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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Harry Grey

C'era una volta in America

Mattioli 1885, Pag. 427 Euro 20, 00
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Noodles, Maxie, Patsy, Cockeye. Il quartetto di giovani dell'Est Side newyorkese. Poveri, sottoproletari. Ebrei e italiani. Anni'30, tempo di proibizionismo e gangster. Di smaccata corruzione e malaffare imperante. L'America degli immigrati. L'America che guarda al sogno yankee con l'occhio malandrino della strada. Dei grossi skyline che segnano il profilo della Grande Mela e delle banche come mastodontici forzieri dentro cui un giorno bisognerà entrare. In ogni modo. Nel 1966 Longanesi presentò al pubblico italiano questo folgorante romanzo sulla mala dal titolo The hoods.

L'autore era un certo Harry Grey, pseudonimo di David Aaronson. Di lui poco o nulla si sa, pare fosse un vero gangster che ha raccontato la sua vera storia. Nel 1984 Sergio Leone trasformò il libro in un film, C'era una volta in America, un capolavoro del cinema con un cast di tutto rispetto. Robert De Niro era Noodles, James Woods Maxie. Le vicende si svolgono in un arco temporale crescente. I quattro sono bambini e imparano che per loro la vita sarà dura. Dai piccoli furti alle commissioni per il professore (in genere roba di droga). Le case in cui vivono sono fredde, i palazzi fatiscenti. Qualche puttana allieta le giornate in un sottoscala. Ma i quattro hanno la stoffa giusta, sono dei duri e arriverà anche per loro il momento non solo della crescita ma della consacrazione sul campo. La Combination, ovvero gli Stati Generali di tutta la mala newyorkese, li ingloba, affida loro l'Est Side e comincia a utilizzarli per le missioni più delicate. Il salto di qualità avviene, dalla gestione degli speakeasy alle sale giochi, ai bar, ai teatri. Il romanzo di Grey è uno spaccato straordinario di vite ed emozioni. È un quadretto poetico di una nazione fatta di e dai cattivi. Belli e dannati. Spietati e affascinanti. Il malaffare come via di riscatto da un destino di stenti. Il colore che predomina su queste pagine è il marrone. Della terra, del fango e dei completi kitsch da bullo. Poi il grigio dell'asfalto. Del fumo dei locali. Odori di fritto, olezzi di whisky, scarpe appena lucidate sui tavoli. Sesso e sudore nei bordelli o nei migliori alberghi pagati coi soldi sporchi. Donne che, come Dolores, cercano di fare quello che ogni donna vorrebbe provare a fare nella sempiterna società dello spettacolo che è nata molto prima di Guy Debord: la ballerina e poi l'attrice di Hollywood e che per questo pianta in asso Noodles che per tutta risposta la violenterà in macchina sotto lo sguardo incredulo del tassista (una delle scene più potenti del libro).

La scrittura di Grey è forte e virile. Ma nello stesso tempo straziante. A tratti esilarante. Questi sì che sono simpatiche canaglie, non quei criminali orrendi di Romanzo Criminale. Di questi non si fanno, né si sono fatte T-Shirt, né serie Tv né giochini o accendini da bar. Perché sono uomini veri. Con tanto d fegato e un cuore. Grey, ex gangster newyorkese, racconta uno spaccato reale di gente umana, che prima di ammazzare qualcuno ci pensava dieci volte, che se poteva aiutare un miserabile (come il vecchio scrivano del Casinò del New Jersey che vengono chiamati a liberare da un politico locale truffaldino e razzista) lo faceva. C'era una volta in America è una pietra miliare della letteratura di genere e ringraziamo la casa editrice Mattioli 1885 per averlo ritirato fuori. Perché ci ricorda che è esistita un'America che non era Wasp e che per affermarsi ha dovuto tirare fuori i denti e le unghie. Non è nemmeno l'America di Al Capone e dei tanti malavitosi siciliani o calabresi tanto cari agli Scorsese chic. È un'America in cui la mala si schiera coi sindacati contro i padroni (avete capito bene!) e assolda un esercito di buzzurri per spaccare teste a crumiri e sobillatori vari pagati dai padroni per far fallire gli scioperi (a Bersani e alla Finocchiaro farebbe bene leggerlo!). Da quel che vediamo oggi è un'America che non esiste più. Nemmeno sulle maniche di camicia arrotolate di un Obama in formato Goldman Sachs. O forse esiste ancora, ma solo nei sogni di chi, come il quartetto, un giorno pensò bene di provare a forzare la cittadella del potere di carta moneta, la Federal Reserve. Con risultati che ovviamente non vi diremo.



di Adriano Angelini


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