RECENSIONI
Anna Maria Mozzoni
Alle fanciulle e alle figlie del popolo
Caravan Edizioni, A cura di Fiorenza Taricone, Pag. 40 Euro 3,90
Vale la pena di recensire un libro così piccolo, piccolissimo, sottile come una cartolina? Sì. Perché la voce che ne emerge è una voce femminile così limpida e squillante da riuscire a chiamare le cose con il loro nome senza paura di sfidare lo scandalo, in un periodo in cui per una giovane donna questo era tanto inconsueto e difficile. È la voce di Anna Maria Mozzoni (1837-1920) attivista politica che aderì agli ideali del Risorgimento sperando che esso segnasse anche un risorgimento delle donne. Repubblicana, rimproverava però a Mazzini e ai suoi seguaci di pensare la donna come una creatura fatta per dedicarsi alla casa e alla famiglia. Alla luce della filosofia illuminista di cui il suo pensiero era profondamente impregnato, la Mozzoni non poteva concepire un progresso politico e sociale senza una concomitante emancipazione delle donne. Nell’aderire a partiti o movimenti non prescindeva mai da questo principio, che, nella sua coerenza adamantina, la costringeva a mantenersi sempre a una debita distanza. Dall’introduzione di Fiorenza Taricone:
L’esperienza di un socialismo diventato partito non la convinse però fino in fondo e preferì tenere alta la bandiera dell’autonomia di una questione femminile. Se per la Mozzoni la questione sociale emergente implicava certamente un mutamento dei rapporti di proprietà fra le classi, non era affatto di secondaria importanza il mutamento dei rapporti fra i sessi.
Qui si rivolge direttamente alle giovani donne mettendole in guardia contro tutti gli stereotipi e gli inganni orditi dalla società e dalle istituzioni per renderle docili e arrese ai cliché che le vorrebbero declinate in due possibili versioni: asservite alla fatica e allo sfruttamento se appartenenti a un’umile classe sociale, oppure, se benestanti, modellate come pupattole dotate di cultura e grazia solo per adornare di sé la gabbia dorata di un matrimonio borghese.
Appellandosi al diritto naturale la Mozzoni esorta le donne a rifiutare ogni sorta di schiavitù. Lo studio e l’educazione a una cultura dei diritti sono per lei il primo e più importante strumento di emancipazione. È dunque importante che dopo aver preso coscienza delle mistificazioni con cui si è tentato di condizionarle, esse trasmettano ai figli, maschi e femmine, i loro principi di libertà e di giustizia.
Tu educherai le une e gli altri a considerare nelle leggi e nei catechismi le armi associate dei furbi e dei prepotenti, a non rispettare che la giustizia se anche si trovi in luoghi abbietti e a ribellarsi contro la ingiustizia se anche si trovi all’ombra della legge e dell’altare.
Dopo aver rivolto queste esortazioni alle studentesse, si rivolge alle donne del popolo che più gravosamente scontano la loro condizione.
Tu capirai che questa causa non è un destino cieco e fatale, non è nessun Dio che voglia punirti o prenda piacere ai tuoi dolori, non è nessuna potenza malefica e misteriosa - ma è l’egoismo umano compenetrato da secoli in tutte le istituzioni, è la forza diventata diritto, è l’intelligenza diventata furberia, sono tutti gli interessi dei forti che si sono affratellati contro quelli dei deboli, si sono impadroniti di tutte le forze della società e le impiegano tutte a loro vantaggio.
Non fa sconti a nessuno, non accetta compromessi né deroghe, pretende che la limpidezza del pensiero guidi la coerenza delle azioni.
Ma in pratica, che fare? L’appello è semplice e inequivocabile: unisciti a noi e diventa socialista. Sia ben inteso: donna socialista, che sappia all’occorrenza prendere le distanze e svelare le complicità là dove gli stessi compagni di ideali indugino, adagiati sui vecchi schemi di genere. Via non facile, lo sappiamo ancora adesso.
Il discorso può apparire sviluppato in toni da comizio, ma la foga è genuina e sanguigna, alimentata da una prorompente vitalità, e l’entusiasmo con cui la giovane Anna Maria svolge a gola spiegata la sua perorazione è salutare e contagioso.
di Giovanna Repetto
L’esperienza di un socialismo diventato partito non la convinse però fino in fondo e preferì tenere alta la bandiera dell’autonomia di una questione femminile. Se per la Mozzoni la questione sociale emergente implicava certamente un mutamento dei rapporti di proprietà fra le classi, non era affatto di secondaria importanza il mutamento dei rapporti fra i sessi.
Qui si rivolge direttamente alle giovani donne mettendole in guardia contro tutti gli stereotipi e gli inganni orditi dalla società e dalle istituzioni per renderle docili e arrese ai cliché che le vorrebbero declinate in due possibili versioni: asservite alla fatica e allo sfruttamento se appartenenti a un’umile classe sociale, oppure, se benestanti, modellate come pupattole dotate di cultura e grazia solo per adornare di sé la gabbia dorata di un matrimonio borghese.
Appellandosi al diritto naturale la Mozzoni esorta le donne a rifiutare ogni sorta di schiavitù. Lo studio e l’educazione a una cultura dei diritti sono per lei il primo e più importante strumento di emancipazione. È dunque importante che dopo aver preso coscienza delle mistificazioni con cui si è tentato di condizionarle, esse trasmettano ai figli, maschi e femmine, i loro principi di libertà e di giustizia.
Tu educherai le une e gli altri a considerare nelle leggi e nei catechismi le armi associate dei furbi e dei prepotenti, a non rispettare che la giustizia se anche si trovi in luoghi abbietti e a ribellarsi contro la ingiustizia se anche si trovi all’ombra della legge e dell’altare.
Dopo aver rivolto queste esortazioni alle studentesse, si rivolge alle donne del popolo che più gravosamente scontano la loro condizione.
Tu capirai che questa causa non è un destino cieco e fatale, non è nessun Dio che voglia punirti o prenda piacere ai tuoi dolori, non è nessuna potenza malefica e misteriosa - ma è l’egoismo umano compenetrato da secoli in tutte le istituzioni, è la forza diventata diritto, è l’intelligenza diventata furberia, sono tutti gli interessi dei forti che si sono affratellati contro quelli dei deboli, si sono impadroniti di tutte le forze della società e le impiegano tutte a loro vantaggio.
Non fa sconti a nessuno, non accetta compromessi né deroghe, pretende che la limpidezza del pensiero guidi la coerenza delle azioni.
Ma in pratica, che fare? L’appello è semplice e inequivocabile: unisciti a noi e diventa socialista. Sia ben inteso: donna socialista, che sappia all’occorrenza prendere le distanze e svelare le complicità là dove gli stessi compagni di ideali indugino, adagiati sui vecchi schemi di genere. Via non facile, lo sappiamo ancora adesso.
Il discorso può apparire sviluppato in toni da comizio, ma la foga è genuina e sanguigna, alimentata da una prorompente vitalità, e l’entusiasmo con cui la giovane Anna Maria svolge a gola spiegata la sua perorazione è salutare e contagioso.
di Giovanna Repetto
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