ATTUALITA'
Stefano Torossi
Stiamo per raggiungere Milano
“E fu questa pestilenza di maggior forza per ciò che essa dagl’infermi, per lo comunicare insieme, s’avventava a’ sani, non altramenti che faccia il fuoco alle cose secche o unte quando molto vi sono avvicinate. E più avanti ancora ebbe di male: ché non solamente il parlare e l’usare con gli infermi dava a’ sani infermità o cagione di comune morte, ma ancora il toccare i panni o qualunque altra cosa da quegli infermi tocca o adoperata pareva nel toccatore trasportare quella infermità”.
Altri tempi, stessa virulenza. Solo che allora non c’erano le medicine e la famosa peste del 1348 fece fuori un terzo dell’Europa: oggi sarebbero più di cento milioni di persone. Che non sono certo le cifre che leggiamo (e che leggeremo a fine pandemia), ma a quanto pare la paura è la stessa. Il mondo si è fermato oggi come allora.
Non essendo in grado di scrivere un nuovo Decamerone, permetteteci di proporre qualche autonoma sciocchezza, tanto per alleggerire l’aria. Per esempio, visto che il virus, dando a Milano una bella spinta in partenza l’ha messa in testa rispetto a Roma, vorremmo dimostrare che invece proprio Roma (sempre per limitarci alla vecchia ruggine fra le due capitali e non al virus) può provarci a non rimanere indietro, almeno nella sfida di esibire gli stessi monumenti.
Il Duomo. Ce l’abbiamo anche noi; sta a Lungotevere Prati, con un nome un po’ diverso: Chiesa del Sacro Nome del Suffragio, ma a parte questo è identico. Anzi ha qualcosa in più: in sacrestia c’è il Museo delle Anime del Purgatorio. Una faccenda, bisogna ammetterlo, un po’ sospetta: si tratta di una raccolta di libri con impronte bruciacchiate di mani, di macchie di fumo sull’intonaco che rassomigliano a volti, di tracce di polpastrelli infuocati su fazzoletti, e così via procedendo nel soprannaturale. Insomma, sarebbe un tentativo delle anime parcheggiate in Purgatorio di sollecitare col fumo e le fiamme ultraterrene le preghiere dei fedeli, indispensabili per sbloccare la situazione e sdoganarle verso il Paradiso.
Per discrezione e anche per buon senso ci asteniamo da qualsiasi commento. Certo, leggende come il Purgatorio nel nostro tempo abituato alle prove scientifiche non hanno più molto spazio. Eppure, basta un contagio e, anche nel 2020, la fantasia è pronta a scatenarsi di nuovo.
Il bosco verticale. Che ci vuole? Basta passare per Via Quattro Fontane, proprio di fronte a Palazzo Barberini, ed eccolo lì. Certo, non sarà alto venti piani, ma sempre di piante arrampicate in aria si tratta. E bisogna vedere con quanta amorosa attenzione gli inservienti (di un albergo infatti si tratta) vanno a innaffiarlo e a togliere le foglioline secche. Tale e quale a Milano, dove, sui due grattacieli di cui parliamo, ci hanno detto che gli inquilini non possono azzardarsi a toccare neanche un filo d’erba. La manutenzione è rigorosamente riservata ai botanici ufficiali del condominio.
La galleria. La nostra è dedicata ad Alberto Sordi. E’ bella, grande e nello stesso stile dell’altra. Ma anche lei si porta dietro un qualcosa in più: un mistero. Noi non sappiamo il perché, né siamo riusciti a trovare spiegazioni soddisfacenti, ma da tempo immemorabile i due grandi gruppi scultorei che dovrebbero ornarla e darle dignità se ne stanno lì in cima avvolti in un sudario di tela. Noi non li abbiamo mai visti nudi. Vale lo stesso?
Per quanto riguarda il nostro quotidiano, certo che ci siamo meravigliati nel vedere Roma vuota, silenziosa e pulita, nel poter godere di Via di Tor Millina finalmente non intasata delle tante trattorie turistiche funestate da pizze surgelate e buttadentro vocianti, nel riuscire a dormire beati senza il sottofondo dell’infernale movida di Piazza del Fico.
Queste sono le ovvietà del nuovo ordine, poi ci sono i piccoli riscontri personali. Quel continuo ronzio che ultimamente ci sentivamo nelle orecchie e che ci ostinavamo a spiegare con il traffico (o con la movida), è in realtà un inizio di acufene; il filo d’acqua col quale ci trovavamo costretti a farci la doccia non era colpa della Raggi, ma del vorace consumo della trattoria sotto casa. Ora che è chiusa, dalla cipolla esce un torrente che neanche al Grand Hotel…
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