RECENSIONI
Iacopo Barison
28 grammi dopo
Voras edizioni, Pag. 134 Euro 13,00
Esiste certamente una nuova generazione, nata negli Ottanta, che sta elaborando il proprio futuro letterario. Qualcuno di certo ne farà il regesto. Intanto potremmo aprire qui il discorso con alcune riflessioni, prendendo le mosse da 28 grammi dopo, il denso romanzo di Iacopo Barison.
Il giovanissimo autore cuneese costruisce il suo racconto dentro la gabbia del genere giovanilistico e dell'autobiografia. Generi che sono andati di moda, e che, presumo, vendano ancora.
Inoltre sono generi che si addicono particolarmente a chi non è ancora adulto, il primo per un'ovvia tautologia, il secondo perché la storia della propria vita, in linea di massima, la sa raccontare in maniera più appropriata chi, dovendola ancora vivere, ha più agio per immaginarla.
Questo non sembra sfuggire a Barison che, infatti, usa la gabbia per quello che è, qualcosa da scardinare e da cui fuggire, partendo proprio dal materiale biografico che, se pure fosse preso di peso dalla vita del narratore così come è, appartiene molto più alla letteratura che al vissuto. Vi appartiene totalmente.
Il protagonista della storia è un giovane sballato che vive dentro un buco abbandonato in qualche posto dell'infinita periferia che tiene unito in cinque continenti questo delirante impero. La sua vita si riduce al consumo di droghe. Normalmente camperebbe di truffe, ma si ritrova anche a guadagnarsi da vivere facendo la cavia in un laboratorio. Le premesse conducono a una serie di conseguenze che non possono non essere fondate sul guaio e, in finale, sulla catastrofe. Anche questo determinismo è di natura letteraria, e Barison, con costernazione lacerante, infatti ne rintraccia la matrice negli scritti di Laplace che interviene in prima persona, invocato chimicamente da una dosa robusta di metamfetamine, per combattere contro il demone della vergine delle rocce durante lo stupro e il pestaggio che l'eroe della storia impartisce a una prostituta. Siamo, già così, dentro l'avventura filosofica e razionale di uno scienziato, il che produce mostri dickiani. E l'aria che permea 28 grammi è proprio quella di Un oscuro scrutare, a cui è, però, stato dato un correttivo romantico e viscerale. Questo antidoto è tutto nella lingua che, malgrado le vasti concessioni alle grazie sintattiche della nostra narrativa realistica, tende a vivere più nella subordinata che nell'enunciato. Questo è sempre indice che ci si sta facendo prendere dal suono, e che il suono ci porterà a indagare qualche oltre.
Magari Barison conosce Bolaño. Alcuni luoghi del racconto sembrano essere presi dallo scrittore cileno. Ad ogni modo certe zone della letteratura sono messe a disposizione di chi se ne vuole appropriare anche con mezzi non meccanici. Quello che importa è che lo sforzo espresso da questa narrazione è, appunto, letteratura, intesa in senso non inerte, ma carico di un tentativo ideale. Anzi, spirituale. E qui veniamo anche alla corrosione del genere giovanilistico: questo racconto è secco e vecchio come lo spirito. È il racconto di un giovane fatto da un'anima così vecchia che è già pronta a morire, e lanciarsi nella visione negativa della divinità pura: il trip perfetto, quello totalmente rivelatore.
Mi viene da fare un confronto, quello con la Guida pratica al sabotaggio della vita di Roberto Mandracchia, dove troviamo lo stesso sforzo di fiato, tutto linguistico, nell'usare la narrazione come macchina esplorativa. In Mandracchia abbiamo un'esplosione pagana di visioni che conducono al disfacimento della storia e del suo eroe, dove in 28 grammi dopo le visioni costruiscono, al contrario, un sistema, in negativo, che racconta l'esistenza come un parametro: il meccanismo della sopravvivenza da, o forse con, l'orrore.
di Pier Paolo Di Mino
Il giovanissimo autore cuneese costruisce il suo racconto dentro la gabbia del genere giovanilistico e dell'autobiografia. Generi che sono andati di moda, e che, presumo, vendano ancora.
Inoltre sono generi che si addicono particolarmente a chi non è ancora adulto, il primo per un'ovvia tautologia, il secondo perché la storia della propria vita, in linea di massima, la sa raccontare in maniera più appropriata chi, dovendola ancora vivere, ha più agio per immaginarla.
Questo non sembra sfuggire a Barison che, infatti, usa la gabbia per quello che è, qualcosa da scardinare e da cui fuggire, partendo proprio dal materiale biografico che, se pure fosse preso di peso dalla vita del narratore così come è, appartiene molto più alla letteratura che al vissuto. Vi appartiene totalmente.
Il protagonista della storia è un giovane sballato che vive dentro un buco abbandonato in qualche posto dell'infinita periferia che tiene unito in cinque continenti questo delirante impero. La sua vita si riduce al consumo di droghe. Normalmente camperebbe di truffe, ma si ritrova anche a guadagnarsi da vivere facendo la cavia in un laboratorio. Le premesse conducono a una serie di conseguenze che non possono non essere fondate sul guaio e, in finale, sulla catastrofe. Anche questo determinismo è di natura letteraria, e Barison, con costernazione lacerante, infatti ne rintraccia la matrice negli scritti di Laplace che interviene in prima persona, invocato chimicamente da una dosa robusta di metamfetamine, per combattere contro il demone della vergine delle rocce durante lo stupro e il pestaggio che l'eroe della storia impartisce a una prostituta. Siamo, già così, dentro l'avventura filosofica e razionale di uno scienziato, il che produce mostri dickiani. E l'aria che permea 28 grammi è proprio quella di Un oscuro scrutare, a cui è, però, stato dato un correttivo romantico e viscerale. Questo antidoto è tutto nella lingua che, malgrado le vasti concessioni alle grazie sintattiche della nostra narrativa realistica, tende a vivere più nella subordinata che nell'enunciato. Questo è sempre indice che ci si sta facendo prendere dal suono, e che il suono ci porterà a indagare qualche oltre.
Magari Barison conosce Bolaño. Alcuni luoghi del racconto sembrano essere presi dallo scrittore cileno. Ad ogni modo certe zone della letteratura sono messe a disposizione di chi se ne vuole appropriare anche con mezzi non meccanici. Quello che importa è che lo sforzo espresso da questa narrazione è, appunto, letteratura, intesa in senso non inerte, ma carico di un tentativo ideale. Anzi, spirituale. E qui veniamo anche alla corrosione del genere giovanilistico: questo racconto è secco e vecchio come lo spirito. È il racconto di un giovane fatto da un'anima così vecchia che è già pronta a morire, e lanciarsi nella visione negativa della divinità pura: il trip perfetto, quello totalmente rivelatore.
Mi viene da fare un confronto, quello con la Guida pratica al sabotaggio della vita di Roberto Mandracchia, dove troviamo lo stesso sforzo di fiato, tutto linguistico, nell'usare la narrazione come macchina esplorativa. In Mandracchia abbiamo un'esplosione pagana di visioni che conducono al disfacimento della storia e del suo eroe, dove in 28 grammi dopo le visioni costruiscono, al contrario, un sistema, in negativo, che racconta l'esistenza come un parametro: il meccanismo della sopravvivenza da, o forse con, l'orrore.
di Pier Paolo Di Mino
CERCA
NEWS
-
12.11.2024
La nave di Teseo.
Settembre nero. -
12.11.2024
Tommaso Pincio
Panorama. -
4.11.2024
Alessandro Barbero
Edizioni Effedi. La voglia dei cazzi.
RECENSIONI
-
Han Kang
La vegetariana
-
Han Kang
Atti umani
-
Giuliano Pavone
Per diventare Eduardo
ATTUALITA'
-
Ettore Maggi
La grammatica della Geopolitica.
-
marco minicangeli
CAOS COSMICO
-
La redazione
Trofeo Rill. I risultati.
CLASSICI
CINEMA E MUSICA
-
Marco Minicangeli
La gita scolastica
-
Marco Minicangeli
Juniper - Un bicchiere di gin
-
Lorenzo Lombardi
IL NERD, IL CINEFILO E IL MEGADIRETTORE GENERALE
RACCONTI
-
Fiorella Malchiodi Albedi
Ad essere infelici sono buoni tutti.
-
Roberto Saporito
30 Ottobre
-
Marco Beretti
Tonino l'ubriacone