RECENSIONI
Carl Einstein
Bebuquin
Le nubi edizioni, Pag.86 Euro 11,00
"... entrò nel museo dei brividi a poco prezzo, alla cui cassa sedeva un'enorme donna nuda dalle forme indefinite... Indossava un ampio cappello giallo di piume, delle calze verde smeraldo, i cui nastri giungevano fin sulle ascelle, adornando il corpo di modesti arabeschi vibranti."
Non c'è dubbio sulla matrice espressionista di questo romanzo, pubblicato per la prima volta nel 1912 con sottotitolo I dilettanti del miracolo, in una Berlino attraversata da tutti i fremiti delle avanguardie. Romanzo caleidoscopico, centrato sulla lotta dell'uomo (intellettuale ed artista, ma anche più semplicemente protagonista di una ricerca esistenziale) per uscire dal banale e dal classico, per liberarsi dalla schiavitù del bello, delle idee platoniche, della simmetria.
"La simmetria è una quiete morta come l'idea platonica. Boehm una volta disse che mi dovevo amputare una gamba. Fu brutale, ma completamente giusto."
Figura vivacissima nella cultura d'avanguardia tedesca e francese, interessato profondamente all' Espressionismo, al Simbolismo, al Cubismo, Carl Einstein tende a realizzare con la parola l'immediatezza della Forma concreta, liberandosi dalle pastoie della logica e del razionale.
"... aprì il suo ombrello color del pavone, balzò in alto per due volte, selvaggia, poi si plasmò sulla superficie della colonna per le affissioni, era divenuta solo un cartello pubblicitario per l' 'essay', un locale notturno di recente apertura."
Teatro dell'assurdo e del grottesco, gioco di sipari e di specchi, l'avventura di Bebuquin, che con espressione geniale la curatrice definisce "romanzo di deformante formazione", è una discesa nell'inferno della condizione umana, gravata dall'ipocrisia e da un intellettualismo usato come gabbia e freno alla ricerca di autenticità. Anche le leggi della logica e dei numeri costringono il pensiero in un percorso analitico che scompone e riduce, perdendo l'immediatezza.
"La legge di natura deve sbronzarsi nell'alcool, finché non le sarà chiaro che ci sono situazioni irrazionali... La legge non si realizza mai spiritualmente, se ne sta appesa senza alcun senso al chiodo di qualche cattivo assioma matematico."
Contro una visione predefinita e univoca, proclama la molteplicità del reale:
"... lei ammette solo una logica e un non-logico. Vi sono molte logiche, mio caro, le quali lottano tra loro, e da questa lotta nasce l'alogico."
Occorre una rottura, un'azione, un "miracolo".
"un pessimo materiale da romanzo, - si lamenta Bebuquin - questo sono, perché non porterò mai nulla a termine... Sono sicuro di non aver mai agito, né vissuto."
Ma il suo amico e mentore Boehm, fantasmagorico maestro dell'assurdo, suggerisce la sua ricetta:
"Così a lungo si deve osservare l'impossibile, fino a che non ci paia una facile occasione. E' una questione di allenamento, il miracolo."
Anche la morte gioca il suo ruolo, come atto di rottura estremo, eppure recuperabile ad una quotidianità grottesca:
"Boehm lo salutò sottovoce e con cordialità. Desiderava riguardarsi, dopo la sua morte, perché non aveva alcuna certezza sull'immortalità."
Così il morto Boehm continua ad aleggiare e a sentenziare, mentre Eufemia, la musa opulenta, cerca in convento la fuga dall' "angusto vivere". Perfino Bebuquin, esasperato dal protrarsi della sua ricerca esistenziale, arriva a rivolgersi a Dio: "concedimi un miracolo, lo cerchiamo dal primo capitolo." Per poi tornare al suo esercizio preferito: fissare lo sguardo su un punto del soffitto con la speranza che si animi di vita propria. E dunque il tormento dei "dilettanti del miracolo", proiettati in una girandola di quadri fantasmagorici, appare ben lungi dal trovare pace.
Questo romanzo è una sorpresa, libera espressione di una mente individualista e insieme affresco di un periodo fra i più esplosivi e fertili nella storia della cultura. E' un'autentica 'chicca' scovata da Marzia Mascelli, e da lei tradotta e curata: 'curata' nel vero senso della parola, con evidente amore e attenzione. Lo dimostra l'esauriente introduzione critica e biografica, indispensabile per un godimento pieno della lettura. Puntuale anche il disegno in copertina, di Virginia Bray.
di Giovanna Repetto
Non c'è dubbio sulla matrice espressionista di questo romanzo, pubblicato per la prima volta nel 1912 con sottotitolo I dilettanti del miracolo, in una Berlino attraversata da tutti i fremiti delle avanguardie. Romanzo caleidoscopico, centrato sulla lotta dell'uomo (intellettuale ed artista, ma anche più semplicemente protagonista di una ricerca esistenziale) per uscire dal banale e dal classico, per liberarsi dalla schiavitù del bello, delle idee platoniche, della simmetria.
"La simmetria è una quiete morta come l'idea platonica. Boehm una volta disse che mi dovevo amputare una gamba. Fu brutale, ma completamente giusto."
Figura vivacissima nella cultura d'avanguardia tedesca e francese, interessato profondamente all' Espressionismo, al Simbolismo, al Cubismo, Carl Einstein tende a realizzare con la parola l'immediatezza della Forma concreta, liberandosi dalle pastoie della logica e del razionale.
"... aprì il suo ombrello color del pavone, balzò in alto per due volte, selvaggia, poi si plasmò sulla superficie della colonna per le affissioni, era divenuta solo un cartello pubblicitario per l' 'essay', un locale notturno di recente apertura."
Teatro dell'assurdo e del grottesco, gioco di sipari e di specchi, l'avventura di Bebuquin, che con espressione geniale la curatrice definisce "romanzo di deformante formazione", è una discesa nell'inferno della condizione umana, gravata dall'ipocrisia e da un intellettualismo usato come gabbia e freno alla ricerca di autenticità. Anche le leggi della logica e dei numeri costringono il pensiero in un percorso analitico che scompone e riduce, perdendo l'immediatezza.
"La legge di natura deve sbronzarsi nell'alcool, finché non le sarà chiaro che ci sono situazioni irrazionali... La legge non si realizza mai spiritualmente, se ne sta appesa senza alcun senso al chiodo di qualche cattivo assioma matematico."
Contro una visione predefinita e univoca, proclama la molteplicità del reale:
"... lei ammette solo una logica e un non-logico. Vi sono molte logiche, mio caro, le quali lottano tra loro, e da questa lotta nasce l'alogico."
Occorre una rottura, un'azione, un "miracolo".
"un pessimo materiale da romanzo, - si lamenta Bebuquin - questo sono, perché non porterò mai nulla a termine... Sono sicuro di non aver mai agito, né vissuto."
Ma il suo amico e mentore Boehm, fantasmagorico maestro dell'assurdo, suggerisce la sua ricetta:
"Così a lungo si deve osservare l'impossibile, fino a che non ci paia una facile occasione. E' una questione di allenamento, il miracolo."
Anche la morte gioca il suo ruolo, come atto di rottura estremo, eppure recuperabile ad una quotidianità grottesca:
"Boehm lo salutò sottovoce e con cordialità. Desiderava riguardarsi, dopo la sua morte, perché non aveva alcuna certezza sull'immortalità."
Così il morto Boehm continua ad aleggiare e a sentenziare, mentre Eufemia, la musa opulenta, cerca in convento la fuga dall' "angusto vivere". Perfino Bebuquin, esasperato dal protrarsi della sua ricerca esistenziale, arriva a rivolgersi a Dio: "concedimi un miracolo, lo cerchiamo dal primo capitolo." Per poi tornare al suo esercizio preferito: fissare lo sguardo su un punto del soffitto con la speranza che si animi di vita propria. E dunque il tormento dei "dilettanti del miracolo", proiettati in una girandola di quadri fantasmagorici, appare ben lungi dal trovare pace.
Questo romanzo è una sorpresa, libera espressione di una mente individualista e insieme affresco di un periodo fra i più esplosivi e fertili nella storia della cultura. E' un'autentica 'chicca' scovata da Marzia Mascelli, e da lei tradotta e curata: 'curata' nel vero senso della parola, con evidente amore e attenzione. Lo dimostra l'esauriente introduzione critica e biografica, indispensabile per un godimento pieno della lettura. Puntuale anche il disegno in copertina, di Virginia Bray.
di Giovanna Repetto
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