RECENSIONI
Georges Darien
Biribi. Disciplina militare.
Le Nubi, Pag. 262 Euro 14,00
Biribi è il nome delle Compagnie di Disciplina francesi in Tunisia. Ma è anche l'ultima punizione che l'esercito di Francia riserva ai suoi indisciplinati. E Georges Darien, come il protagonista del libro Froissard, arriva a Biribi dopo aver conosciuto tutte le tappe e tutti gli orrori delle prigioni militari francesi. Ma l'autore tiene a precisare: Biribi non è un romanzo a tesi, non ricerco le cause, è lo studio sincero di un pezzo di vita, di un brandello sanguinante di esistenza. Non è affatto – e sarebbe commettere un grossolano errore crederlo – un romanzo militare.
Ma lo è comunque: non voglio smentire l'autore, perché chi più di lui può confessare i propri convincimenti, ma la cronaca di questo inferno, di questo abisso di sofferenza e perfidia, non può non essere riconducibile all'idea della disciplina militare e dei suoi meccanismi rigidi.
Dice Darien: il giorno in cui ho abbandonato gli abiti da civile per indossare l'abito militare mi sono spogliato anche del mio status di cittadino, ed essendo un soldato sono poco più di un oggetto, poiché ho dei doveri,ma molto meno di un uomo, poiché non ho più diritti.
Assistiamo, nel corso della lettura, ad una serie di avvenimenti e situazioni agghiaccianti, dove la sopravvivenza, la possibilità di rimanere al mondo, può dipendere anche esclusivamente da uno sguardo, da una parola di troppo; e quando si tenta una sacrosanta autodifesa, allora, o è la fine o si ha la certezza di subire una violenza senza confini (Probabilmente non c'è una risposta, nella redazione dei regolamenti militari la stupidità si allea sempre, e in larga misura, alla cattiveria).
Leggendo Biribi si ha la netta sensazione di rivivere un'intera stagione del nostro sentire e ci si avvale di forme e di ricordi strappati al nostro immaginario letterario e soprattutto cinematografico. Vi sono innumerevoli agganci nell'opera di Darien: dalla rilettura della tragedia greca (quanta stupidità militare vi era nell'interdizione del re Creonte a seppellire il corpo di Polinice!) alla stagione del 'prison movie' (pensiamo a film come Papillon o Le ali della libertà). Anzi, in quest'ultimo caso direi che Darien offre davvero un assaggio (e che assaggio!) di tutto le avventure hollywoodiane e non che seguiranno.
Ma Biribi non è solo percezione di un'esistenza avventurosa : è innanzi tutto una denuncia dei mali del mondo. E non poteva venire che da uno spirito anarchico, da un bohèmine che ha tentato la fortuna in vari modi (ma forse la fortuna vera non l'ha mai cercata), da uno spirito dal temperamento ribelle ed inquieto. E genuinamente rivoluzionario: di chi è la colpa se il popolo ancora non capisce che si può stampare il sigillo dell'eternità sul volto delle rivoluzioni senza usare il sangue? E' la cecità dei popoli – paria inebetiti dalla miseria e dall'ignoranza, sofferenti, le cui passioni hanno sempre, in fondo, qualcosa di religioso – che reclama dalla fede rivoluzionaria sacrifici insanguinati e scapolari rossi.
Lo definiremmo uno spirito laico, se il termine, soprattutto da noi, non fosse una sorta di bestemmia che spesso esce da bocche improprie: uno spirito che aveva capito l'essenza non della disciplina militare (forse è in questo che si raccoglie il suggerimento dell'autore di non considerare il suo Biribi un romanzo in tal senso), ma delle dittature, che la disciplina militare utilizzano, e che dei 'sudditi' si servono: Lo scopo dei loro capi, i protettori dello stato, è di ottenere da loro, testualmente, "un'ubbidienza assoluta ed una sottomissione costante", essendo la disciplina la forza principale degli eserciti.
E degli Stati non liberi.
Lettura essenziale e consigliatissima.
di Alfredo Ronci
Ma lo è comunque: non voglio smentire l'autore, perché chi più di lui può confessare i propri convincimenti, ma la cronaca di questo inferno, di questo abisso di sofferenza e perfidia, non può non essere riconducibile all'idea della disciplina militare e dei suoi meccanismi rigidi.
Dice Darien: il giorno in cui ho abbandonato gli abiti da civile per indossare l'abito militare mi sono spogliato anche del mio status di cittadino, ed essendo un soldato sono poco più di un oggetto, poiché ho dei doveri,ma molto meno di un uomo, poiché non ho più diritti.
Assistiamo, nel corso della lettura, ad una serie di avvenimenti e situazioni agghiaccianti, dove la sopravvivenza, la possibilità di rimanere al mondo, può dipendere anche esclusivamente da uno sguardo, da una parola di troppo; e quando si tenta una sacrosanta autodifesa, allora, o è la fine o si ha la certezza di subire una violenza senza confini (Probabilmente non c'è una risposta, nella redazione dei regolamenti militari la stupidità si allea sempre, e in larga misura, alla cattiveria).
Leggendo Biribi si ha la netta sensazione di rivivere un'intera stagione del nostro sentire e ci si avvale di forme e di ricordi strappati al nostro immaginario letterario e soprattutto cinematografico. Vi sono innumerevoli agganci nell'opera di Darien: dalla rilettura della tragedia greca (quanta stupidità militare vi era nell'interdizione del re Creonte a seppellire il corpo di Polinice!) alla stagione del 'prison movie' (pensiamo a film come Papillon o Le ali della libertà). Anzi, in quest'ultimo caso direi che Darien offre davvero un assaggio (e che assaggio!) di tutto le avventure hollywoodiane e non che seguiranno.
Ma Biribi non è solo percezione di un'esistenza avventurosa : è innanzi tutto una denuncia dei mali del mondo. E non poteva venire che da uno spirito anarchico, da un bohèmine che ha tentato la fortuna in vari modi (ma forse la fortuna vera non l'ha mai cercata), da uno spirito dal temperamento ribelle ed inquieto. E genuinamente rivoluzionario: di chi è la colpa se il popolo ancora non capisce che si può stampare il sigillo dell'eternità sul volto delle rivoluzioni senza usare il sangue? E' la cecità dei popoli – paria inebetiti dalla miseria e dall'ignoranza, sofferenti, le cui passioni hanno sempre, in fondo, qualcosa di religioso – che reclama dalla fede rivoluzionaria sacrifici insanguinati e scapolari rossi.
Lo definiremmo uno spirito laico, se il termine, soprattutto da noi, non fosse una sorta di bestemmia che spesso esce da bocche improprie: uno spirito che aveva capito l'essenza non della disciplina militare (forse è in questo che si raccoglie il suggerimento dell'autore di non considerare il suo Biribi un romanzo in tal senso), ma delle dittature, che la disciplina militare utilizzano, e che dei 'sudditi' si servono: Lo scopo dei loro capi, i protettori dello stato, è di ottenere da loro, testualmente, "un'ubbidienza assoluta ed una sottomissione costante", essendo la disciplina la forza principale degli eserciti.
E degli Stati non liberi.
Lettura essenziale e consigliatissima.
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