RECENSIONI
Simona Lo Iacono
Stasera Anna dorme presto
Cavallo di ferro, Pag. 235 Euro 16,00
Nella vita l'Autrice fa il magistrato, ma chi non lo sapesse potrebbe attribuirle la professione di architetto, per come ha costruito la struttura del romanzo, con un alternarsi di piani che intersecano fra loro le storie dei quattro personaggi. Due uomini e due donne, che si cercano attraverso strade simili a quei labirinti dei giornaletti, che aggrovigliano le direzioni rendendole ingannevoli perché sia più difficile il raggiungimento della meta. Sembra che ci sia davvero un piacere enigmistico insieme al piacere del narrare, un gusto del divertissement che si manifesta per esempio nell'iniziare un capitolo con le ultime parole del capitolo precedente, anche se parla d'altro. E se non parla d'altro è comunque un altro che parla, perché ogni personaggio offre la propria verità: tre di loro lo fanno parlando in prima persona, mentre Anna viene interpellata in seconda persona da una voce narrante. Non solo: mentre Elisa racconta, Giovanni si affida alle lettere e Carlo si esprime con un'arringa forense. La complessità via via cresce e si moltiplica, perché nessuno dei personaggi possiede la certezza della propria verità, anzi se la ricostruisce di momento in momento e ci convive dubitandone senza sosta. E' un gioco di specchi deformanti, in cui i sentimenti vengono duramente messi alla prova e, alla fin fine, escono sconfitti.
Carlo, brillante avvocato (e qui emerge l'esperienza forense dell'Autrice), è sposato con Anna, ma sul matrimonio gravano equivoci e non detti, e mentre lei si consola con la scrittura lui intrattiene una relazione con la collega Elisa. Anna intanto, cercando di tornare alle origini del problema, si imbatte nei ricordi che la legano al cugino Giovanni, e che le pongono l'enigma di un'altra relazione incompiuta e piena di punti oscuri. La scrittura stessa, che è la passione di Anna, nasconde in gran parte la chiave del problema.
Ognuno dei personaggi, parlando di sé, parla continuamente degli altri e ne rimanda nuove sfaccettature, in un puzzle senza fine. Così Elisa:
Per questo so che Giovanni c'entra, in questa storia. Lo so senza averlo mai conosciuto, senza averlo mai visto, condividendo con la sua sparizione una strana appartenenza (...)
Carlo dice con indifferenza molte cose di sua moglie, ma quella volta no. Quel sorriso che Anna masticò malamente non appena il cugino la baciò, me lo disse con rancore.
La scrittura, di incredibile fluidità, si snoda come lava fusa, in una cadenza melodica che non lascia respiro. Ho fatto la prova: non c'è un solo brano, in questo libro, che non possa essere trascritto in versi, col risultato di sembrare una poesia. Non è necessariamente un pregio, perché propone un estetismo esasperato, a volte reso anche troppo facile dalla retorica della confidenzialità femminile, delle parole ripetute, del nome reiterato, della parola che vuol suggestionare e sedurre. Una finta colloquialità che è invece elaborato artificio.
Ed è meglio così. Meglio che la città dorma, meglio che prenda d'assalto il cielo. Meglio.
Avrai più tempo per pensare, Anna. Più silenzio.
No, non per capire. Cosa c'è da capire quando un uomo va via. Niente, Anna, proprio niente. E' così. E basta. (...)
D'altra parte anche la vita, Anna, è fatta di cose banali.
Quelle grosse, quelle grandi, quelle che ti ridono contro come le immagini di un film, quelle, Anna, non sono che attimi.
Il lettore può venir coinvolto da un intreccio psicologico che approfondisce pieghe nascoste e non fa sconti a nessuno. Ma può anche rimanere bloccato dalla sensazione di assistere senza soluzione di continuità a un'esibizione di virtuosismo acrobatico.
di Giovanna Repetto
Carlo, brillante avvocato (e qui emerge l'esperienza forense dell'Autrice), è sposato con Anna, ma sul matrimonio gravano equivoci e non detti, e mentre lei si consola con la scrittura lui intrattiene una relazione con la collega Elisa. Anna intanto, cercando di tornare alle origini del problema, si imbatte nei ricordi che la legano al cugino Giovanni, e che le pongono l'enigma di un'altra relazione incompiuta e piena di punti oscuri. La scrittura stessa, che è la passione di Anna, nasconde in gran parte la chiave del problema.
Ognuno dei personaggi, parlando di sé, parla continuamente degli altri e ne rimanda nuove sfaccettature, in un puzzle senza fine. Così Elisa:
Per questo so che Giovanni c'entra, in questa storia. Lo so senza averlo mai conosciuto, senza averlo mai visto, condividendo con la sua sparizione una strana appartenenza (...)
Carlo dice con indifferenza molte cose di sua moglie, ma quella volta no. Quel sorriso che Anna masticò malamente non appena il cugino la baciò, me lo disse con rancore.
La scrittura, di incredibile fluidità, si snoda come lava fusa, in una cadenza melodica che non lascia respiro. Ho fatto la prova: non c'è un solo brano, in questo libro, che non possa essere trascritto in versi, col risultato di sembrare una poesia. Non è necessariamente un pregio, perché propone un estetismo esasperato, a volte reso anche troppo facile dalla retorica della confidenzialità femminile, delle parole ripetute, del nome reiterato, della parola che vuol suggestionare e sedurre. Una finta colloquialità che è invece elaborato artificio.
Ed è meglio così. Meglio che la città dorma, meglio che prenda d'assalto il cielo. Meglio.
Avrai più tempo per pensare, Anna. Più silenzio.
No, non per capire. Cosa c'è da capire quando un uomo va via. Niente, Anna, proprio niente. E' così. E basta. (...)
D'altra parte anche la vita, Anna, è fatta di cose banali.
Quelle grosse, quelle grandi, quelle che ti ridono contro come le immagini di un film, quelle, Anna, non sono che attimi.
Il lettore può venir coinvolto da un intreccio psicologico che approfondisce pieghe nascoste e non fa sconti a nessuno. Ma può anche rimanere bloccato dalla sensazione di assistere senza soluzione di continuità a un'esibizione di virtuosismo acrobatico.
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