RECENSIONI
Valerio Biagi
Anni 70 for dummies
Edizioni il foglio, Pag. 141 Euro 12,00
Come diceva Pino Daniele in una famosa canzone? Ogni scarrafone è bell' a mamm soja. Qui gli scarrafoni in questioni sono i decenni, e in questo libro il decennio 'bello' è quello dei settanta.
Quello che viviamo però, con radici – e colpe – nel precedente, è quello che più di ogni altro ha tentato – e ci è riuscito – la rivalutazione tout-court dello scibile umano. Nel cinema per esempio abbiamo assistito ad una celebrazione – con la scusa che il kitch è una forma nobile del pensiero e dell'agire umano – e alla riabilitazione di filoni che a suo tempo furono snobbati se non addirittura presi a calci in culo.
Sarà stata pure un'invenzione del Giusti televisivo e carosellaro, ma delle Giovannone, dei Pierini, degli spaghetti western, dei Sartana e del peplum-protoerotismo gay ne abbiamo fin sopra i capelli. (Fosse solo quello: nella musica, colpa – questa sì – di menestrellacci post-sessantottini, senza infamia e senza 'loden', stiamo assistendo alla riscoperta di cantautori e cantautrici melensi e sbadiglianti che sembrano tante donzellette in sur calar del sole che recan in mano un mazzolin di rose e di viole e che spesso hanno voci che sembrano il vecchio gessetto che stride su una lavagna).
Valerio Biagi rimesta nella melma: ma gli piace, come piaceva al Moretti immergere il coltello in un vascone di Nutella. Ci ripropone vecchi 'modelli' per i quali chi ha dai quaranta in su – cioè quando ti prende quell'angustia a cui non sai dare un nome (gli americani la chiamano blues, mentre mia madre che è ignorante, ma che evidentemente s'è portata dietro qualche rimasuglio delle vecchie lingue morte, chiama con azzardo 'apostema') e che vorresti emigrare in Papuasia e stare a palle all'aria ventiquattro ore su ventiquattro - potrebbe pure provare un brividino di nostalgia.
Ecco dunque sfilare (con qualche excursus nel decennio precedente, tipo le origini di Carosello e il Belfagor della Greco) i Bee Gees e Paolo Valenti, Big Jim e Atlas Ufo Robot, il Corrado di 'Domenica In' e il borsello, pane e formaggino e George & Mildred, i mobili di casa pre-Ikea e gli orologi al quarzo, Orzoro e Ovomaltina e il caffè che più lo mandavi giù e più ti tirava su...
Insomma un helzapoppin (avrei dovuto usare l'espressione 'carosello' ma era già occupata) che a volte strappa un sorriso e a volte annoia. Lascia solo qualche segno l'intelligente considerazione dello scandalo del colorante E 123, l'attenta ricostruzione dell'elezione del presidente Leone, l'unico nel nostro paese ad essere cacciato via (ma quel finale: Giovanni Leone, piccolo di statura e con quei baffetti bianchi,non può che riempirmi di tenerezza e di simpatia. Un omino solo, malinconico, lasciato in balia dei temibili anni di piombo in cui, volente o nolente sono cresciuto... fa venire un po' i brividini per una dose eccessiva di qualunquismo) e l'imprescindibile 'aggancio' alla tragedia di Seveso.
Tutto il resto è per cultori e per chi sbava ancora per le cosciotte della Fenech preferendole all'hard più spinto e al fist-fucking.
di Alfredo Ronci
Quello che viviamo però, con radici – e colpe – nel precedente, è quello che più di ogni altro ha tentato – e ci è riuscito – la rivalutazione tout-court dello scibile umano. Nel cinema per esempio abbiamo assistito ad una celebrazione – con la scusa che il kitch è una forma nobile del pensiero e dell'agire umano – e alla riabilitazione di filoni che a suo tempo furono snobbati se non addirittura presi a calci in culo.
Sarà stata pure un'invenzione del Giusti televisivo e carosellaro, ma delle Giovannone, dei Pierini, degli spaghetti western, dei Sartana e del peplum-protoerotismo gay ne abbiamo fin sopra i capelli. (Fosse solo quello: nella musica, colpa – questa sì – di menestrellacci post-sessantottini, senza infamia e senza 'loden', stiamo assistendo alla riscoperta di cantautori e cantautrici melensi e sbadiglianti che sembrano tante donzellette in sur calar del sole che recan in mano un mazzolin di rose e di viole e che spesso hanno voci che sembrano il vecchio gessetto che stride su una lavagna).
Valerio Biagi rimesta nella melma: ma gli piace, come piaceva al Moretti immergere il coltello in un vascone di Nutella. Ci ripropone vecchi 'modelli' per i quali chi ha dai quaranta in su – cioè quando ti prende quell'angustia a cui non sai dare un nome (gli americani la chiamano blues, mentre mia madre che è ignorante, ma che evidentemente s'è portata dietro qualche rimasuglio delle vecchie lingue morte, chiama con azzardo 'apostema') e che vorresti emigrare in Papuasia e stare a palle all'aria ventiquattro ore su ventiquattro - potrebbe pure provare un brividino di nostalgia.
Ecco dunque sfilare (con qualche excursus nel decennio precedente, tipo le origini di Carosello e il Belfagor della Greco) i Bee Gees e Paolo Valenti, Big Jim e Atlas Ufo Robot, il Corrado di 'Domenica In' e il borsello, pane e formaggino e George & Mildred, i mobili di casa pre-Ikea e gli orologi al quarzo, Orzoro e Ovomaltina e il caffè che più lo mandavi giù e più ti tirava su...
Insomma un helzapoppin (avrei dovuto usare l'espressione 'carosello' ma era già occupata) che a volte strappa un sorriso e a volte annoia. Lascia solo qualche segno l'intelligente considerazione dello scandalo del colorante E 123, l'attenta ricostruzione dell'elezione del presidente Leone, l'unico nel nostro paese ad essere cacciato via (ma quel finale: Giovanni Leone, piccolo di statura e con quei baffetti bianchi,non può che riempirmi di tenerezza e di simpatia. Un omino solo, malinconico, lasciato in balia dei temibili anni di piombo in cui, volente o nolente sono cresciuto... fa venire un po' i brividini per una dose eccessiva di qualunquismo) e l'imprescindibile 'aggancio' alla tragedia di Seveso.
Tutto il resto è per cultori e per chi sbava ancora per le cosciotte della Fenech preferendole all'hard più spinto e al fist-fucking.
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