RECENSIONI
Michel Faber
La pioggia deve cadere
Einaudi, Pag. 272 Euro 16,50
Come spesso accade, quando un Autore ha successo, si finisce per raschiare il fondo del barile. Per fortuna, trattandosi di Faber, il barile contiene sempre qualcosa di buono. Questo libro uscito da noi nel 2008 è infatti il suo libro d'esordio pubblicato nel 1998. E' un'antologia di racconti, di cui alcuni premiati, ma chi ha letto I gemelli Fahrenheit ha conosciuto già il meglio. Anche qui si spazia da un livello intimista al gusto del paradossale, senza trascurare la fantascienza, in quindici racconti che hanno in comune un punto di vista pieno di ironia e disincanto.
Leggendoli ho avuto l'impressione che all'epoca Faber fosse leggermente meno cattivo, ma qua e là la sua vena agghiacciante fa capolino. Per esempio, non si può immaginare una situazione più claustrofobica di quella della tredicenne di Contabilità, in balia del padre/patrigno che l'ha messa incinta e che le lesina denaro e salute, da cui può sperare di fuggire solo trascinando con sé la nonna malata terminale ed affidandosi ad un'ipotetica sovvenzione della Nasa. Ovviamente la crudeltà di Faber è tutta riservata al lettore, perché l'amore per i suoi personaggi trapela continuamente, anche quando vengono cacciati nelle situazioni più terribili. Una certa angoscia scaturisce anche dai pesci dell'omonimo racconto, che volteggiano nell'aria invadendo strade e case: non ci eravamo mai accorti di quanto sia provvidenziale il fatto che normalmente squali e murene se ne stiano confinati nell'ambiente liquido. In caso contrario dovremmo girare armati come la protagonista e la sua bambina. A proposito di bambini, Faber non smentisce il suo delicato intuito e la capacità di penetrazione psicologica con cui si accosta al mondo dell'infanzia: la storia che dà il titolo alla raccolta è una delle migliori. Vi si racconta di una maestra specializzata nel trattamento post traumatico delle scolaresche, ed è magistralmente orchestrata nel mescolare le magagne della vita privata della maestra, l'applicazione delle sue tecniche d'intervento, e la ricostruzione graduale dell'evento traumatico, che il lettore scopre solo alla fine. La vena paradossale trapela spesso, come nel racconto in cui una povera suora si dedica a prevenire i suicidi vivendo su un cornicione di roccia, e per poter dire agli altri che vale la pena di vivere, conduce una vita assolutamente indegna di essere vissuta. L'ironia culmina a volte in momenti di autentico umorismo, come nella timidissima storia d'amore che nasce nell'ambiente di lavoro di un porno shop, o nella disavventura di un gruppo di artisti d'avanguardia che vengono beffati nel loro narcisismo, e confinati in un paesino della Scozia pieno solo di pecore e poco più. Ognuno di loro, col suo bagaglio di tic e manie, è costretto a confrontarsi con una realtà ignota, con effetti esilaranti.
Quanto alla nottata di Morton, ecco in breve com'era andata: Morton non sapeva che nelle Highlands scozzesi la parola "crack" significa un'esperienza sociale gradevole, e non cocaina da fumare. Il pomeriggio del giorno prima (...) aveva sentito alcuni adolescenti mettersi d'accordo (...) perché, dicevano, ci sarebbe stato "un sacco di crack". Aveva sentito bene? Sì, decisamente, perché uno di loro ripeté: "Il crack è favoloso laggiù".
Perciò quella sera il tassista accompagnò Morton (...) dove c'era in corso una festa popolana. Ragazze dalle guance rosate vestite in costume tradizionale stavano eseguendo dei balli scozzesi (...) Morton rimase semplicemente lì seduto per ore in attesa che comparisse uno spacciatore e gli offrisse qualcosa.
Come sempre Faber incolla alla lettura, qualunque sia il soggetto, e lascia un'impronta che a volte, anche se sulle prime il racconto può non aver convinto, agisce col tempo, nella testa del lettore, come una bomba a orologeria.
di Giovanna Repetto
Leggendoli ho avuto l'impressione che all'epoca Faber fosse leggermente meno cattivo, ma qua e là la sua vena agghiacciante fa capolino. Per esempio, non si può immaginare una situazione più claustrofobica di quella della tredicenne di Contabilità, in balia del padre/patrigno che l'ha messa incinta e che le lesina denaro e salute, da cui può sperare di fuggire solo trascinando con sé la nonna malata terminale ed affidandosi ad un'ipotetica sovvenzione della Nasa. Ovviamente la crudeltà di Faber è tutta riservata al lettore, perché l'amore per i suoi personaggi trapela continuamente, anche quando vengono cacciati nelle situazioni più terribili. Una certa angoscia scaturisce anche dai pesci dell'omonimo racconto, che volteggiano nell'aria invadendo strade e case: non ci eravamo mai accorti di quanto sia provvidenziale il fatto che normalmente squali e murene se ne stiano confinati nell'ambiente liquido. In caso contrario dovremmo girare armati come la protagonista e la sua bambina. A proposito di bambini, Faber non smentisce il suo delicato intuito e la capacità di penetrazione psicologica con cui si accosta al mondo dell'infanzia: la storia che dà il titolo alla raccolta è una delle migliori. Vi si racconta di una maestra specializzata nel trattamento post traumatico delle scolaresche, ed è magistralmente orchestrata nel mescolare le magagne della vita privata della maestra, l'applicazione delle sue tecniche d'intervento, e la ricostruzione graduale dell'evento traumatico, che il lettore scopre solo alla fine. La vena paradossale trapela spesso, come nel racconto in cui una povera suora si dedica a prevenire i suicidi vivendo su un cornicione di roccia, e per poter dire agli altri che vale la pena di vivere, conduce una vita assolutamente indegna di essere vissuta. L'ironia culmina a volte in momenti di autentico umorismo, come nella timidissima storia d'amore che nasce nell'ambiente di lavoro di un porno shop, o nella disavventura di un gruppo di artisti d'avanguardia che vengono beffati nel loro narcisismo, e confinati in un paesino della Scozia pieno solo di pecore e poco più. Ognuno di loro, col suo bagaglio di tic e manie, è costretto a confrontarsi con una realtà ignota, con effetti esilaranti.
Quanto alla nottata di Morton, ecco in breve com'era andata: Morton non sapeva che nelle Highlands scozzesi la parola "crack" significa un'esperienza sociale gradevole, e non cocaina da fumare. Il pomeriggio del giorno prima (...) aveva sentito alcuni adolescenti mettersi d'accordo (...) perché, dicevano, ci sarebbe stato "un sacco di crack". Aveva sentito bene? Sì, decisamente, perché uno di loro ripeté: "Il crack è favoloso laggiù".
Perciò quella sera il tassista accompagnò Morton (...) dove c'era in corso una festa popolana. Ragazze dalle guance rosate vestite in costume tradizionale stavano eseguendo dei balli scozzesi (...) Morton rimase semplicemente lì seduto per ore in attesa che comparisse uno spacciatore e gli offrisse qualcosa.
Come sempre Faber incolla alla lettura, qualunque sia il soggetto, e lascia un'impronta che a volte, anche se sulle prime il racconto può non aver convinto, agisce col tempo, nella testa del lettore, come una bomba a orologeria.
di Giovanna Repetto
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Einaudi, Pag.260 Euro 14,80Se c'è qualcosa che accomuna i racconti di questa raccolta non è certamente il genere. Si va dal realismo al surreale (non senza spunti simbolici), fino all'horror, strizzando l'occhio alla fiaba e alla fantascienza (genere in cui Faber sa muoversi perfettamente, e lo dimostra l'agghiacciante Sotto la pelle - Einaudi 2004). C'è ben altro che ha l'effetto di cementare insieme queste storie. E' lo sguardo attento a scoprire la follia del quotidiano (...)
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