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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Paolo Mauri

Buio

Einaudi, Pag. 118 Euro 10,00
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Lungo, difficile, è il rapporto fra gli uomini e il buio. E però non immediato, non semplice, posto che ci si voglia riflettere con necessaria calma e perspicuità. Come avviene all'Autore del libretto che esponiamo al Lettore. E che esamina, tra l'altro, il buio creatore - quello c'era in antico, e venne squarciato dalla decisione d'una divinità di dar luogo alla luce; il buio artificiale, combattuto dall'uomo mediante "un trucco di radianza" (Sylvia Plath); il buio della memoria, laddove la falsificazione del regime che la storia deforma, trasformandola in canone di stato, s'accompagna alla distorsione che i totalitarismi effettuano degli eventi; la terribile collaborazione dell'umanità sottoposta alla dittatura, che s'impegna a far vero il motto biblico "gli uomini hanno preferenza per il buio, piuttosto che per la luce" (cfr. p. 25); il buio del paese dei ciechi, in cui non solo l'orbo, ma il chiarovedente non è re (e al testo manca un'esplicita analisi, in funzione del buio, della chiaroveggenza); il buio al quale non siamo più usi, ma possiamo riabituarci: quello del black-out nelle città, che peraltro va a smentire l'idea che "l'occasione fa il ladro" (il teorema-Giuliani della "zero-tolerance"), datosiaché "il black-out ultimo (2003) si era trasformato in un happening, con i commercianti che regalavano gelati ai bambini (tanto si sarebbero sciolti) e mille episodi di solidarietà piuttosto che di sciacallaggio"; (p. 65) il buio siderale, che propaga e annulla, previa metamorfosi in sé, la radiazione stellare; e ancora il buio-caos, il buio-poesia, il buio-spazzatura e dunque il buio-comico, il buio-galera (e noterei che il secchio dove il coatto si sbudella è detto "bujolo", fraintendendo foneticamente il termine "bugliolo" che lo indica); e molte conseguenti e successive fattispecie di buio, tra le quali il buio-freud - quello in interiore homine, che configura la depressione, e popola il buio esterno di fantasmi, creature della notte e del terrore, visioni, e che rende possibili le favole.

Mi soffermerei su quest'ultima evenienza, siccome credo sia il limite a cui tende la rubrica del Nostro - mostrare come ogni sfaccettatura del buio conduca all'umano. E, anche, perché è qui che il trattatello m'ha suscitato una riflessione che spero nonn morrà.

Cominciamo da un esposto di Mauri: "La macchina umana poggia su un equilibrio fragile e portentoso al tempo stesso: il disvelamento, o l'illuminazione integrale, non vuol dire il raggiungimento di un maggiore benessere o di una maggior consapevolezza". (p. 69) Anche Fellini credeva così - mi pare dicendo del clown come dell'ombra dell'uomo: l'uomo che rinuncia al claunesco, l'uomo completamente illuminato, senza più ombra, l'uomo a mezzogiorno, perde una possibilità di essere. (*) E, peraltro, nelle arti figurative è proprio l'ombreggiatura che suggerisce la terza dimensione, la profondità - che dà il senso della forma e dà senso alla forma.

Ciò mi sembra cruciale nel bambino, ancora incerto nel manipolare e racchiudere in schemi e involucri accettabili le proprie distruttività, e nel disambiguare l'altrui. Per questo esistono le fiabe: ci dice l'Autore che "la favola classica usa buio e luce in modo naturale", (p. 79) e io l'interpreto per dare forma, cioè limiti, all'aggressività puerile e rivolta al bambino. Il che ha, pure, funzione tranquillizzante: il bambino apprende che la propria e l'altrui "destrudo" può venir compresa, cioè ingabbiata, in una rete significante. Quindi gli orchi, i mostri, stanno dentro la fiaba, ed essa con la sua struttura fornisce al bambino un sistema per renderli comunicabili e dunque condivisibili, e - con la loro sconfitta - per depotenziarli. Finché sono nella favola, i cattivi sono contenuti dal bambino - cioè: le zone oscure sue e del mondo si possono ammettere e affrontare.

Di recente, invece, profittando del gran clamore suscitato dalla cronaca, taluni hanno sostenuto che fosse doveroso "dire ai bambini che i mostri (gli orchi) esistono". Così, ciò che prima il bambino apprendeva a tenere confinato e a controllare (le proprie angosce, ad esempio), ora viene a sapere che potrebbe materializzarglisi davanti: ma l'ansia che assume valore di realtà è il principio di ogni psicosi - e di centinaia di film e romanzi in genere nordamericani, tanto che non si capisce se siano documento di, o rimedio a, una società che si intuisce folle. Quell'equilibrio da cui siamo partiti, perciò, si rivela in pericolo: e il buio non è più co-occorrenza della forma, ma entità fuori controllo, che tende a fagocitarla.

C'è, in coda, un aspetto del lavoro di Mauri che vorrei mettere in luce, siccome lo trovo prezioso per il ritaglio di spazio che il Paradiso occupa: libri come questo breve son suggestivi a scriventi e scrittori, poiché l'indagine sul buio fa gran parte del lavoro culturale - noi poveri difatti investighiamo come si può il muro d'ombra, nella speranza che pure i meno ricettivi comprendano che senza contrasti non si dà figura.

E dunque: cos'è infine il bianco, se non ciò che spicca sul nero?



*) in Aldo Grasso, Storia della televisione italiana, Garzanti, Milano 1992, p. 257.



di Vera Barilla


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