RECENSIONI
Reinaldo Arenas
Adios a mamà. Dall'Avana a New York
Socrates edizioni, Pag. 119 Euro 10,00
Otto racconti postumi: confessioni di un omosessuale cubano, suicida in esilio per la disperazione d'aver contratto l'AIDS, una vita letteraria caratterizzata da disillusione assoluta – non soltanto sulla natura del regime cubano: sull'essenza del genere umano – e da una scrittura quando consolatoria, quando fertile pioggia nella terra arida d'una persona ferita. Arenas sembra avere nostalgia di tutto: della perduta patria, e del sogno della democrazia; dell'illusione gentile dell'uguaglianza, e della possibilità della libertà; e della menzogna della bontà della specie umana. La menzogna più bella e falsa della storia.
Il libro è prova d'una delle scritture più malinconiche e depressive del Novecento. Qualche esempio. Il primo racconto si chiama Traditore. Una vecchia ricorda gli anni del castrismo, l'illusione della libertà, il senso terribile di paura e di impotenza. Un giornalista viene a registrare le sue memorie e le sue sensazioni a proposito di uno scrittore controrivoluzionario che aveva finito per servire il regime, sino a ritrovarsi fucilato come castrista senza esserlo, in realtà, mai stato. Il racconto è ammantato da un'aura cupa di predestinazione e di disperazione, e da una totale sfiducia nella democrazia e nell'intelligenza di qualsiasi regime. Non rimane che un cieco rancore nei confronti di tutto.
La gran forza è la (brevissima) storia della fuga di Dio nello spazio, terrorizzato per aver creato l'essere umano; e del tentativo di suo figlio di restituire speranza e giustizia alla specie, nonostante la contrarietà del padre. Arenas lascia il finale del racconto aperto: suggerisce che il narratore – lui stesso – sia convinto che il Cristo non tornerà mai più, ma non può non sognare che il Messia sia determinato a una seconda venuta. Nell'equilibrio complessivo dell'opera, sembra un paradosso, questo è probabilmente il testo meno cupo e lugubre.
La torre di cristallo è la storia di uno scrittore cubano esule a Miami. Dal giorno dello sbarco in Florida non è mai più riuscito a scrivere; sono passati cinque anni. Medita di aprire una casa editrice, e il brano racconta di quel sogno assurdo, delle nulle potenzialità economiche e delle speculazioni sugli scritti degli esuli cubani. Tutto sembra fittizio e artefatto, infine: anche la casa che lo ospita in America, che allegoricamente si dissolve. L'unica realtà credibile rimane – come nel postsbronza di un ubriaco molto triste – la lingua di un cane che ti lecca il viso.
Il terzo racconto, l'eponimo Adiòs a mama, è la triste e terribile registrazione simbolica della morte d'una madre, sul bianco letto d'un'ospedale. Dopo una notte di veglia, le sorelle e il protagonista parlano della sepoltura; sembra un atto atroce, iniquo, sacrilego. E così, in un delirio mostruoso, passa una settimana osservando la decomposizione del corpo, e il trionfo dei parassiti. Nugolo di mosche attorno alle sue labbra. Come in una danza macabra, tutte le sorelle poco a poco si suicidano, lasciandosi avvincere dal desiderio d'essere terminate. Solo un traditore sfugge al destino. Ancora sorelle protagoniste nel non del tutto riuscito omaggio a Garcia Lorca La cometa di Halley.
Si sarà inteso, a questo punto, il tono dell'opera, e il senso della raccolta. Spiega bene Vargas Llosa, nella prefazione, chi doveva e dovrebbe essere il lettore primo dell'addio alla madre del perduto Arenas: Gli esaltatori del regime, chiudendo il libro, farebbero bene a chiedersi: è questo l'uomo nuovo? È questa la società, sana e purificata da tre decenni di socialismo ortodosso, che ha rimpiazzato quel bordello degli Stati Uniti gestito da gangster che, secondo gli stereotipi, era Cuba prima di Fidel?
Punto.
di Gianfranco Franchi
Il libro è prova d'una delle scritture più malinconiche e depressive del Novecento. Qualche esempio. Il primo racconto si chiama Traditore. Una vecchia ricorda gli anni del castrismo, l'illusione della libertà, il senso terribile di paura e di impotenza. Un giornalista viene a registrare le sue memorie e le sue sensazioni a proposito di uno scrittore controrivoluzionario che aveva finito per servire il regime, sino a ritrovarsi fucilato come castrista senza esserlo, in realtà, mai stato. Il racconto è ammantato da un'aura cupa di predestinazione e di disperazione, e da una totale sfiducia nella democrazia e nell'intelligenza di qualsiasi regime. Non rimane che un cieco rancore nei confronti di tutto.
La gran forza è la (brevissima) storia della fuga di Dio nello spazio, terrorizzato per aver creato l'essere umano; e del tentativo di suo figlio di restituire speranza e giustizia alla specie, nonostante la contrarietà del padre. Arenas lascia il finale del racconto aperto: suggerisce che il narratore – lui stesso – sia convinto che il Cristo non tornerà mai più, ma non può non sognare che il Messia sia determinato a una seconda venuta. Nell'equilibrio complessivo dell'opera, sembra un paradosso, questo è probabilmente il testo meno cupo e lugubre.
La torre di cristallo è la storia di uno scrittore cubano esule a Miami. Dal giorno dello sbarco in Florida non è mai più riuscito a scrivere; sono passati cinque anni. Medita di aprire una casa editrice, e il brano racconta di quel sogno assurdo, delle nulle potenzialità economiche e delle speculazioni sugli scritti degli esuli cubani. Tutto sembra fittizio e artefatto, infine: anche la casa che lo ospita in America, che allegoricamente si dissolve. L'unica realtà credibile rimane – come nel postsbronza di un ubriaco molto triste – la lingua di un cane che ti lecca il viso.
Il terzo racconto, l'eponimo Adiòs a mama, è la triste e terribile registrazione simbolica della morte d'una madre, sul bianco letto d'un'ospedale. Dopo una notte di veglia, le sorelle e il protagonista parlano della sepoltura; sembra un atto atroce, iniquo, sacrilego. E così, in un delirio mostruoso, passa una settimana osservando la decomposizione del corpo, e il trionfo dei parassiti. Nugolo di mosche attorno alle sue labbra. Come in una danza macabra, tutte le sorelle poco a poco si suicidano, lasciandosi avvincere dal desiderio d'essere terminate. Solo un traditore sfugge al destino. Ancora sorelle protagoniste nel non del tutto riuscito omaggio a Garcia Lorca La cometa di Halley.
Si sarà inteso, a questo punto, il tono dell'opera, e il senso della raccolta. Spiega bene Vargas Llosa, nella prefazione, chi doveva e dovrebbe essere il lettore primo dell'addio alla madre del perduto Arenas: Gli esaltatori del regime, chiudendo il libro, farebbero bene a chiedersi: è questo l'uomo nuovo? È questa la società, sana e purificata da tre decenni di socialismo ortodosso, che ha rimpiazzato quel bordello degli Stati Uniti gestito da gangster che, secondo gli stereotipi, era Cuba prima di Fidel?
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Lo sposo del mare
Croce editore, Pag. 96 Euro 15,00CUBA SARÀ LIBERA, IO GIÀ LO SONO. Omosessualità sotto regime comunista cubano: galera inclusa. La dolorosa e sofferta esperienza del grande Arenas, artista eretico e libertario, nemico dei regimi totalitari e del capitalismo, è stata trasfigurata nei versi dello Sposo del mare, coraggiosamente e onestamente prefati dal professor Héctor Febles e ben tradotti dal giovane letterato Claudio Marrucci, empatico autore d'una appassionata breve biografia del poeta cubano.
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