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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Simon Beckett

La chimica della morte

Super Pocket, Pag. 444 Euro 5,60
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Mi vado sempre più convincendo che la strada del noir parta da un centro per poi diramarsi per tre sentieri diversi.

Cerchiamo di capire quali sono: il primo è quello che si confronta con la tecnologia, o meglio, con le innovazioni tecnologiche, ed in genere il deus ex machina della situazione, pur se perde colpi ogni giorno che passa, è il serial killer.

Il secondo è quello che invece fa i conti col reale, o proponendo trame che si agganciano a tematiche scottanti, o addirittura prendendo di sana pianta spunti da vere e proprie vicende giudiziarie. Pensiamo ai romanzi di Massimo Carlotto per esempio che, stando a quanto lui stesso afferma, fanno riferimento a episodi di cronaca realmente accaduti.

C'è un terzo sentiero, forse più suggestivo, ma meno "agganciato" alla quotidianità, ed è quello in cui si ripropone un vecchio schema della golden age del poliziesco, e cioè a dire: il luogo isolato, o facilmente isolabile, dove la ristrettezza dell'ambiente facilita una tessitura più intima, favorendo anche una canonicità più classica. Esempi recenti sono stati Uomini che odiano le donne di Larsson, dove il protagonista addirittura si ritrova ad affrontare il tema, allargato in modo esponenziale perché le indagini si svolgono su un'isola, della camera chiusa (ma ricordiamoci di Dieci piccoli indiani della Christie che è ambientato su un'isola) e questo La chimica della morte.

L'autore, nelle righe conclusive di saluto, tenta di convincerci che l'idea del romanzo è nata dall'attività della National Forensic Academy del Tennessee che fornisce una formazione intensiva e realistica in campo forense ai vari corpi di polizia e, in particolar modo, alle squadre della scientifica.

Infatti il protagonista del romanzo è un antropologo forense che, per dimenticare un passato sconvolgente e drammatico, si rifugia in uno sperduto villaggio del Norfolk a fare il medico condotto. Ma nulla invece ci vieta di insinuare che il modus operandi del Beckett, al di là di più che giustificati interessi, sia invece determinato da una necessità proprio strutturale dei suoi romanzi di confrontarsi col giallo più tradizionale, scavalcando un po' i metodi che il noir, necessariamente, impone. Un po' come quegli scrittori di mistery che ambientano i loro romanzi nell'ottocento, o comunque in un tempo lontano, per non dover fare i conti con un presente più difficile da gestire tecnologicamente.

La chimica della morte rimane un "noir" godibile, che si legge anche con passione, ma che alla fine mostra il fiato, a cominciare dal movente dei delitti che, francamente, ci sembra risibile. Le prossime avventure forse scioglieranno i nostri dubbi e ci faranno capire se il dottor David Hunter potrà inserirsi nella lunghissima, ormai, schiera di personaggi che ci piace con costanza seguire.



di Eleonora del Poggio


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La collana Superpocket inaugura una nuova veste tipografica con l'ultima 'avventura' dell'antropologo forense David Hunter, di cui il Paradiso si era già interessato a suo tempo nel recensire La chimica della morte.
E di questo si diceva: rimane un "noir" godibile, che si legge anche con passione, ma che alla fine mostra il fiato, a cominciare dal movente dei delitti che, francamente, ci sembra risibile. Le prossime avventure forse scioglieranno i nostri dubbi e ci faranno capire se il dottor David Hunter potrà inserirsi nella lunghissima, ormai, schiera di personaggi che ci piace con costanza seguire.

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