Scrivevamo, noi orchi, nel 1999, quando già si era all'ennesima ristampa di questo essenziale (mai parola così centrata) long-seller: ... il suo libro riporta alla luce, alla vista, sulla scena, quello che per gran tempo ne è stato fuori, non detto, osceno appunto: l'amore – e il sesso – tutto il sesso, nient'altro che il sesso – dei ragazzi per i ragazzi. Così facendo Paterlini ci ha mostrato nel contempo uno dei modi che abbiamo a disposizione per produrre verità – il riporto puntuale e preciso di vite attraverso quella loro forma che è la parola ad esse peculiare – e ne ha prodotta, o ripristinata una: che non si aspetta l'età del consenso per farsi imbrogliare le budella, seccare la gola, annebbiare il cervello dal balsamo di Eros.

Cose dette e mai ascoltate: e per una volta lasciamo che le storie si leggano senza suggerimenti e suggestioni. Perché crediamo sia giusto, per un libro che ha vent'anni (ahinoi giovane per intelligenza, ma avremmo sperato 'vecchio' per contenuti), lasciar perdere una volta tanto le vicende altrui e parlar dell'autore, che nel corso di questi due decenni non ha fatto altro che rincorrere una chimera: quella della riconoscibilità di una sessualità giovanile senza rimarcamenti discriminatorî.

Dice nella nuova introduzione chiamata 'Arrivederci, ragazzi': Ragazzi di sedici anni mi scrivono di ritrovarsi completamente in queste storie, oggi. E ogni volta mi chiedo: com'è possibile? Questo libro racconta l'Italia – e gli adolescenti – della fine degli anni ottanta. È passato un secolo. Ma ve la ricordate l'Italia del 1991? Non c'era internet, non c'erano i cellulari, non c'erano le chat, c'era praticamente solo il Cassero a Bologna come organizzazione gay visibile e funzionante...

Non è qui lo spazio adatto per raccontar di diatribe e di inefficienze del movimento gay italiano, qui si fa sociologia e anche drammaturgia: l'autore si dice felice di essere un uomo che ha avuto la gioia di un confronto continuo, lungo appunto vent'anni, con migliaia di ragazzi – quelli del 1991, prima edizione, son quasi diventati 'vecchi' – ma infelice e in parte disilluso. Forse di chi predica benissimo ed è costretto, ahinoi e suo malgrado, a razzolar male, perché hai voglia a grattare quando 'sto paese è fatto d'aria?

Conosco Paterlini e rifiuto di credere ad una sua resa. Scrive: Ero del tutto convinto che, nella migliore delle ipotesi, il mio libro sarebbe stato ricordato come documento storico di un'epoca superata, testimonianza del brutto tempo che fu. Non è stato e non è così, e la società italiana, ormai ultima nell'universo esplorato, e la chiesa cattolica (soprattutto quella italiana) ne portano la colpa, il peso, la responsabilità schiacciante. Prima o poi ne dovranno rendere conto.

Ecco, qui si fa sociologia e finanche politica: occorrerebbe una rivoluzione, non dei 'costumi' che pur piace ai froci (va detta la parola, quando la si 'condivide'), ma delle persone come espressione politica. Non parlo dei Giovanardi e delle sue escrescenze, ma di chi, vantando una parvenza progressista inciucia poi in un mesto balbettio di conservazione della specie. Come quel commentatore politico di Rai News 24 che nel giorno dell'ennesimo ed inutile gay-pride in terra nostrana, ebbe il coraggio di dire a proposito delle rivendicazioni dei 'diversi'e con faccia anale: l'importante che non stravolgano il senso del confronto con gli etero.

Cazzo vuol dire?

Coraggio Piergiorgio, prima o poi il tuo libro sarà superato, ma non per oblio, ma per l'ennesima resa di una Chiesa piegata dalle evidenze che hanno sempre il valore di storia. Come per l'ICI.

Il che equivale a paragonare il gay ad una tassa. Sempre meglio che il nulla nella terra dei cachi.





di Alfredo Ronci