RECENSIONI
John Niven
A volte ritorno
Einaudi stile libero, Pag 381 Euro 19,90
Se la creazione sia il frutto di uno sbaglio, o il risultato di un gioco che è sfuggito di mano al creatore oppure un demoniaco pervertimento dell' intento originario, non lo sapremo mai. Quello che è più probabile e più comprensibile a noi umani e su cui il nuovo romanzo di John Niven, A volte ritorno, costruisce una plausibile e inquietante opera rock è che l'antico monito "fate i bravi", lasciato da Dio agli uomini a loro edificazione e salvezza nel corso del tempo e soprattutto del secolo appena trascorso, si sia trasformato nel suo esatto contrario.
Confidando troppo nell'umano e nella semplice evidenza dei valori morali, Dio è uscito a pescare per una vacanza di una settimana (misura temporale delle altezze) che nel calcolo terrestre corrisponde praticamente a quattro secoli. Al suo ritorno è felice come una pasqua, ha delle trote di acqua dolce da cucinare e si sente riposato, tuttavia nessuno ha il coraggio di dirgli che nel frattempo il Novecento ha scatenato di tutto e il pianeta, oggi, è sull'orlo del tracollo. "Dio è un lettore veloce. Anzi, velocissimo. E' capace di assimilare migliaia di documenti mentre in contemporanea si spara una videocassetta o un dvd e clicca sui file che lo aggiornano sul tempo che si è perso. Gli ci vuole tutta una mattinata e anche parte della pausa pranzo per mettersi al passo. Impara subito un mucchio di geografia: Auschwitz, Buchenwald, Bergen Belsen, Guantanamo, Belfast, Cambogia, Vietnam, Le Fiandre, Ypres, Nagasaki, Iroshima, Ruanda, Bosnia". Di fronte al disastro Dio si incazza di brutto e decide di inviare per la seconda volta suo figlio Gesù Cristo nel mondo per salvare i peccatori, dare forza all'antico "fate i bravi" e mettere un argine al male. Il problema è che Gesù è un musicista fricchettone che se la spassa con Jimi Hendrix, consuma spinelli e birra a gogò e in fondo non avrebbe nessuna intenzione di tornare in una terra in cui la spietatezza dei Romani appare una carineria da bambinetti. Ma Dio, nonostante sia alquanto progressista, antiproibizionista e tollerante lo prende per un orecchio e lo convince. Da qui inizia la seconda venuta di Cristo, come recita il titolo originale del romanzo (The Second Coming), grottescamente italianizzato in A volte ritorno, che trasformerà il giovane ragazzo in un talento musicale alla ricerca di un'occasione di visibilità globale. La partecipazione al talent show "American popstar" a contatto con produttori famelici, giudici disumani, un pubblico di idioti e i meccanismi divoratori della televisione commerciale spingerà Gesù Cristo ad una sorta di guerriglia semiologica che ha lo scopo di infrangere i meccanismi dell'industria culturale e in seconda istanza utilizzare il mezzo televisivo contro se stesso . Il risultato è il successo planetario, la diffusione di un messaggio di bontà universale e la disponibilità di svariati milioni di dollari che gli permetterà la realizzazione di una libera comunità di gente felice ed operosa in Texas. Ma se c'è un obiettivo polemico nel libro di Niven non è certo la società contemporanea, con le sue degenerazioni ( certo criticabili), quanto piuttosto l'integralismo religioso e morale colpevole secondo l'autore di seminare odio e violenza e pervertire il vero messaggio evangelico del "fate i bravi". Le legittime rampogne contro il papa tedesco e i pastori violenti che vanno in tv a seminare rancore lo comprovano. Del resto a leggere il romanzo solo nella sua dimensione esilarante, fantastica o grottesca si rischierebbe di non coglierne il senso morale di critica etica e sociale del fanatismo e della piaga dell'integralismo. La conclusione del romanzo in fondo non è che l'apoteosi di questa denuncia: "il paradiso in Texas" la comunità libera e operosa di Gesù Cristo muove l'invidia dei fanatici, dei preti e dell' Fbi, tanto basta per scatenare una repressione con attacco di elicotteri e teste di cuoio. La responsabilità del bagno di sangue sarà addebitata a Gesù che in tal modo per la secondo volta di si guadagnerà la pena capitale. La storia dunque si ripete e l'umanità nonostante i secoli si dimostra sempre la stessa; la magra consolazione di Dio sarà quella dell'aumento degli ingressi in paradiso e una limitata riduzione delle entrate all'inferno. Poco in effetti per sperare in un vero cambiamento di rotta.
di Alessandro Cartoni
Confidando troppo nell'umano e nella semplice evidenza dei valori morali, Dio è uscito a pescare per una vacanza di una settimana (misura temporale delle altezze) che nel calcolo terrestre corrisponde praticamente a quattro secoli. Al suo ritorno è felice come una pasqua, ha delle trote di acqua dolce da cucinare e si sente riposato, tuttavia nessuno ha il coraggio di dirgli che nel frattempo il Novecento ha scatenato di tutto e il pianeta, oggi, è sull'orlo del tracollo. "Dio è un lettore veloce. Anzi, velocissimo. E' capace di assimilare migliaia di documenti mentre in contemporanea si spara una videocassetta o un dvd e clicca sui file che lo aggiornano sul tempo che si è perso. Gli ci vuole tutta una mattinata e anche parte della pausa pranzo per mettersi al passo. Impara subito un mucchio di geografia: Auschwitz, Buchenwald, Bergen Belsen, Guantanamo, Belfast, Cambogia, Vietnam, Le Fiandre, Ypres, Nagasaki, Iroshima, Ruanda, Bosnia". Di fronte al disastro Dio si incazza di brutto e decide di inviare per la seconda volta suo figlio Gesù Cristo nel mondo per salvare i peccatori, dare forza all'antico "fate i bravi" e mettere un argine al male. Il problema è che Gesù è un musicista fricchettone che se la spassa con Jimi Hendrix, consuma spinelli e birra a gogò e in fondo non avrebbe nessuna intenzione di tornare in una terra in cui la spietatezza dei Romani appare una carineria da bambinetti. Ma Dio, nonostante sia alquanto progressista, antiproibizionista e tollerante lo prende per un orecchio e lo convince. Da qui inizia la seconda venuta di Cristo, come recita il titolo originale del romanzo (The Second Coming), grottescamente italianizzato in A volte ritorno, che trasformerà il giovane ragazzo in un talento musicale alla ricerca di un'occasione di visibilità globale. La partecipazione al talent show "American popstar" a contatto con produttori famelici, giudici disumani, un pubblico di idioti e i meccanismi divoratori della televisione commerciale spingerà Gesù Cristo ad una sorta di guerriglia semiologica che ha lo scopo di infrangere i meccanismi dell'industria culturale e in seconda istanza utilizzare il mezzo televisivo contro se stesso . Il risultato è il successo planetario, la diffusione di un messaggio di bontà universale e la disponibilità di svariati milioni di dollari che gli permetterà la realizzazione di una libera comunità di gente felice ed operosa in Texas. Ma se c'è un obiettivo polemico nel libro di Niven non è certo la società contemporanea, con le sue degenerazioni ( certo criticabili), quanto piuttosto l'integralismo religioso e morale colpevole secondo l'autore di seminare odio e violenza e pervertire il vero messaggio evangelico del "fate i bravi". Le legittime rampogne contro il papa tedesco e i pastori violenti che vanno in tv a seminare rancore lo comprovano. Del resto a leggere il romanzo solo nella sua dimensione esilarante, fantastica o grottesca si rischierebbe di non coglierne il senso morale di critica etica e sociale del fanatismo e della piaga dell'integralismo. La conclusione del romanzo in fondo non è che l'apoteosi di questa denuncia: "il paradiso in Texas" la comunità libera e operosa di Gesù Cristo muove l'invidia dei fanatici, dei preti e dell' Fbi, tanto basta per scatenare una repressione con attacco di elicotteri e teste di cuoio. La responsabilità del bagno di sangue sarà addebitata a Gesù che in tal modo per la secondo volta di si guadagnerà la pena capitale. La storia dunque si ripete e l'umanità nonostante i secoli si dimostra sempre la stessa; la magra consolazione di Dio sarà quella dell'aumento degli ingressi in paradiso e una limitata riduzione delle entrate all'inferno. Poco in effetti per sperare in un vero cambiamento di rotta.
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