando in quando sono costretti a fronteggiare, ma da uno strano aviatore misterioso che chiamano il Capitano, che ha un aereo con una pantera disegnata sopra e sembra imbattile; non solo; questa specie di Barone Rosso è un adulto, e quindi non è un Kindler immortale. A parte la storia, The sky crawlers è un capolavoro da un punto di vista della sceneggiatura. Non solo dialoghi intelligenti e colti, ma se si superano la prima mezz'ora in cui il film sembra procedere un po' lentamente, si entrerà nella filosofia dei personaggi, la loro scoperta di essere una sorta di replicanti senza memoria del loro passato (dell'infanzia così come delle loro missioni appena compiute), il tentativo di uscire dallo loro condizione. Un fatto è certo. Il finale è agrodolce e non lo sveleremo, tuttavia Mori, i cui romanzi speriamo possano un giorno essere tradotti almeno in inglese, attinge da molta letteratura samurai e kamikaze per comunicare, piuttosto direttamente, una visione della vita decisamente malinconica e senza troppe speranze. La morte come liberazione; la morte eroica; l'uscita dal "essere o non essere", l'unica condizione in cui, come dice Kusanagi, sembra gli umani siano costretti a vivere.
Spietata l'analisi della condizione umana nel susseguirsi delle sue civiltà. E' l'esistenza della guerra a dare senso e continuità all'esistenza degli esseri umani – dice la dolce ma gelida Kusanagi – avere sempre delle guerre in corso in qualche parte del mondo ha una sua specifica funzione: quella di alimentare l'illusione di pace della nostra società. Ma la guerra deve essere reale non può sembrare una finzione. Leggere delle guerre del passato non basta. La narrazione rischia di trasformarle in favole e annullarne l'effetto. Se la gente non vede morti veri in televisione, se la sofferenza non viene mostrata, se la guerra non la tocca da vicino e le fa paura, la pace non può essere mantenuta. E il suo stesso significato viene dimenticato. Le gente ha bisogno della guerra per sentirsi viva proprio come noi ci sentiamo vivi quando combattiamo nei cieli.
Spietatamente consolatorio il modo in cui Kannami nelle ultime scene tenta di convincere Kusanagi a non uccidersi (o farsi uccidere): Tu devi vivere, devi riuscire a far cambiare le cose, hai sempre la possibilità di cambiare la strada che percorri ogni giorno, e anche se la strada è la stessa puoi vedere cose diverse. Non è abbastanza per vivere?
Ce lo stiamo ancora chiedendo, chissà da quanti millenni.
The sky crawlers
di Mamoru Oshii
tratto dai romanzi di Hiroshi Mori
adattamento di Chihiro Itou
Il film ha ottenuto il premio della giuria di qualità e per la colonna sonora al Festival di Sitges e il premio Digital Award Future Film al Festival di Venezia del 2008. Nelle sale crediamo non sia mai passato e da un po' è disponibile in Home Video. Per chi ama il genere anime vale davvero la pena di vederlo. La storia è quella di un gruppo di adolescenti chiamati Kindler, creati geneticamente in laboratorio e destinati non solo a non invecchiare mai ma a svolgere esclusive funzioni di piloti da combattimento. Nel loro mondo terrestre non tanto lontano dal nostro la guerra è costante e rappresenta una specie di attrattiva per le persone che vivono ben al sicuro nelle grandi città. Le combattono, per le confederazioni di stati, alcune multinazionali che hanno in pratica appaltato la guerra dagli eserciti statali.
La bellezza del lungometraggio sta innanzitutto nella qualità pazzesca dell'animazione, una specie di 3D ante-litteram con definizione praticamente da pellicola filmica. Poi nell'atmosfera. Nella base della Rostock, dove gli aerei vanno e vengono e i piloti sono costretti a vivere in stanzette con letto a castello regna una specie di alea di mistero. Il comandante è una ragazza adolescente, Kusanagi, intorno alla quale girano strane voci relative a un suo presunto omicidio di un pilota col quale avrebbe avuto una figlia. Il nuovo arrivato è Yuichi Kannami che entra subito in sintonia con gli altri ragazzi della base e col comandante stesso. Le insidie alla apparente tranquillità della base vengono però non solo dagli attacchi aerei nemici che di quando in quando sono costretti a fronteggiare, ma da uno strano aviatore misterioso che chiamano il Capitano, che ha un aereo con una pantera disegnata sopra e sembra imbattile; non solo; questa specie di Barone Rosso è un adulto, e quindi non è un Kindler immortale. A parte la storia, The sky crawlers è un capolavoro da un punto di vista della sceneggiatura. Non solo dialoghi intelligenti e colti, ma se si superano la prima mezz'ora in cui il film sembra procedere un po' lentamente, si entrerà nella filosofia dei personaggi, la loro scoperta di essere una sorta di replicanti senza memoria del loro passato (dell'infanzia così come delle loro missioni appena compiute), il tentativo di uscire dallo loro condizione. Un fatto è certo. Il finale è agrodolce e non lo sveleremo, tuttavia Mori, i cui romanzi speriamo possano un giorno essere tradotti almeno in inglese, attinge da molta letteratura samurai e kamikaze per comunicare, piuttosto direttamente, una visione della vita decisamente malinconica e senza troppe speranze. La morte come liberazione; la morte eroica; l'uscita dal "essere o non essere", l'unica condizione in cui, come dice Kusanagi, sembra gli umani siano costretti a vivere.
Spietata l'analisi della condizione umana nel susseguirsi delle sue civiltà. E' l'esistenza della guerra a dare senso e continuità all'esistenza degli esseri umani – dice la dolce ma gelida Kusanagi – avere sempre delle guerre in corso in qualche parte del mondo ha una sua specifica funzione: quella di alimentare l'illusione di pace della nostra società. Ma la guerra deve essere reale non può sembrare una finzione. Leggere delle guerre del passato non basta. La narrazione rischia di trasformarle in favole e annullarne l'effetto. Se la gente non vede morti veri in televisione, se la sofferenza non viene mostrata, se la guerra non la tocca da vicino e le fa paura, la pace non può essere mantenuta. E il suo stesso significato viene dimenticato. Le gente ha bisogno della guerra per sentirsi viva proprio come noi ci sentiamo vivi quando combattiamo nei cieli.
Spietatamente consolatorio il modo in cui Kannami nelle ultime scene tenta di convincere Kusanagi a non uccidersi (o farsi uccidere): Tu devi vivere, devi riuscire a far cambiare le cose, hai sempre la possibilità di cambiare la strada che percorri ogni giorno, e anche se la strada è la stessa puoi vedere cose diverse. Non è abbastanza per vivere?
Ce lo stiamo ancora chiedendo, chissà da quanti millenni.
The sky crawlers
di Mamoru Oshii
tratto dai romanzi di Hiroshi Mori
adattamento di Chihiro Itou
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