RECENSIONI
Giorgio Havis Marchetto
1915/1918 Un uomo, una donna. Un epistolario di guerra della Val Posina.
Meridiano Zero, Pag. 167 Euro 25,00
Il raperonzolo della letteratura italiana nonché di un intellettualismo svelto e smaliziato, Alessandro Baricco, in una delle sue esternazioni ad hoc propose, tempo addietro, l'eliminazione dell'editor, cioè di colui che nelle fredde stanze di un ufficio editoriale, pressato da un manager pretenzioso ed austero, con perizia certosina, va a scovare le imperfezioni e gli errori dei pubblicanda, cioè di coloro che aspirano a pubblicare un libro. Da quel che so un'iniziativa del genere innalzerebbe l'indice di disoccupazione dello zero alla milionesima potenza perché gli editor già non esistono più. E lo scuorno è maggiore dal momento che l'indicazione viene da un bipede per nulla implume e non acefalo, anzi, semmai corazzato di catafratta e cimiero.
Perché dunque la provocazione? Perché va a braccetto con altre trovate editoriali che lasciano il segno. Einaudi, un annetto e passa fa, pubblica un libro di Vincenzo Rabito Terra Matta. L'epopea picaresca di un siciliano semianalfabeta raccontata in mille fittissime pagine, con il punto e virgola a dividere ogni parola dalla successiva (Così si legge sul sito della Einaudi). E che te pare! L'intelligencija italica si smana e si sbuccia per applaudire l'evento. Consolo parla di un testo unico, un caso di scrittura singolare, un documento straordinario. Cos'ha in comune con la boutade del Baricco (la sapevate che il barocco ha uno stile monumentale e il Baricco uno stile minimintile?), che in ambo i casi non si hanno correzioni, nemmeno i segnacci blu e rossi di scolaresche memorie, quando con gli errori arrivavano pure le bacchettate sulle mani.
A 'sto punto chi vieta agli audaci editori di prendere in toto l'Archivio dei diari di Pieve Santo Stefano e pubblicarne uno a settimana? Magari prefati dottamente da esimi scrittori in vena di nodi? Già immagino la Tamaro a presentare Il cielo in una stanza (s'inventa ovvio), sentito e drammatico viatico di una casalinga (di Voghera?) emblema della condizione della donna negli anni del boom economico, o il Bevilacqua che di fronte ad un I rosari dell'Elicanto non sa trattenere l'emozione al cospetto di un registro (nemmeno diario) che accanto alla lista delle spese ridotte al minimo mostra preci e sofferenze di una madre di undici figli nella Puglia dell'immediato dopoguerra.
L'epistolario di guerra della Val Posin che andiamo a presentare, siore e siori, merita altre considerazioni: pensate allo struggimento di un poco più che venticinquenne che per combattere un nemico (l'Austria) che a mala pena sa dove 'abita' è costretto ad allontanarsi dai suoi affetti, dalla sua famiglia, da una moglie adorata (alla quale scrive ed è puntualmente corrisposto) e da un figlio, Guido, che morirà quando ancora lui sarà sotto le armi. Un epistolario non completo (non completo rispetto allo scambio effettivo di lettere tra i due) ma sufficiente a dare un quadro chiaro di come vivevano i nostri 'nonni', dei loro pensieri (opere ed omissioni) e del loro sentire.
Guerra (la prima mondiale) vista come mai attraverso gli occhi e le palpitazioni della gente comune e delle loro ingenue coscienze.
Non me ne vogliano i fautori del 'recupero', ma 1915/1918 Un uomo, una donna. Un epistolario di guerra della Val Posina ha valore però solo se si prescinde dalla qualità letteraria: nel senso che è documentazione attiva e popolare e come questa va interpretata, ma lungi dall'essere viatico per chissà quali proto-esperienze. Questa è Storia subita (unicamente chi la proclama - e i suoi sodali - la desidera) ed in questo, solo in questo, vi è il merito di una siffatta proposta. Il resto, nonostante le buonissime intenzioni, ciance (come sopra).
di Alfredo Ronci
Perché dunque la provocazione? Perché va a braccetto con altre trovate editoriali che lasciano il segno. Einaudi, un annetto e passa fa, pubblica un libro di Vincenzo Rabito Terra Matta. L'epopea picaresca di un siciliano semianalfabeta raccontata in mille fittissime pagine, con il punto e virgola a dividere ogni parola dalla successiva (Così si legge sul sito della Einaudi). E che te pare! L'intelligencija italica si smana e si sbuccia per applaudire l'evento. Consolo parla di un testo unico, un caso di scrittura singolare, un documento straordinario. Cos'ha in comune con la boutade del Baricco (la sapevate che il barocco ha uno stile monumentale e il Baricco uno stile minimintile?), che in ambo i casi non si hanno correzioni, nemmeno i segnacci blu e rossi di scolaresche memorie, quando con gli errori arrivavano pure le bacchettate sulle mani.
A 'sto punto chi vieta agli audaci editori di prendere in toto l'Archivio dei diari di Pieve Santo Stefano e pubblicarne uno a settimana? Magari prefati dottamente da esimi scrittori in vena di nodi? Già immagino la Tamaro a presentare Il cielo in una stanza (s'inventa ovvio), sentito e drammatico viatico di una casalinga (di Voghera?) emblema della condizione della donna negli anni del boom economico, o il Bevilacqua che di fronte ad un I rosari dell'Elicanto non sa trattenere l'emozione al cospetto di un registro (nemmeno diario) che accanto alla lista delle spese ridotte al minimo mostra preci e sofferenze di una madre di undici figli nella Puglia dell'immediato dopoguerra.
L'epistolario di guerra della Val Posin che andiamo a presentare, siore e siori, merita altre considerazioni: pensate allo struggimento di un poco più che venticinquenne che per combattere un nemico (l'Austria) che a mala pena sa dove 'abita' è costretto ad allontanarsi dai suoi affetti, dalla sua famiglia, da una moglie adorata (alla quale scrive ed è puntualmente corrisposto) e da un figlio, Guido, che morirà quando ancora lui sarà sotto le armi. Un epistolario non completo (non completo rispetto allo scambio effettivo di lettere tra i due) ma sufficiente a dare un quadro chiaro di come vivevano i nostri 'nonni', dei loro pensieri (opere ed omissioni) e del loro sentire.
Guerra (la prima mondiale) vista come mai attraverso gli occhi e le palpitazioni della gente comune e delle loro ingenue coscienze.
Non me ne vogliano i fautori del 'recupero', ma 1915/1918 Un uomo, una donna. Un epistolario di guerra della Val Posina ha valore però solo se si prescinde dalla qualità letteraria: nel senso che è documentazione attiva e popolare e come questa va interpretata, ma lungi dall'essere viatico per chissà quali proto-esperienze. Questa è Storia subita (unicamente chi la proclama - e i suoi sodali - la desidera) ed in questo, solo in questo, vi è il merito di una siffatta proposta. Il resto, nonostante le buonissime intenzioni, ciance (come sopra).
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