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Stefano Torossi

We Gil, ma che vuol dire?

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Durante il Ventennio era la sede della GIL, Gioventù Italiana del Littorio, poi, abbandonata e in seguito recuperata, è stata per un breve periodo la Ex Gil, nome burocratico che, nella sua mancanza di fantasia, non richiedeva commenti.
Adesso è diventata WeGil, e a questo punto, siccome il commento lo sentivamo necessario ma non ci veniva in mente niente di intelligente, siamo andati a cercarlo sul sito del Comune.
Eccolo: “Il nuovo nome di quello che si propone come un hub culturale a disposizione della città è WeGil, dove “We” = “Noi” (chissà perché in inglese – nota del Cav. Serpente) si oppone all’“Io” del soggettivismo imperante e narcisistico dei nostri tempi proponendo invece un contesto di apertura e condivisione”.
Aria fritta, e pure di qualità scadente.
Noi che siamo gente semplice, quando leggiamo WeGil capiamo quanto segue: “Noi, la Gioventù Italiana del Littorio”, il che, oltre che fuori epoca di alcune decine di anni, ci pare anche abbastanza di cattivo gusto.

Oggi alla WeGil c’è “L’aria del tempo”, una mostra fotografica di Massimo Sestini.
Nell’edificio di Luigi Moretti a Trastevere, di essenziale bellezza razionalista e ovviamente fascista (leggere sulla facciata uno dei tanti e tutti geniali slogan del regime), ci siamo lustrati gli occhi sulle affascinanti foto zenitali di Sestini.
Quest’uomo riesce sempre a essere esattamente sulla verticale dei fatti.  
C’è di tutto nelle sue immagini: violenza, sport, fabbriche, città, strade e perfino il bel lavoretto portato a termine a suo tempo dal comandante Schettino.
La più divertente è questa domenica in spiaggia a Ostia: magroline e budellone, tutte spalmate sui lettini a ustionarsi al sole. Chissà come avrà fatto il fotografo a trovarsi proprio lì sopra: elicottero? superleggero? mongolfiera?
Le visioni aeree sono sempre magiche perché con l’obiettivo vola anche l’occhio dello spettatore e uno sguardo, forse immaginabile ma certamente irrealizzabile, diventa possibile.



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