RECENSIONI
Gordon Lish
Caro Signor Capote
Nutrimenti, Pag. 191 Euro 16,00
Se devo essere sincero, nella diatriba scoppiata agli inizi degli anni sessanta (c'ero ma ero davvero piccolino) tra il Gruppo '63 e alcune colonne portanti della cultura e narrativa italiana di allora, non sono mai riuscito a schierarmi (nelle valutazioni successive, ovvio!). Anche se l'adesione, a volte, è un segno di una certa passione come corollario di altri stimoli.
E i motivi sono essenzialmente quelli per cui ho sempre visto da parte del movimento un effettivo desiderio di cambiamento, della genuina ricerca di un nuovo stile di vita e di pensiero e quindi, di conseguenza, di una nuova esplorazione del linguaggio. Ma non mi hanno mai convinto che le 'resistenze' che si diceva fossero elemento imprescindibile di coloro che appartenevano all'elite culturale, soprattutto nella conservazione di valori e abitudini sociali, fossero talmente evidenti da richiederne una censura. Vecchia polemica, mi pare evidente, ma io avrei preferito leggere nello stesso tempo l'Arbasino giovane e il Bassani più maturo.
Curiosamente in questi anni di imperi editoriali, sono proprio quelli che detengono il potere a promuovere una ricerca di stile e percorsi diversi: ma lo si fa per spirito mercantile, perché poi i risultati ottenuti (ricordo i peana celebrativi per gente come Nove e Scarpa, ridotti ormai l'uno a scrivere preghiere a Maria e l'altro a informarci sulle sue personali prestazioni sessuali) fanno storcere la bocca, se non addirittura accapponare la pelle quando sono certi nomi (non li faccio, perché ho già troppi nemici) a fare cassetta.
Ma non mi capacito però della linea editoriale di Nutrimenti. O meglio, di una delle sue collane, questa nuova creatura, chiamata Gog, e diretta da Leonardo Luccone. Quest'ultimo aveva già messo mano nel 'torbido' presentando al pubblico italiano Percival Everett, che personalmente, ma è solo una mia idiosincrasia, non riesco proprio a digerire. Ora ci regala Gordon Lish. Personaggio davvero importante nel panorama letterario statunitense, addirittura indicato da De Lillo come fonte d'ispirazione. Dopo aver fatto per molti anni l'insegnante di scrittura, ad un certo punto ha deciso di scendere in campo direttamente.
Bene: non lo capisco. Mi pare che sia sulla stessa linea di Everett e che 'parli' un linguaggio desueto e distanziatore: nel senso che crea una distanza tra lui e il lettore dal momento che la trama (quando c'è) sfugge alla catalogazione. Per tornare al discorso iniziale: quando uscì Fratelli d'Italia di Arbasino, la seduzione del testo avveniva tramite un capovolgimento della forma e dell'idea della trama: che non c'era se la si vedeva da una prospettiva classica (ma se Arbasino ora si limita a giocare con la sociologia, chi è recidivo è un altro sessantatreino, Balestrini, che si 'diverte' a scompaginare non solo l'intreccio, ma la stessa costruzione sintattica... sai che palle!).
Qui, nel libro di Lish intendo, ormai edotti da anni di esperienze e di letture, lo stravolgimento dell'impalcatura (perché c'è anche se si vuole suggerire il contrario) è gioco fine a sé stesso e noioso risultato. Andrebbe bene nei salotti letterari o nei convegni dove fà fico suggerire stimoli ed alternative allo status quo contemporaneo. Ma se il nuovo è questo (ma cosa mai andiamo a blaterare sul nuovo! Ma su, un po' di serietà) allora mi ributto di nuovo su Bassani e Cassola (e sono sicuro che i 'vecchi' sessantatreini avranno tutti i loro libri).
di Alfredo Ronci
E i motivi sono essenzialmente quelli per cui ho sempre visto da parte del movimento un effettivo desiderio di cambiamento, della genuina ricerca di un nuovo stile di vita e di pensiero e quindi, di conseguenza, di una nuova esplorazione del linguaggio. Ma non mi hanno mai convinto che le 'resistenze' che si diceva fossero elemento imprescindibile di coloro che appartenevano all'elite culturale, soprattutto nella conservazione di valori e abitudini sociali, fossero talmente evidenti da richiederne una censura. Vecchia polemica, mi pare evidente, ma io avrei preferito leggere nello stesso tempo l'Arbasino giovane e il Bassani più maturo.
Curiosamente in questi anni di imperi editoriali, sono proprio quelli che detengono il potere a promuovere una ricerca di stile e percorsi diversi: ma lo si fa per spirito mercantile, perché poi i risultati ottenuti (ricordo i peana celebrativi per gente come Nove e Scarpa, ridotti ormai l'uno a scrivere preghiere a Maria e l'altro a informarci sulle sue personali prestazioni sessuali) fanno storcere la bocca, se non addirittura accapponare la pelle quando sono certi nomi (non li faccio, perché ho già troppi nemici) a fare cassetta.
Ma non mi capacito però della linea editoriale di Nutrimenti. O meglio, di una delle sue collane, questa nuova creatura, chiamata Gog, e diretta da Leonardo Luccone. Quest'ultimo aveva già messo mano nel 'torbido' presentando al pubblico italiano Percival Everett, che personalmente, ma è solo una mia idiosincrasia, non riesco proprio a digerire. Ora ci regala Gordon Lish. Personaggio davvero importante nel panorama letterario statunitense, addirittura indicato da De Lillo come fonte d'ispirazione. Dopo aver fatto per molti anni l'insegnante di scrittura, ad un certo punto ha deciso di scendere in campo direttamente.
Bene: non lo capisco. Mi pare che sia sulla stessa linea di Everett e che 'parli' un linguaggio desueto e distanziatore: nel senso che crea una distanza tra lui e il lettore dal momento che la trama (quando c'è) sfugge alla catalogazione. Per tornare al discorso iniziale: quando uscì Fratelli d'Italia di Arbasino, la seduzione del testo avveniva tramite un capovolgimento della forma e dell'idea della trama: che non c'era se la si vedeva da una prospettiva classica (ma se Arbasino ora si limita a giocare con la sociologia, chi è recidivo è un altro sessantatreino, Balestrini, che si 'diverte' a scompaginare non solo l'intreccio, ma la stessa costruzione sintattica... sai che palle!).
Qui, nel libro di Lish intendo, ormai edotti da anni di esperienze e di letture, lo stravolgimento dell'impalcatura (perché c'è anche se si vuole suggerire il contrario) è gioco fine a sé stesso e noioso risultato. Andrebbe bene nei salotti letterari o nei convegni dove fà fico suggerire stimoli ed alternative allo status quo contemporaneo. Ma se il nuovo è questo (ma cosa mai andiamo a blaterare sul nuovo! Ma su, un po' di serietà) allora mi ributto di nuovo su Bassani e Cassola (e sono sicuro che i 'vecchi' sessantatreini avranno tutti i loro libri).
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