Attualità
Un'intervista mancata
Il sol dell'avvenire è un prezioso documento (visivo e di cronaca) sulla nascita delle BR. Sul perché, per tanti anni, si è voluto nascondere l'assunto che i terroristi venissero quasi tutti dalle fila della sinistra storica. E' il resoconto di un film osteggiato, a destra e a sinistra (dall'editto censorio del ministro-poeta Bondi che se l'è presa con chi 'esalta' personaggi che dovrebbero conoscere l'oblio della memoria, agli imbarazzi ipocriti di molti vecchi 'comunisti'... ma non mi pare che quelli giovani, o quel qualcosa che vi è rimasto, siano tanto più brillanti e consapevoli), e del perché sia stato visto 'ufficialmente' solo al festival di Locarno e giudicato in modo molto positivo dai presenti.
L'erotismo adolescenziale in Pier Antonio Quarantotti Gambini
Qualcuno ha scritto che la letteratura triestina del dopoguerra (e quindi gli scrittori triestini) era impegnata ad integrarsi, dopo la definitiva attribuzione di Trieste all'Italia, nelle linee più storicamente significative della cultura nazionale. Questa sorta di 'trascinamento' coatto di autori e temi in realtà non ha mai mostrato i segni di un adeguamento, perché le stesse storie avevano già in sé punti di contatto con la nuova patria e nello stesso tempo una rielaborazione della formazione mitteleuropea. Insomma un fluire naturale e rispettoso di stili e contenuti.
Tra i nomi che in qualche modo vissero quella stagione di trapasso, Pier Antonio Quarantotti Gambini è senz'altro uno dei più illustri e significativi.
L'insonnia della rondine: Daniele Boccardi.
Tutti gli inetti scrivono poesie, pochissimi, romanzi. Raccontare è difficile. (Daniele Boccardi).
Aveva ragione lui: raccontare è difficile. Ma proverò a farlo parlando di una storia che ha il sapore di quelle di una volta.
Anni fa (almeno dieci, se non di più) nella redazione del Paradiso (allora) cartaceo, arrivò una busta che conteneva dei fogli dattiloscritti, accompagnati da una lettera di un signore, si qualificava come il padre dell'autore, che ci invitava a leggere quei raccontini perché erano tra le ultime cose che il figlio aveva scritto prima di suicidarsi.
Le bufale (Roberto Saviano) e i veri scrittori (Oliviero Beha).
Non ne sentivamo la mancanza: dal suo eremo coatto Saviano ci fa sapere, in un'intervista al Corriere della sera, che vuole farsi una famiglia e che non può fare quelle cose che in genere tutti gli innamorati fanno (a 'sto punto, ma è un semplice consiglio, faccia, se proprio non gli è concesso diversamente, quello che si sospetta inciuci il nostro presidente del Consiglio. Soldi non dovrebbero mancargli). Strano davvero però che questa amena notiziola capiti proprio nei giorni dell'uscita del nuovo libro dell'eroe nazionale e che in qualche modo ci prepara ad una vera e propria esposizione mediatica senza precedenti.
Di Vampiri e altri demoni.
Faccio parte della Brigata Europea da 5 anni. Meglio, da cinque anni sono la Brigata Europea.
Gli altri lavorano in squadre io mi muovo da solo. Non è per il mio carattere schivo. Anche. È perché i Crociati non vogliono starmi troppo a contatto.
Siamo in due nel mondo ad essere così. Io e la Lama negli Stati Uniti. Ci chiamano "diversi", "mezzo sangue". Ma siamo semplicemente Diurni. La metà di due mondi dove ci si può sentire prede o predatori.
La Lama è nato così. Io ci sono diventato per scelta e per amore. La Lama è mosso da odio profondo. Io ancora non so.
Bentornato antifascismo!
Aveva ragione Sergio Luzzatto, nel suo La crisi dell'antifascismo (Einaudi), a temere la scomparsa di un modo di vedere e pensare le cose. E nello stesso tempo ad augurare alla nostra democrazia di garantire una fedeltà profonda alle idee della Resistenza ed un'indiscussa adesione ai valori della Repubblica. Ma paventava (anzi indicava) la nascita di una terza via, un terzismo meno nobile e all'acqua di rose, perfettamente equidistante sia dal fascismo, sia dal comunismo, che alla fine tende a relativizzare gli assunti dal punto di vista storico e morale.
Un paese speciale
Mille anni fa (poco meno) un Ugo di San Vittore doveva lamentarsi che l'uomo aveva del tutto perso la capacità di leggere in maniera metaforica il reale: il mondo era in mano a gente che prendeva tutto alla lettera, come i matti.
Del resto, che ce ne rendiamo conto o meno, sempre dobbiamo fare ricorso ad una recuperata lettura metaforica del reale quando siamo minacciati dalla follia, individuale o collettiva, e dai vari corollari di disperazione, depressione, isteria e via dicendo.
Scuola De Profundis (Piero Calamandrei e gli scrittori italiani)
Della scuola agli intellettuali italiani non frega nulla.
Agli scrittori che si lamentano dei mediocri dati di vendita potrebbero tornare utili quelli di Tullio De Mauro sull'analfabetismo gigantesco che sommerge ormai questo paese disgraziato e sempre più ridicolo. Forse capirebbero anche loro che se un lettore curioso sarà difficile farlo uscire da una scuola mediocre, col collasso in corso potrebbe diventare problematico persino sfornare un adulto in grado di apporre un cartoncino con come e cognome sul portone del condominio.
Maestri italiani: dal libro "Cuore" alla pedagogia del sushi
Gentile redazione,
vi invio alcune mie "chiose" (e osa...osa, come direbbe Sofia Loren) circa l'articolo pubblicato sul giornale La Stampa di martedì 19 maggio e riguardante la lungimirante iniziativa di una dirigente scolastica romana, tal Annunziata Marciano, che vuole cambiare il nome alla sua scuola: dall'attuale, sconosciuto, Carlo Pisacane al popolarissimo Makiguchi Tsunesaboro (i cui scritti e le cui imprese, come voi sapete, hanno accompagnato la nostra infanzia).
Lo scandaloso nepotismo della letteratura di ieri e di oggi e l'ignoranza suina di Salman Rushdie.
Dice Giulio Ferroni, professore all'Università 'La Sapienza' di Roma: I premi non servono a niente. Riferendosi ovviamente alle recenti polemiche sul premio Strega che non sarebbe altro che un inciucio tra i grandi gruppi editoriali. Aggiunge lo scrittore Giorgio Montefoschi, vincitore dello Strega nel 1994: il Premio era meglio quando era decisamente manovrato (manovrato? Ma non sarebbe stato meglio usare l'espressione 'diretto'?) da Maria Bellonci e poi da Annamaria Rimoaldi, perché loro avevano molto a cuore il valore del premio stesso. Ora è manovrato (aridanghete!) soltanto dagli editori.
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