RECENSIONI
Angelo Marenzana
Buchi neri nel cielo
Perdisapop, Pag. 120 Euro 9,00
Mi dicono che sto diventando cattivo.
Ma cosa c'è alla base della cattiveria?
Invidia (o 'nvidia come si dice dalle mie parti): onestamente non sono mai stato affascinato dai sette vizi capitali, tranne un po' di lussuria, tanto meno da questo.
Ripicca: macché, sono troppo onesto per frequentarla.
Snobismo: un po', ma è peccato venialissimo che assomiglia più alla puzzetta sotto il naso, ma non dispone certo alla bassezza.
Sport: preferirei fare altro, magare sgambare davvero.
Malanimo: idem come l'invidia, pur non essendo un vizio capitale.
Odio: sentimento troppo esacerbante, preferirei un risentimento, ma il risentimento offre la stura alla piccola vendetta non alla cattiveria.
Comunque sia: non solo mi dicono, ma onestamente mi par, negli ultimi tempi, di essere cattivo.
Ne ho ben donde.
E ce l'ho con la letteratura: ma di più con chi la edita e s'ostina a credere di poter costruir piramidi quando a mala pena riesce ad innalzar un nuraghe.
Metti questo: Buchi neri nel cielo di tal Angelo Marenzana, che scopriamo nella terza di copertina che non è nemmeno pischello, anzi nato ad Alessandria nel 1954.
Trama: un tizio, con un passato da terrorista (ancora!), e che vive da anni in Madagascar, rientra in Italia per rifarsi una vita (ancora!), ma ben presto viene coinvolto in una vicenda torbida da un poliziotto corrotto (ancora!) che lo costringere a non praticare la retta strada (ancora!).
Non c'è nulla in questo libro che mi scampani il cervello, nemmeno a tentar la carta della ridefinizione del genere (ancora??). Tanto qui ormai, pure se si va a cagare si rischia di fare noir. (Un mio amico che sa cucinare mi ha detto che la prossima volta che mi viene a trovare mi fa un bel piatto di spaghetti al noir di seppia).
Abbiate pietà di noi. E anche voi editori che v'ostinate ad editare: se vi è andata bene una volta non è detto che vi possa andar bene sempre. Un mio amico che anni fa faceva l'editor mi ha detto che le case editrici stampano mille con la speranza di fare il botto con uno. E mi sta pure bene.
Ma la piccola casa che mille pezzi non ci mette manco una vita a produrli, che fa per tentare la botta di culo? Ne stampa venti per finire poi sistematicamente nella merda?
Perché non me ne voglia nessuno, ma la sostanza pare proprio quella (l'espressione tipicamente toscana, anzi pisana: fa ca'a la merda, ha una musicalità che credevo mai s'abbinasse alla materia scatologica. Tant'è... anzi, mai dire mai).
Se mi posso permettere di dare un suggerimento direi di cambiar direzione. Ma l'editoria mi sembra come la politica: abbisogna di Manipulite e col rischio pure che una volta fatta piazza pulita il dopo possa essere ancora peggiore.
Avevano ragione come al solito i latini: ab assuetis non fit passio, le cose abituali non entusiasmano più. Anzi a lungo andare fanno venire l'antua (altro toscanismo).
di Alfredo Ronci
Ma cosa c'è alla base della cattiveria?
Invidia (o 'nvidia come si dice dalle mie parti): onestamente non sono mai stato affascinato dai sette vizi capitali, tranne un po' di lussuria, tanto meno da questo.
Ripicca: macché, sono troppo onesto per frequentarla.
Snobismo: un po', ma è peccato venialissimo che assomiglia più alla puzzetta sotto il naso, ma non dispone certo alla bassezza.
Sport: preferirei fare altro, magare sgambare davvero.
Malanimo: idem come l'invidia, pur non essendo un vizio capitale.
Odio: sentimento troppo esacerbante, preferirei un risentimento, ma il risentimento offre la stura alla piccola vendetta non alla cattiveria.
Comunque sia: non solo mi dicono, ma onestamente mi par, negli ultimi tempi, di essere cattivo.
Ne ho ben donde.
E ce l'ho con la letteratura: ma di più con chi la edita e s'ostina a credere di poter costruir piramidi quando a mala pena riesce ad innalzar un nuraghe.
Metti questo: Buchi neri nel cielo di tal Angelo Marenzana, che scopriamo nella terza di copertina che non è nemmeno pischello, anzi nato ad Alessandria nel 1954.
Trama: un tizio, con un passato da terrorista (ancora!), e che vive da anni in Madagascar, rientra in Italia per rifarsi una vita (ancora!), ma ben presto viene coinvolto in una vicenda torbida da un poliziotto corrotto (ancora!) che lo costringere a non praticare la retta strada (ancora!).
Non c'è nulla in questo libro che mi scampani il cervello, nemmeno a tentar la carta della ridefinizione del genere (ancora??). Tanto qui ormai, pure se si va a cagare si rischia di fare noir. (Un mio amico che sa cucinare mi ha detto che la prossima volta che mi viene a trovare mi fa un bel piatto di spaghetti al noir di seppia).
Abbiate pietà di noi. E anche voi editori che v'ostinate ad editare: se vi è andata bene una volta non è detto che vi possa andar bene sempre. Un mio amico che anni fa faceva l'editor mi ha detto che le case editrici stampano mille con la speranza di fare il botto con uno. E mi sta pure bene.
Ma la piccola casa che mille pezzi non ci mette manco una vita a produrli, che fa per tentare la botta di culo? Ne stampa venti per finire poi sistematicamente nella merda?
Perché non me ne voglia nessuno, ma la sostanza pare proprio quella (l'espressione tipicamente toscana, anzi pisana: fa ca'a la merda, ha una musicalità che credevo mai s'abbinasse alla materia scatologica. Tant'è... anzi, mai dire mai).
Se mi posso permettere di dare un suggerimento direi di cambiar direzione. Ma l'editoria mi sembra come la politica: abbisogna di Manipulite e col rischio pure che una volta fatta piazza pulita il dopo possa essere ancora peggiore.
Avevano ragione come al solito i latini: ab assuetis non fit passio, le cose abituali non entusiasmano più. Anzi a lungo andare fanno venire l'antua (altro toscanismo).
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