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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Pablo Echaurren

Caffeina d'Europa, vita di Marinetti

Gallucci, Pag. 59 Euro 13,00
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Lo so che in questi anni di miseria e recessione che non ti dico, e questa politica che a forza di farci ridere ci sommergerà; lo so che, con tutta questa voglia di cacciarsi le unghie nella pelle per la noia che abbiamo oggi, ci potrà sembrare non credibile che non tutto è un lavoro da bestie, una professione, ma che anzi tutto, perfino il lavoro delle bestie, potrebbe essere preso a motivo per farne un qualcosa, tipo dell'arte, meglio: vivere.

Il discorso potrebbe essere lungo, ma già dice bene Echaurren, con certe parole sottili (infrasottili, direbbe Duchamp) che tutto è buono, proprio qualsiasi mezzo, per mettere a punto e verificare (in maniera incerta, ovvia) ed esprimere una sensibilità.

Ed è quanto è capitato proprio all'artista romano che, con la sua sensibilità da pittore (giovanissimo discepolo di Baruchello), ha incontrato nei suoi vari percorsi il fumetto e, in particolare, quella grande e misconosciuta avanguardia che si è riunita attorno alla rivista Il Male e, soprattutto, in seguito, grazie alla figura elaboratamene geniale di Vincenzo Sparagna, di Frigidaire.

Così Echaurren, che già padroneggiava un mezzo, quello pittorico, che gli permetteva di condensare in una sola figura, in quei suoi minuscoli francobolli (o in sequenze di essi) un'immagine solida del mondo, un racconto interinale magari, ma non per questo meno essenziale di esso, preso fra il simbolico, l'iconografico e il viscerale; così Echaurren entra in contatto con questo breve e burrascoso, minimo rinascimento: perché insomma Pazienza ha molto lavorato, e molto è riuscito, a realizzare il sogno di unire Leonardo e Michelangelo; e Scozzari e Liberatore sono stati due satanici manieristi alla Pontormo; Tamburini un Botticelli, sempre a remare contro, mistico per partito preso: e poi il sogno, l'utopia rinascimentale di unire parola e immagine, di quantificare certo visibile parlare, e giù coi vari libri muti dal tardo medioevo fino ai tanti poliphili: e qui entra Echaurren, che sarà innocente da qualsiasi tentazione cabalistica o da "Poesia concreta" ma, nel più concreto ancora, ha sempre fatto corrispondere, giocare, rimare parola, concetto e immagine.

Un passaggio al fumetto, quindi, per Echaurren che deve essere stato facile. Facile e sentito, vivo nella speranza di liberare nel pubblico una facoltà di godimento alta e partecipe.

Oltre a varie collaborazioni, nascono così nel tempo, diversi libri.

Libri dedicati a personaggi, poeti come Pound, Marinetti, Campana, l'Evola dadaista, e via dicendo, che con il loro lavoro hanno cercato di valicare i limiti del linguaggio, o, meglio ancora, dell'esistenza.

Fra le più pregevoli (un bombardamento di immagini, uno stordimento di parole e pensieri: l'eccitazione della ragione produce sogni); fra le più miracolose di queste biografie-saggi-fumetti c'è quella dedicata, appunto, a Marinetti.

Certamente, inoltre, la più attuale in celebrazione di centenario, ma anche quella che, contro la volontà dell'autore, rischia di essere la più programmaticamente centrale al suo lavoro: voglio dire che più avanguardia del futurismo (e quindi più travalica mento dei limiti) si hanno poche cose in giro; maggiore somiglianze e assonanze grafiche e pittoriche fra il lavoro di Echaurren e molti prodotti del movimento inizio secolo non si potevano dare; pochi intellettuali come l'egiziano si sono ritrovati a combattere con minuta tenacia a combattere tutti gli sclerotismi, i tabù, i vizi e le deformazioni di quella pace dei sensi che è l'assopimento nei recinti del quotidiano.

Questo libro viene ristampato oggi, dopo circa venti anni.

Da quindici anni Echaurren non disegna più fumetti, cosciente che portare la pittura nel fumetto, o scuotere la pittura dal suo piedistallo, è una battaglia persa.

Oggi i recinti sono più cari che mai a tutti, puliti e confortevoli e efficienti come li fanno oggi poi, e con noi dentro, così educati a voltarci quando il tuo vicino si caccia le unghie nella pelle per la noia.



di Pier Paolo Di Mino


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